Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15133 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15133 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
per cassazione, sollevando due doglianze.
3.1 Con il primo motivo, il ricorrente deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 314, comma 1, cod. proc. pen.
Lamenta, innanzitutto, la difesa che la Corte di appello, nell’ordinanza impugnata, non si Ł adeguatamente confrontata con le sentenze rese nel giudizio di merito, laddove si era affermato che gli elementi indiziari indicati nell’ordinanza cautelare erano interpretabili in maniera plurima e non consentivano di ricollegare il ricorrente al trasporto dello stupefacente, posto che la circostanza che quest’ultimo sollecitasse telefonicamente denaro e ne parlasse con soggetto estraneo alla vicenda che gli era stata contestata non provava che stesse facendo riferimento ad un pregresso traffico illecito di stupefacenti e, in ogni caso, proprio a quello relativo allo stupefacente trasportato da COGNOME, mentre dai tabulati emergeva che il ricorrente non aveva ricevuto alcuna telefonata dagli asseriti complici a far data dal dicembre 2008, circostanza non verosimile. Sosteneva, pertanto, la difesa che, in ragione delle valutazioni dei giudici di merito, gli elementi ritenuti indiziari nella fase cautelare non erano idonei a creare l’apparenza del coinvolgimento del ricorrente nel traffico di stupefacenti.
Deduce, inoltre, la difesa che, sebbene il ricorrente si fosse avvalso della facoltà di non
rispondere in sede di interrogatorio di garanzia, aveva poi, nella istanza di riesame, chiarito i rapporti tra la propria famiglia e quella del COGNOME, nonchØ i rapporti con NOME COGNOME, basati entrambi su rapporto di comparatico, documentato con le relative certificazioni, sicchŁ il provvedimento restrittivo andava ritenuto privo di fondamento quanto meno a far data dal momento del deposito dell’istanza di riesame.
Deduce ancora la difesa che, anche a voler affermare che le telefonate intercorse tra il ricorrente e COGNOME, NOME e NOME facessero riferimento a condotte illecite, trattavasi di condotte future e diverse da quelle poste a fondamento della misura custodiale.
3.2 Con il secondo motivo, il ricorrente deduce motivazione omessa, contraddittoria ed illogica ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) ed ulteriore inosservanza ed erronea interpretazione dell’art. 314 cod. proc. pen.
Deduce la difesa che l’ordinanza impugnata non si confrontava con i comprovati rapporti di amicizia e comparatico tra la famiglia del COGNOME e quella del COGNOME, nØ con il rapporto di comparatico esistente con l’Ena, nØ ancora con la circostanza che, al momento della presentazione della istanza di riesame, il ricorrente aveva chiarito la portata dei fatti, nØ, infine, quanto alla telefonata intercorsa con COGNOME, alla circostanza che la stessa faceva riferimento a future condotte, quanto alla telefonata con NOME, alla circostanza che trattavasi del sollecito al pagamento di un debito per poter aiutare la moglie del COGNOME; non erano riportate le telefonate intercorse con tale COGNOME ed era stato affermato che COGNOME, COGNOME ed NOME erano pregiudicati senza evenienze probatorie a supporto.
Deduce, infine, la difesa che il provvedimento impugnato non dava contezza delle ragioni per le quali si era in presenza di una condotta connotata da colpa grave ed era parimenti omessa la motivazione del nesso eziologico tra le condotte asseritamente ritenute ostative e l’adozione ed il mantenimento della misura cautelare.
