Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11940 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11940 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il 22/12/1989
avverso l’ordinanza del 04/11/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bari ha rigettato la domand riparazione per ingiusta detenzione formulata da COGNOME NOME in relazione alla sottoposizione della medesima alla misura cautelare degli arresti domiciliari dal 5.6.2019 al 27.6.2019 esecuzione dell’ordinanza emessa dal GIP del il Tribunale di Foggia in quanto gravemente indiziata del reato di cui agli artt. 110 e 628, comma 3, cod.pen. in concorso con COGNOME NOME in danno della gioielleria COGNOME di Cerignola.
A seguito di una perizia antropometrica che evidenziava la incompatibilità della COGNOME con soggetti effettivamente responsabili della rapina, detta ordinanza veniva revocata c successiva emissione di decreto di archiviazione.
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi dell’art.315 cod.proc.pen., ha motivat diniego dell’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. sul rilievo che, effettuata la ricostruzion vicenda processuale, l’atteggiamento dell’istante, consistito nell’aver colposamente omesso d rappresentare elementi a sostegno della sua estraneità ai fatti di qualunque natura, si po come concausa dell’avvenuta ritardata scarcerazione aggiungendo che tale atteggiamento gravemente colposo ha di fatto fuorviato gli inquirenti rafforzando il convincimento de ragionevole colpevolezza dell’istante nell’attività criminosa contestata.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi di ricorso.
Con il primo deduce l’errata applicazione ed interpretazione della legge penale in riferimen all’art. 314, commi 1 e 2, cod.pro.pen. nonché l’omessa ed illogica motivazione in ordine a artt. 274 e 280 cod.proc.pen.
Dopo aver ricostruito la vicenda che ha condotto all’applicazione della misura cautelare, assume che non é ravvisabile alcun comportamento colposo della ricorrente la quale ha dovuto ricostruire i propri spostamenti per dimostrare la sua completa estraneità ai fatti.
Inoltre nell’ordinanza gravata non viene effettuata alcuna analisi delle condotte dell’is poste a fondamento della misura cautelare ed in ordine all’effetto causale delle stes sull’applicazione della misura.
Con il secondo motivo si deduce la contraddittoria motivazione in ordine all’art. cod.proc.pen.
Si censura in particolare l’ordinanza impugnata laddove non chiarisce a quale dei due indagat si riferisca ed inoltre non é specificata quale sia la diretta conseguenza delle cond contestate alla ricorrente.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso pe rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria con cui ha chiesto il riget del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi vanno valutati congiuntamente in quanto afferenti alla medes questione, é fondato.
Si deve premettere che, per giurisprudenza consolidata, il giudizio per la riparazi dell’ingiusta detenzione è connotato da totale autonomia rispetto al giudizio penale, perché lo scopo di valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presuppos per l’adozione di una misura cautelare. Ai fini della sussistenza del diritto all’indenniz anche prescindersi dalla sussistenza di un “errore giudiziario”, venendo in considerazio soltanto l’antinomia strutturale tra custodia e assoluzione, o quella funzionale tra durata custodia ed eventuale misura della pena; con la conseguenza che, in tanto la privazione dell libertà personale potrà considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia d concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria l’unzione ripara dissolvendo la ratio solidaristica che è alla base dell’istituto. (così Sez. U., n. 51 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606)
La sentenza delle Sezioni unite n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663 ha precisato che la valutazione in parola deve essere effettuata ex ante, quindi deve ricalcare que eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare da lato, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desume l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizi dall’altro, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente. Muovendo da queste premesse, la sentenza in parola ha chiarito che una condotta, già ritenuta idonea a integrare il grave quadro indiziario, può es considerata gravemente colposa ai fini del diniego del diritto alla riparazione, quando l’asse delle condizioni di applicabilità della misura venga accertata sulla base di elementi emersi in momento successivo a quello della sua adozione; ma quella stessa condotta non può essere considerata gravemente colposa ai fini del diniego del diritto alla riparazione ove si accert tali condizioni difettavano ab origine e a tale accertamento il giudice della cognizione perve «sulla base degli stessi precisi elementi» che erano a disposizione del giudice della cautela in ragione esclusivamente di una loro diversa valutazione». In questi casi – sottoline sentenza – «la possibilità del diniego del diritto alla riparazione per effetto della con ostativa della condotta sinergica del soggetto rimane effettivamente preclusa in forza stesso meccanismo “causale” che governa l’operatività della condizione in parola». La rilevanza della condotta ostativa «si misura, infatti, non sulla influenzabilità della persona del s giudice, bensì sulla idoneità a indurre in errore la struttura giudiziaria preposta alla trat del caso, complessivamente e oggettivamente intesa».
3 GLYPH
sb
L’autonomia tra il giudizio penale e il successivo giudizio per la riparazione dell’in detenzione è stata più volte sottolineata dalla giurisprudenza di legittimità e non solo sentenze delle Sezioni Unite sopra richiamate. Si è affermato in proposito che «il giudizio pe riparazione dell’ingiusta detenzione è del tutto autonomo rispetto al giudizio penal cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutt differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti» (Sez. 4, n. 39 18/06/2013, COGNOME, Rv. 256764); che «in tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di s con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispet a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato, ma se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autor procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale» (Sez. 4, Senten n. 3359 del 22/09/2016, dep.2017, La COGNOME‘ Rv. 268952); che «nel giudizio avente ad oggetto la riparazione per ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento della condizi ostativa del dolo o della colpa grave, può darsi rilievo agli stessi fatti accertati nel penale di cognizione, e non rileva che quest’ultimo si sia definito con l’assoluzione dell’imp sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo della misura cautelare, trattandosi di un’evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giu applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo soltanto in quest’ultima il dell’aldilà di ogni ragionevole dubbio» (Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021, COGNOME, 280246; nello stesso senso, Sez. 4, n. 34438 del 02/07/2019, Messina, Rv. 276859). Si è tuttavia ribadito anche – e l’affermazione è coerente con i principi sopra enunciati nell’escludere il diritto alla riparazione per la ritenuta sussistenza di un comportamento do o gravemente colposo che abbia “dato causa” (o concorso a dar causa) alla privazione della libertà personale, il giudice della riparazione deve attenersi a dati di fatto «accertati negati» nel giudizio di merito (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, Sarnataro, R 203636). Si è sottolineato in proposito che l’autonomia tra i due giudizi non implica che il o la colpa grave possano essere desunti da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate (Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018 COGNOME, Rv. 274350; Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014, Teschio, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 198491). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Fatte queste premesse, l’ordinanza impugnata non fa buon governo dei principi di diritto sopra enunciati.
Ed invero la Corte territoriale nel rigettare l’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. sull’assunt sussistenza di una condotta ostativa dell’istante, asseritamente consistita nell’ colposamente omesso di rappresentare elementi a sostegno della sua estraneità ai fatti di qualunque natura e tale da porsi come concausa dell’avvenuta ritardata scarcerazione, non ha
in realtà in alcun modo individuato in cosa fosse consistita detta condotta e se ed in che mo la stessa possa aver inciso sull’adozione ed il mantenimento della misura cautelare, limitando ad affermare che “tale atteggiamento gravemente colposo ha di fatto fuorviato gli inquiren rafforzando il convincimento della ragionevole colpevolezza dell’istante nell’attività crim contestata”.
In conclusione l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese d questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari demanda anche la regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità. Così deciso il 21 gennaio 2025.