Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 43394 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 43394 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE
nel procedimento relativo all’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/05/2024 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATI -0
Con ordinanza in data 9 maggio 2024, la Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda formulata da NOME COGNOME per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘equa riparazione dovuta ad ingiusta privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale subìta, dal 21 maggio 2014 al 30 novembre 2015, per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 9 ottobre 1990 n. 309, quale partecipe di una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti relativi al traffico di ingent quantità di stupefacenti e per quello di cui agli artt. 81, comma 2, cod. pen., 73 e 80 d.P.R. n. 309/90 quale concorrente nell’importazione, trasporto e raffinazione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente .
Come emerge dall’ordinanza in esame, il 21 maggio 2014 NOME fu sottoposto alla custodia in carcere in esecuzione di un’ordinanza, emessa il 23 aprile 2014, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia. Il procedimento fu poi trasferito per competenza territoriale e il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma rinnovò la misura cautelare con ordinanza del 30 giugno 2014, notificata il 2 luglio 2014.
NOME è stato assolto dal Tribunale di Roma con sentenza del 5 maggio 2021 (divenuta irrevocabile il 14 dicembre 2021) dall’imputazione di cui al capo A) «perché il fatto non sussiste». Per quanto riguarda i reati di cui al capo B), il Tribunale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME «per essere stati gli stessi già giudicati con sentenza divenuta irrevocabile».
La Corte di appello di Roma ha ritenuto che COGNOME non abbia contribuito a determinare col proprio comportamento doloso o gravemente colposo il quadro indiziario sulla base del quale la misura cautelare fu applicata e ha liquidato un indennizzo determinato, con criterio aritmetico, nella misura di C 235,82 per ogni giorno di detenzione in carcere e di C 117,91 per ogni giorno trascorso agli arresti domiciliari.
Contro l’ordinanza del 9 maggio 2024 ha proposto tempestivo ricorso, nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE deducendo violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, comma 1, cod. proc. pen. e vizi di motivazione. Premesso che la misura cautelare era stata disposta sulla base RAGIONE_SOCIALE‘esito di intercettazioni telefoniche e che – come si legge nell’ordinanza impugnata – in un interrogatorio reso il 23 maggio 2014, pur negando il proprio coinvolgimento nei fatti di reato contestati, COGNOME aveva dichiarato «di essere disposto a collaborare per spiegare la sua posizione e individuare i reali
responsabili del traffico, che avrebbero profittato di una sua condizione di difficoltà», l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente rileva che l’ordinanza impugnata non ha spiegato perché la non estraneità del ricorrente al giro di amicizie oggetto di investigazione e i traffici “opachi” di alcuni dei suoi interlocutori – condotte ch certamente contribuirono all’adozione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare – non fossero tali da costituire una prevedibile ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria e neppure ha spiegato se tali contatti e traffici “opachi” siano stati esclusi nel giudizio merito.
Nei termini di legge il Procuratore RAGIONE_SOCIALE ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Analoga richiesta è stata formulata, con memoria in data 12 settembre 2024, dal difensore e procuratore speciale di COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Va premesso che, per giurisprudenza consolidata, il giudizio per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione è connotato da totale autonomia rispetto al giudizio penale, perché ha lo scopo di valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare. Ai fini RAGIONE_SOCIALE‘esistenza del diritto all’indennizzo, peraltro, può anche prescindersi dalla sussistenza di un “errore giudiziario”, venendo in considerazione soltanto l’antinomia strutturale tra custodia e assoluzione o quella funzionale tra durata RAGIONE_SOCIALEa custodia ed eventuale misura RAGIONE_SOCIALEa pena; con la conseguenza che, in tanto la privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale potrà considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia dato causa (e non abbia concorso a darvi causa) attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la ratio solidaristica che è alla base RAGIONE_SOCIALE‘istituto. (così Sez. U., n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606). Si tratta di una valutazione che va effettuata ex ante, ricalca quella eseguita al momento RAGIONE_SOCIALE‘emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare: in primo luogo, se dal quadro indiziario disposizione del giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela potesse desumersi l’apparenza RAGIONE_SOCIALEa fondatezza RAGIONE_SOCIALEe accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; in
secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (cfr. Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
L’autonomia dal giudizio penale del successivo giudizio per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione è stata più volte sottolineata dalla giurisprudenza di legittimità e non solo dalle sentenze RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite sopra richiamate.