E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME con la quale si ribadisce che nel giudizio di riparazione deve tenersi conto di quanto emerso nel giudizio di cognizione, avendo i giudici di merito totalmente escluso il valore indiziario delle circostanze poste a fondamento della misura custodiale, tanto da affermare che non consentono di ricollegare il ricorrente al trasporto dello stupefacente. Si ribadisce, inoltre, che, con l’istanza di riesame della misura cautelare, il ricorrente aveva immediatamente chiarito quali fossero i rapporti con COGNOME e con l’Ena, con la conseguenza che il provvedimento restrittivo andava ritenuto privo di fondamento quanto meno a far data dal deposito dell’istanza di riesame. Si ribadisce, ancora, che non può ritenersi che una condotta sospetta, desumibile dalle conversazioni telefoniche con COGNOME, Ena e COGNOME, costituisca di per sØ colpa grave ostativa alla riparazione, posto che i sospetti non autorizzavano e non autorizzano la misura cautelare, nØ il provvedimento dava contezza delle ragioni per le quali si era in presenza di una condotta connotata da colpa grave.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Occorre premettere che la Corte di appello, nella pronuncia impugnata, dopo aver esposto gli elementi sulla base dei quali era stata ritenuta, dal giudice della cautela, la sussistenza della gravità indiziaria posta a fondamento della misura cautelare custodiale, ha poi preso in esame gli argomenti in base ai quali i giudici di merito avevano pronunciato sentenze di proscioglimento nei confronti del ricorrente per non aver commesso il fatto, infine ritenendo che il ricorrente, con la
condotta serbata nel corso delle indagini, nei giorni immediatamente successivi all’arresto di NOME COGNOME avesse concorso a dare causa allo stato privativo della libertà personale e al suo successivo mantenimento, trattandosi di ripetute condotte che avevano costituito l’indefettibile presupposto che aveva ingenerato la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale.
In particolare, la Corte territoriale si sofferma sulla circostanza che il ricorrente si fosse interessato alla vicenda del COGNOME, cerando di reperire il denaro necessario alla moglie del predetto per far fronte alle spese conseguenti al suo arresto, considerando tale atteggiamento solidaristico suscettibile di essere apprezzato quale ragione di sospetto sull’esistenza di una cointeressenza compatibile con un possibile contributo al trasporto illecito operato dal COGNOME, nonchØ sui rapporti di frequentazione e sui reiterati contatti telefonici con soggetti pregiudicati per reati in materia di stupefacenti, ritenendoli comportamenti extraprocessuali gravemente colposi, poichØ tali da ingenerare negli inquirenti la convinzione del coinvolgimento del ricorrente in traffici illeciti.
Tanto premesso, i motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente in considerazione della sovrapponibilità delle censure con essi formulate, incentrati sulla assenza di concorso nella condotta del ricorrente ai fini dell’applicazione e del mantenimento della custodia cautelare subita, sono fondati.
Invero, per giurisprudenza consolidata, il giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione Ł connotato da totale autonomia rispetto al giudizio penale, perchØ ha lo scopo di valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare, sulla scorta dei comportamenti processuali ed extraprocessuali da costui tenuti e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo da quello del processo di merito.
Ed affinchØ la condotta dolosa o colposa del richiedente (sia essa extraprocessuale, perchØ dipendente da comportamenti posti in essere al di fuori del processo, sia essa endoprocessuale, perchØ dipendente da comportamenti tenuti all’interno del processo) possa determinare il rigetto della domanda, si richiede che essa abbia contribuito a creare un’apparenza di reato e abbia in tal modo indotto in errore il giudice nella adozione, ovvero nel mantenimento del provvedimento restrittivo (Sez. 4, n. 46582 del 12/11/2024, A., non mass.). In altri termini non ogni condotta dolosa o colposa può assumere rilievo, ma solo quelle che abbiano avuto una efficacia c.d. sinergica rispetto al provvedimento cautelare, creando o concorrendo a creare l’apparenza del reato per il quale Ł stato adottato tale provvedimento. Il giudice della riparazione, dunque, deve compiere una valutazione che ricalca quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo ed Ł volta a verificare: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
Deve comunque escludersi che la condotta dolosa o gravemente colposa possa essere individuata nello ‘stile di vita antigiuridico’ del richiedente (Sez. 4, n. 46582 del 12/11/2024, cit.) o dalla disponibilità, manifestata dal richiedente, alla commissione di illeciti diversi da quelli per cui sia stata subita la detenzione, non sussistendo in tal caso il nesso eziologico fra il comportamento dell’interessato e la sua privazione della libertà, conseguente a un provvedimento del giudice cui quel comportamento abbia dato causa (Sez. 4, n. 33830 del 23/04/2015, Dentice, Rv. 264318). Non Ł, pertanto, sufficiente rinvenire nella condotta del richiedente elementi che creino l’apparenza di un qualsiasi reato, ma occorre che la condotta colposa abbia creato l’apparenza del reato per il quale Ł
stato adottato il provvedimento restrittivo (Sez. 4, n. 10195 del 16/01/2020, COGNOME, Rv. 278645).
