Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19325 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19325 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GELA il 27/01/1988
avverso l’ordinanza del 25/11/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona della sostituta NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria del MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE con la quale si è chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza con la quale la Corte di appello di Brescia, in data 25 novembre 2024, ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione, da lui formulata a seguito di assoluzione dal reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione assumendo che ingiustificatamente gli è stata attribuita una colpa grave consistita nella partecipazione ad alcune riunioni dell’associazione criminale «e in particolare al summit del 13/11/2012 finalizzato alla costituzione di alcune società»; nella to94.4 circostanza che, su disposizione diVarchese, contattava COGNOME NOME affinché accompagnasse COGNOME NOME che aveva avanzato richieste estorsive all’imprenditore bresciano COGNOME; la costante frequentazione con personaggi di profilo criminale come sarebbe emersq,dalla circostanza che, a partire dal 2017, alloggiava presso strutture ricettive del lago di Garda insieme a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME l’essere inserito “nel board della società RAGIONE_SOCIALE” con il ruolo di “office assistant” e l’avere percepito da parte di due società del Marchese proventi complessivi per euro 16.544,25. Tali elementi sono stati ritenuti indici di grave imprudenza, idonei a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo, per quanto non sia emersa una consapevole partecipazione dell’istante al gruppo e agli scopi illeciti dello stesso.
Secondo la difesa non si è tenuto conto del fatto che il reato originariamente contestato ai sensi dell’art. 416 bis cod. pen. è stato riqualificato nella fattispecie di associazione semplice ) fatto questo che svilisce la portata indiziante delle frequentazioni e dei contatti ritenuti indici di contiguità associativa. Come pure non si è tenuto conto che lo scopo dell’associazione era limitato alla pratica di complesse compensazioni fiscali ad opera del commercialista COGNOME ritenuto promotore della consorteria, con la conseguenza che a carico del COGNOME, dipendente del suddetto, non era ravvisabile alcun profilo di colpa.
Con il ricorso si deduce, inoltre, la contraddittorietà della motivazione laddove, per un verso si afferma la mancanza di consapevolezza del COGNOME di partecipare all’associazione e agli scopi illeciti della stessa e, per altro verso, si valuta come imprudente la sua frequentazione con i coimputati. Detti rapporti di frequentazione erano da ricondurre esclusivamente al rapporto di lavoro che legava il COGNOME alle società del Marchese. In tale ottica andava letta la sua partecipazione a riunioni aventi ad oggetto la costituzione di società. Quello che viene definito un “summit” altro non era che una assemblea tenutasi presso uno studio notarile alla quale, peraltro, COGNOME non ha partecipato /ma si è limitato ad accompagnare il datore di
lavoro. Inoltre, quanto al denaro ricevuto dalle società, si trattava degli stipendi mensilmente bonificatigli dal datore di lavoro.
Rileva, ancora, il ricorrente che l’episodio in cui COGNOME riferiva a COGNOME la disposizione di accompagnare tale Modica al cospetto di Marchese è stata ritenuta in sentenza irrilevante, evidentemente ritenendo ignaro il COGNOME delle ragioni per le quali il Marchese voleva incontrare quella persona.
L’argomento del silenzio serbato dal COGNOME nel corso dell’interrogatorio di garanzia è tamquam non esset. Cassisi, nel corso dell’udienza preliminare ha confermato il rapporto di lavoro dipendente con il COGNOME ed è stata prodotta documentazione a supporto, tra l’altro, già prodotta dinanzi al Tribunale del riesame. Erroneamente si afferma in sentenza che Cassisi avrebbe reso dichiarazioni solo all’udienza dibattimentale in data 15 aprile 2022. Rileva in proposito la difesa che, la mancanza di motivazione nella sentenza di assoluzione è frutto di una svista tecnica e non della impossibilità di evidenziare profili positivi come si ricava dalla assoluzione ai sensi dell’art. 530 comma 1 cod. proc. pen.
Il P.G., in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. E’ necessario premettere che, per giurisprudenza costante di questa Corte, l’operazione logica, propria del giudice del processo penale, volta all’accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell’imputato va tenuta distinta da quella propria del giudice della riparazione. Quest’ultimo, pur dovendo operare sullo stesso materiale del giudice di merito, deve seguire un iter logico motivazionale del tutto autonomo perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato quanto piuttosto se queste si sono poste come fattore condizionante alla produzione dell’evento “detenzione”. In relazione a tale aspetto della decisione il giudice ha piena libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo quanto per controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione di natura civilistica, sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (in tal senso Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016 – dep. 23/01/2017, COGNOME, Rv. 268952).