Si è affermato in proposito:
che «il giudizio per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione è del tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base RAGIONE_SOCIALEo stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti» (Sez. 4, n. 39500 del 18/06/2013, Trombetta, Rv. 256764);
che «in tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilir con valutazione “ex ante” e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale» (Sez. 4, Sentenza n. 3359 del 22/09/2016, dep.2017, La Fornara, Rv. 268952);
che ,«nel giudizio avente ad oggetto la riparazione per ingiusta detenzione, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘accertamento RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave, può darsi rilievo agli stessi fatti accertati nel giudizio penale di cognizione, senza che rilevi che quest’ultimo si sia definito con l’assoluzione RAGIONE_SOCIALE‘imputato sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, trattandosi di un’evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giudizio applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo soltanto in quest’ultima il criterio RAGIONE_SOCIALE‘aldilà di ogni ragionevole dubbio» (Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021, COGNOME, Rv. 280246; nello stesso senso, Sez. 4, n. 34438 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 276859).
L’affermazione secondo cui, nell’escludere il diritto alla riparazione per la ritenuta sussistenza di un comportamento doloso o gravemente colposo che abbia “dato causa” (o abbia concorso a dar causa) alla privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale, il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione deve attenersi a dati di fatto «accertati o non negati» nel giudizio di merito (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME,
Rv. 203636) è coerente con questi principi. L’ autonomia tra i due giudizi, infatti, esclude che il dolo o la colpa grave possano essere desunti da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate (Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350; Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 198491). Proprio perché i due giudizi sono autonomi, tuttavia, il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione deve valutare autonomamente le emergenze processuali e tale valutazione, che deve essere compiuta “ex ante”, non può ignorare il quadro indiziario complessivamente emerso all’esito del giudizio, pur valutato inidoneo all’affermazione RAGIONE_SOCIALEa penale responsabilità.
Tale valutazione sarebbe stata doverosa alla luce del principio di diritto, più volte affermato da questa Corte di legittimità, secondo il quale le frequentazioni ambigue con coloro che fanno parte di una consorteria dedita a traffici illeciti, che siano idonee ad essere oggettivamente interpretate come complicità, e il carattere criptico del linguaggio utilizzato con gli interlocutori (indice del possibile oggett illecito RAGIONE_SOCIALEe conversazioni), possono creare la falsa rappresentazione del reato posta a fondamento del provvedimento cautelare e deve pertanto esserne valutata la rilevanza quali condotte gravemente colpose eventualmente ostative al riconoscimento del diritto all’indennizzo.
4. La Corte territoriale ha ritenuto che la condotta mantenuta da COGNOME non fosse ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo perché egli «si è sempre reso disponibile a fornire i chiarimenti richiesti nel corso RAGIONE_SOCIALEe indagini, particolare in occasione RAGIONE_SOCIALE‘interrogatorio avvenuto in data 23 maggio 2014, per chiarire la propria posizione e per fornire dettagli e circostanze affinché fosse acclarata la sua estraneità ai fatti». Ha tuttavia anche sottolineato che, pur negando il proprio coinvolgimento, COGNOME si dichiarò «disposto a collaborare per spiegare la sua posizione e individuare i reali responsabili del traffico che avrebbero approfittato di una sua condizione di difficoltà» (pag. 7 RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza). Se ne desume che, pur dichiaratosi estraneo ai traffici illeciti, COGNOME non negò di aver avuto contatti con persone coinvolte in quei traffici e sostenne che queste persone «avevano approfittato di una sua condizione di difficoltà». In questa situazione, la Corte territoriale non poteva limitarsi a dar conto del contenuto RAGIONE_SOCIALEa sentenza assolutoria e avrebbe dovuto valutare se, in ragione RAGIONE_SOCIALE‘identità degli interlocutori, del linguaggio criptico utilizzato o di altri elementi accertati o n negati nel giudizio di cognizione, la condotta tenuta da COGNOME, ancorché non integrante estremi di reato, potesse essere gravemente colposa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A ciò deve aggiungersi che – come risulta dalla lettura del dispositivo RAGIONE_SOCIALEa
sentenza definitiva di assoluzione e come il provvedimento impugnato riferisce NOME COGNOME è stato assolto «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di aver fatto parte RAGIONE_SOCIALE‘associazione di cui al capo A), ma, con riferimento alla imputazione di cui al capo B) (artt. 81, comma 2, 110 cod. pen., 73 e 80 d.P.R. n. 309/90), il Tribunale di Roma ha dichiarato non doversi procedere ai sensi degli artt. 529 e 649 cod. proc. pen. trattandosi di fatti «già giudicati con sentenza divenuta irrevocabile». Si deve osservare, allora, che l’ordinanza impugnata non fornisce indicazioni su questa sentenza irrevocabile sicché non è noto in che data la stessa sia stata pronunciata, quale ne sia il contenuto e se l’esito del diverso giudizio possa essere ostativo al riconoscimento del diritto all’equa riparazione.
Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma, cui si demanda la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese tra le parti del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Roma cui demanda altresì la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese tra le parti del giudizio di legittimità.
Così deciso il 13 novembre 2024
Il Consi GLYPH estensore
Il Presidente