Nel caso in esame, alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche, deve rilevarsi che la Corte della riparazione, alla pagina 11 della ordinanza impugnata, ha dato rilievo a conversazioni telefoniche intercettate intercorse tra il ricorrente e tali NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nonchØ tra il COGNOME e tale ‘COGNOME‘, senza illustrare adeguatamente come dette conversazioni, nel corso delle quali – per quanto emerge dalle sentenze di merito – si parlò di rapporti di debito-credito e di possibili futuri traffici illeciti, possano avere rilevanza ostativa ai fini della istanza di equa riparazione, alla luce dei principi giurisprudenziali richiamati, trattandosi di colloqui successivi alla commissione del reato originariamente contestato al ricorrente e, in ogni caso, relativi a traffici illeciti diversi da quello per il quale il ricorrente era stato sottoposto a restrizione cautelare.
Allo stesso modo, anche con riferimento alla valorizzazione della captazione dei colloqui intercorsi tra il ricorrente e tali NOME COGNOME e NOME COGNOME nel corso dei quali NOME COGNOME aveva richiesto denaro facendo anche riferimento – nel colloquio con NOME COGNOME – ad una donna che aveva bisogno di soldi e così mostrando interesse alla vicenda giudiziaria del COGNOME, la Corte distrettuale non si Ł confrontata con le deduzioni difensive secondo le quali il ricorrente, pur essendosi avvalso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di garanzia, aveva poi, nel presentare istanza di riesame, chiarito, anche con allegazioni documentali, quali fossero i rapporti (di comparatico) che lo legavano a Torquato Ceccarelli (e, quindi, alla moglie di costui) e a NOME COGNOME elementi messi a disposizione, nella immediatezza, dei giudici della cautela e poi posti a fondamento delle sentenze liberatorie dai giudici di merito (cfr. Sez. 4, n. 25252 del 20/05/2016, Vocale, Rv. 267393, secondo cui, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la condotta dell’indagato che, in sede di interrogatorio, si avvalga della facoltà di non rispondere, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, può assumere rilievo ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave solo qualora l’interessato non abbia riferito circostanze, ignote agli inquirenti, utili ad attribuire un diverso significato agli elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare; mentre, nel caso di specie, il ricorrente, seppure avvalsosi della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio, ha illustrato, ed anche documentato, in sede di richiesta di riesame, elementi poi utilizzati dai giudici di merito come argomenti a sostegno delle sentenze di assoluzione pronunciate nei suoi confronti).
Deve essere ricordato, infine, che, quando il quadro indiziario esaminato nella fase cautelare coincide col quadro probatorio posto alla base del giudizio assolutorio, come nel caso di specie, il principio secondo il quale, ai fini della riparazione, la condotta dell’indagato deve essere vagliata tenendo conto degli elementi legittimamente considerati dal giudice della cautela, trova un limite nell’altro principio secondo il quale l’autonomia tra i due giudizi non implica che il dolo o la colpa grave possano essere desunti da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate e il giudice della riparazione deve attenersi a dati di fatto «accertati o non negati» nel giudizio di merito (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME, Rv. 203636; Sez. 4, n. 2048 del 09/01/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 39726 del 27/09/2023, COGNOME, Rv. 285069; Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350).
L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Cagliari Sezione distaccata di Sassari.
Così deciso il 07/03/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME