Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2401 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2401 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME NOME a TERNI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/06/2024 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugNOME;
letta la memoria depositata dalla parte resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME
– Presidente –
– Relatore –
Sent. n. sez. 16/2025
CC – 09/01/2025
RNUMERO_DOCUMENTON. NUMERO_DOCUMENTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME NOME NOME a TERNI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/06/2024 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugNOME;
letta la memoria depositata dalla parte resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte di appello di Perugia ha parzialmente accolto la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da NOME COGNOME, in relazione alla misura cautelare degli arresti domiciliari applicata dal GIP presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE – per i delitti previsti dagli artt. 353 e 353bis cod.pen. – nel periodo compreso tra il 21/12/2017 e 1’11/01/2018, data nella quale la misura era stata sostituita con quella interdittiva RAGIONE_SOCIALEa sospensione dall’esercizio di pubblici uffici e servizi oltre che con quella RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di dimora presso il Comune di RAGIONE_SOCIALE; imputazioni dalle quali il ricorrente era stato assolto, dopo la condanna pronunciata in primo grado, dalla Corte di appello di Perugia per insussistenza dei fatti, con pronuncia divenuta definitiva.
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.315 cod.proc.pen., ha osservato che non sussistevano ragioni di dolo o colpa grave ostative rispetto al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo; specificamente, ha fatto riferimento all’elemento valorizzato in sede di sentenza di assoluzione e dal quale emergeva che gli appalti di servizi affidati dal ricorrente e oggetto RAGIONE_SOCIALE‘imputazione erano sempre stati qualificati come appalti di servizi inferiori alla soglia di € 40.000,00 e quindi suscettibili di affidamento diretto, non potendosi quindi rimettere in discussione la liceità del comportamento RAGIONE_SOCIALE‘istante; ha altresì rilevato che, in ordine alla messaggistica intercorsa con altri coindagati, il contenuto RAGIONE_SOCIALEa stessa afferiva a richieste e considerazioni provenienti da un terzo soggetto piuttosto che a messaggi di risposta del COGNOME; rilevando, altresì, come nessun addebito colposo potesse essere ricavato dal tenore RAGIONE_SOCIALEe risposte fornite in sede di interrogatorio reso ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.294 cod.proc.pen..
In tema di liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo, la Corte ha valutato il pregiudizio derivante dalla immediata sospensione dalla carica di assessore ai lavori pubblici, evidenziando peraltro che il ricorrente ben avrebbe potuto successivamente riprendere la propria attività politica; che il danno attinente alla reputazione era da considerare indennizzabile in ordine al solo periodo RAGIONE_SOCIALEa detenzione e non alla durata RAGIONE_SOCIALEa pendenza del procedimento penale; che, in ordine alla dedotta perdita di chances, il ricorrente non aveva dato prova che potesse essere applicata la normativa contenuta nell’art.80, comma 5, d.lgs. n.50/2016, attinente agli “operatori economici” esclusi dagli appalti pubblici; che erano da ritenersi non provati pregiudizi alla propria posizione reddituale e alle dedotte chances occupazionali.
La Corte ha quindi ritenuto di valorizzare, comunque, le peculiari connotazioni RAGIONE_SOCIALEa vicenda al fine di operare una congrua maggiorazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo riconoscibile sulla base del solo criterio aritmetico, attribuendo al ricorrente una somma pari a € 350,00 per ogni giorno di restrizione, con conseguente liquidazione finale di € 7.700,00 complessivi.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE, rappresentato dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto – ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 314 e ss. cod.proc.pen., specificamente in ordine alla valutazione del presupposto ostativo del dolo ovvero RAGIONE_SOCIALEa colpa grave.
Ha dedotto che la sentenza di assoluzione non aveva escluso la sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘elemento materiale dei reati ascritti, non procedendo a una riqualificazione RAGIONE_SOCIALEe condotte solo in assenza di una contestazione specifica degli elementi qualificanti l’abuso d’ufficio; ritenendo quindi che il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione avesse indebitamente sovrapposto il piano di valutazione rimesso al giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione rispetto a quello spettante al giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione.
Con il secondo motivo ha dedotto – ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione.
Ha, sul punto, richiamato la messaggistica intercorsa tra il ricorrente e il commercialista COGNOME – in ordine alla valutazione del valore commerciale RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE – che si sarebbe poi tradotta nella predisposizione degli atti di gara da parte RAGIONE_SOCIALEo stesso candidato che avrebbe dovuto aggiudicarsi l’incarico; ha pure dedotto che, in sede di interrogatorio di garanzia, era stato contestato al COGNOME di avere ricevuto un SMS dal COGNOME, avente a oggetto il sollecito di pagamento di una precedente fattura; ritenendo, quindi, che il comportamento del COGNOME – nel recepire le sollecitazioni del COGNOME – si sarebbe connotato come gravemente colposo.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata.