Ha chiarito questa Corte che il giudice della riparazione “non può ignorare quanto accertato nel giudizio sull’imputazione e può affermare e negare solo quanto è stato affermato e negato in questo; mentre un più ampio spazio di manovra gli è riconosciuto in relazione a quelle circostanze che non sono state escluse dal primo giudice, pur se non positivamente affermate (Sez. 4 n. 372 del 21/10/2014 – dep. 29/01/2015, Garcia de Medina, Rv. 263197).
La Corte di appello di Brescia, dopo avere richiamato principi sanciti da questa Corte di legittimità in subiecta materia non ne ha fatto buon uso incorrendo in un errore prospettico, censurato dal ricorrente quando rimarca che la Corte della riparazione ha affermato come esistenti comportamenti che sono stati neutralizzati dai giudici di merito e che lungi dal considerarsi gravemente colposi, rientravano nell’ambito del rapporto di lavoro dipendente che il COGNOME svolgeva alle dipendenze del COGNOME.
In particolare, il provvedimento impugnato, dopo avere richiamato l’ordinanza genetica con la quale era stata applicata al Cassisi la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. ritenendolo appartenente all’organizzazione denominata “RAGIONE_SOCIALE” sin dal 2017, ripercorre le vicende cautelari e processuali dell’odierno ricorrente che esitavano nella assoluzione dell’imputato dal reato originariamente contestato che, tra l’altro, veniva riqualificato ai sensi dell’art. 416 cod. pen. ·
A ben vedere, però l’intero argomentare della Corte di appello è scandito sulla base di quanto affermato nel provvedimento cautelare senza che sia dato cogliere alcun confronto con quanto eventualmente il giudice della cognizione ha ritenuto accertato. L’unico riferimento che la Corte territoriale opera alla pronuncia assolutoria è quello contenuto a pag. 6 laddove si legge che «per quanto non sia emersa una consapevole partecipazione dell’istante al gruppo e agli scopi illeciti dello stesso, tuttavia all’iniziale condotta del COGNOME, gravemente imprudente e quindi tale da contribuire a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo ha fatto seguito un comportamento di costui altrettanto censurabile consistito nel non rendere una spiegazione dei fatti e, conseguentemente, indotto a mantenere la cautela detentiva».
4. Procedendo con ordine.
La Corte della riparazione, pur dopo avere richiamato giurisprudenza che afferisce alla valutazione ex ante della condotta tenuta dal richiedente, ha preso le mosse dal silenzio che COGNOME ha serbato in sede di interrogatorio di garanzia.
Nel prosieguo, il giudice della riparazione ha evidenziato che allorquando gli elementi ricostruttivi alternativi non vengono portati a conoscenza dell’A.G. o ciò
avviene a causa del ritardo con il quale gli stessi vengono rappresentati, tale comportamento deve essere ascritto esclusivamente all’imputato e alla sua difesa(‘ non è possibile dolersi del fatto che la custodia cautelare sia stata “mantenuta”.
Il provvedimento impugnato muove da un presupposto erroneo, ossia che gli elementi ricostruttivi alternativi sarebbero stati forniti solo all’udienza del 1 aprile 2022, senza valutare così l’esame reso dal Cassisi all’udienza preliminare in data 30 ottobre 2020 nel corso del quale ha confermato quel rapporto di lavoro dipendente con COGNOME che già dinanzi al Tribunale in sede di riesame dell’ordinanza genetica era stato documentato.
Da quanto detto discende che la individuazione della condotta colposa, da parte dei giudici della riparazione, nell’avere fornito elementi per una ricostruzione alternativa solo a distanza di anni, è argomento che non trova corrispondenza negli elementi desumibili dal compendio in atti. Così stando le cose non può sostenersi che il COGNOME abbia taciuto fatti rispetto ai quali aveva un onere di rappresentazione e allegazione al quale non avrebbe dato corso e che avrebbero avuto valore sinergico rispetto all’addebito mosso, in quanto avrebbero influito concausalmente sul mantenimento dello stato detentivo (ex multis, v. Sez. 4, n. 25252 del 20/05/2016, Rv. 267393).