Il difensore RAGIONE_SOCIALE‘originario istante ha depositato memoria, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. I due motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati data la loro stretta connessione logica, attenendo entrambi alla congruità RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata in punto di valutazione del presupposto ostativo rappresentato dalla colpa grave in capo alla originaria parte istante.
Va premesso, in relazione specifica rispetto alla fattispecie concreta in esame, che il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave RAGIONE_SOCIALE‘interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento RAGIONE_SOCIALEa legale conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza di un procedimento a suo carico; il giudice di merito deve infatti, in modo autonomo e in modo completo, apprezzare tutti gli elementi probatori a sua disposizione e rilevare, se la condotta tenuta dal richiedente abbia ingenerato o contribuito a ingenerare, nell’autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa configurabilità RAGIONE_SOCIALEa stessa come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Sez. U, 27/05/2010, n.32383, COGNOME, RV. 247664).
Ciò posto, in riferimento al piano relativo alla distinzione tra l’ordine di valutazione rimessa al giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione rispetto a quella spettante al giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione (su cui Sez. U, n.43 del 13/12/1995, dep.1996, COGNOME, RV. 203638), deve ritenersi che la censura spiegata dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente non sia fondata.
In quanto il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione – contrariamente alla prospettazione del RAGIONE_SOCIALE ricorrente – ha operato un congruo esame in ordine al mancato perfezionamento RAGIONE_SOCIALE‘elemento oggettivo dei reati ascritti, sulla base RAGIONE_SOCIALEa specifica valutazione inerente alla possibilità di affidare in via diretta i relativi servizi in presenza di un valore RAGIONE_SOCIALE‘appalto inferiore rispetto agli € 40.000,00 e alla mancanza di prova di qualsiasi effettiva collusione tra il pubblico ufficiale e il privato.
D’altra parte – in relazione alle specifiche argomentazioni che hanno condotto la Corte territoriale a escludere una condotta sinergica
caratterizzata da dolo o colpa grave – le argomentazioni del ricorrente finiscono per configurarsi come meramente oppositive e non tali da prospettare alcun effettivo profilo di illogicità.
Difatti, nell’ambito RAGIONE_SOCIALE‘esposizione del motivo, il ricorrente ha fatto riferimento al tenore di alcuni messaggi provenienti dal solo COGNOME ma senza evidenziare – e tanto in conformità con il ragionamento seguito dalla Corte – effettivi elementi di accondiscendenza da parte del COGNOME, tali da essere valutati sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa colpa grave.
Analoga considerazione va altresì riservata allo specifico rilievo articolato dal RAGIONE_SOCIALE e inerente allo scambio di SMS intervenuto il 26/07/2016 con lo stesso COGNOME, avente a oggetto il mero sollecito di adempimento in ordine a importo risultante da precedente fattura e senza che nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘odierno istante sia stato, di fatto, configurato alcun comportamento compiacente tali da porsi in sinergia con la detenzione subita.
D’altra parte, appare anche del tutto aspecifico il riferimento a un dedotto comportamento reticente tenuto dall’indagato in sede di interrogatorio di garanzia.
Va ricordato a tale proposito che, fatto salvo il diritto ad avvalersi RAGIONE_SOCIALEa facoltà di non rispondere previsto dal vigente testo RAGIONE_SOCIALE‘art.314, comma 1, cod.proc.pen., il comportamento reticente tenuto dall’indagato in sede di interrogatorio, ove causalmente rilevante sulla determinazione cautelare, incide sull’accertamento RAGIONE_SOCIALE‘eventuale colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, in quanto condotta equivoca ed ambigua non equiparabile al silenzio serbato nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEe facoltà difensive (Sez.4, 30/6/2022, n.30056, D., RV. 283453).
Nel caso di specie – con notazione non oggetto, di fatto, di alcuna specifica censura – la Corte territoriale ha peraltro evidenziato che il RAGIONE_SOCIALE non avesse l’onere di fornire risposte esaurienti rispetto alle ragioni del comportamento di terzi, dovendosi limitare a fornire adeguati chiarimenti sulle proprie condotte; di modo che, sotto tale profilo e con valutazione non illogica, il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazioni ha escluso la configurabilità di una condotta reticente valutabile sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa colpa grave.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente, anche trattandosi di parte pubblica, al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali (Sez. 4, n. 22810 del 13/04/2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 272994).
Il RAGIONE_SOCIALE ricorrente va altresì condanNOME al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese di questo giudizio di legittimità nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘originario istante, liquida come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali nonché alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese sostenute dal resistente in questo giudizio di legittimità che liquida in euro mille, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 9 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
COGNOME COGNOME Presidente,