5. Evoca poi la Corte della riparazione le frequentazioni “con gli appartenenti all’associazione”, che ritiene ambigue e tali da fare sospettare il diretto coinvolgimento nelle attività illecite senza spiegare come esse si accordino con la pronuncia assolutoria, quale conferma abbiano eventualmente avuto in sede di cognizione e quale sarebbe stata la ricostruzione posta alla base della sentenza di primo grado anche nei confronti di coloro con i quali il COGNOME si sarebbe stretto in un vincolo associativo ritenuto, in prima battuta di natura “mafiosa” e poi, nel prosieguo, funzionale a compiere illecite “compensazioni fiscali” in quel sodalizio illecito del quale era promotore il commercialista COGNOME alle dipendenze del quale il COGNOME i avrebbe svolto attività lavorativa e /per quanto rilevato dallo stesso giudice della riparazione, rimanendo estraneo all’attività illecita.
Non spiega il provvedimento impugnato il motivo per il quale è stato ritenuto gravemente imprudente il fatto di alloggiare presso strutture ricettive insieme al commercialista COGNOME suo datore di lavoro, insieme a soggetti quali NOME COGNOME e NOME COGNOME dando per entv”… L4 q t..4,1A-1 scontato che COGNOME sapesse chi fossero e cosa facessero GLYPH non viene neppure delineato il profilo.
Sul punto questa Corte ha avuto modo di affermare che «in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, la condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, consapevole dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità» (Sez. 4 n. 7956 del 20/10/2020, dep. 2021, Rv. 280547 – 01 laddove in motivazione si legge che il fatto di conoscere l’agire altrui trasgressivo può essere essenziale per richiedere al consociato di orientare il proprio comportamento sulla base di una prognosi sul possibile coinvolgimento in ipotesi di intervento giudiziario, perché ciò che è necessario è che il soggetto possa percepire la natura macroscopicamente colposa del proprio comportamento, sì da potergli muovere il rimprovero che preclude alla riparazione).
Analogamente non è spiegato nel provvedimento impugnato, in un dovuto raffronto con la sentenza assolutoria, se la presenza del COGNOME definito “fiduciario” del COGNOME ad alcune riunioni funzionali alla costittzione di società fosse legata ad una sua partecipazione diretta o piuttosto ad accompagnare il suo datore di lavoro.
Ancora, i giudici della riparazione, nell’affermare la valenza “dell’organizzazione criminale” della quale, tuttavia, il COGNOME, secondo i giudici di mérito non avrebbe fatto parte, richiamava l’episodio in occasione del quale COGNOME avrebbe telefonato a Modica Salvatore chiedendo di poterlo incontrare e si offriva di farlo accompagnare da NOME NOME “che faceva contattare proprio dal COGNOME” senza spiegare, ancora una volta, né chi fossero, né quali rapporti COGNOME avesse con tali individui né, infine, da cosa si è desunto che il ricorrente fosse consapevole delle finalità dell’incontro che il Marchese intendeva procurarsi con il Modica.
A tutto quanto sopra detto va aggiunto che la Corte della riparazione dopo avere affermato, lo si ribadisce, che COGNOME “pur non avendo preso parte agli scopi dell’associazione, non spiega le ragioni per le quali l’avere percepito da parte delle due imprese del Marchese “proventi delle attività illecite per euro 16.543,25” non potessero costituire gli stipendi per l’attività lavorativa svolta alle dipendenze del Marchese né le ragioni per le quali l’avere percepito dette somme configuri un comportamento gravemente imprudente al punto da essere considerato ostativo al riconoscimento dell’indennizzo.
In altri termini e più in generale, manca un raffronto con la sentenza di assoluzione laddove si legge che non vi è prova che l’imputato abbia preso parte a reati fiscali o di autoriciclaggio né che lo stesso conosca la reale natura del “comMercio dei crediti svolto da COGNOME sicché non può ritenersi che l’eventuale contributo apportato integri una consapevole partecipazione al gruppo e agli scopi illeciti da questo perseguiti”.
Il provvedimento impugnato, dunque, che non resiste alle censure mosse con riferimento al profilo logico-argomentativo, non appare idoneo a rendere intellegibile l’iter motivazionale seguito e a superare lo scrutinio di legittimità, deve essere annullato con rinvio.
Al giudice del rinvio spetterà di esaminare in modo autonomo e completo tutti gli elementi probatori a sua disposizione appurando la riscontrabilità di comportamenti connotati da negligenza e imprudenza e fondando la deliberazione conclusiva su fatti concreti e precisi sempre che gli elementi indiziari non siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudizio di assoluzione (Sez. 4, n. 41396 del 15/09/2016, Piccolo, Rv. 268238; Sez. 4 n. 7225 del 12/12/2023 dep. 2024, rv. 285828 – 01) oltre che la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Brescia, cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Deciso il 13 febbraio 2025
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