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Ingente quantità stupefacenti: la purezza non conta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6999/2024, ha respinto il ricorso di un imputato condannato per detenzione di un notevole quantitativo di hashish. La Corte ha stabilito che, ai fini dell’aggravante per ingente quantità stupefacenti, è determinante l’entità del principio attivo e non la purezza media della sostanza sul mercato. L’aumento di purezza, infatti, non attenua ma aggrava l’offensività della condotta. È stata inoltre confermata la confisca di una somma di denaro per mancata prova della sua lecita provenienza e per la sproporzione con lo stile di vita dell’imputato.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingente Quantità Stupefacenti: Perché la Cassazione Ignora la Purezza della Droga

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti, chiarendo i criteri per la valutazione dell’aggravante dell’ingente quantità stupefacenti. Un imputato, condannato per la detenzione di quasi 10 kg di hashish, ha sostenuto che l’aumento generale della purezza delle droghe sul mercato dovrebbe portare a un innalzamento delle soglie per far scattare l’aggravante. La Suprema Corte, con la sentenza n. 6999 del 2024, ha respinto questa tesi, ribadendo un principio fondamentale: ciò che conta è la quantità di principio attivo, non le fluttuazioni del mercato.

I fatti del processo

Il caso nasce dalla condanna in Corte d’Appello di un cittadino per la detenzione di 9,85 kg di hashish, contenenti un principio attivo (THC) di 2.331 grammi, da cui si sarebbero potute ricavare oltre 930.000 dosi singole. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Violazione della norma sull’ingente quantità: La difesa sosteneva che il quantitativo, pur superando la soglia indicata dalla giurisprudenza di riferimento (la nota sentenza “Biondi” delle Sezioni Unite), lo faceva solo di poco. Inoltre, argomentava che tale soglia, calibrata su una purezza media del 5%, fosse ormai superata, dato che le analisi più recenti attestano una purezza media intorno al 25%. Di conseguenza, la quantità detenuta non avrebbe più quel carattere di eccezionalità richiesto per l’aggravante.
2. Illegittimità della confisca: Era stata confiscata una somma di 450 euro trovata in possesso dell’imputato al momento dell’arresto. La difesa asseriva che il denaro fosse stato prelevato per pagare una bolletta e provenisse dalla pensione di reversibilità percepita, contestando la motivazione della Corte d’Appello che l’aveva giustificata sulla base di uno “stile di vita” non meglio specificato e sproporzionato rispetto ai redditi leciti.

L’aggravante di ingente quantità stupefacenti e la tesi della purezza

La Corte di Cassazione ha smontato la tesi difensiva sull’aggravante. I giudici hanno chiarito che il parametro per valutare la gravità del fatto non è il peso lordo della sostanza, ma la quantità totale di principio attivo. È quest’ultimo, infatti, a determinare il pericolo per la salute pubblica, bene giuridico protetto dalla norma.

Il ragionamento della Corte è logico e stringente: se la purezza media della droga sul mercato aumenta, significa che la stessa quantità di sostanza è più pericolosa. Accogliere la tesi difensiva porterebbe al paradosso di attenuare la risposta sanzionatoria proprio quando la lesività delle condotte aumenta. In altre parole, si finirebbe per punire meno severamente chi immette sul mercato droghe di qualità e quantità superiori. La natura “ingente” della quantità, pertanto, deve essere valutata esclusivamente in base all’efficacia psicoattiva, che non cambia con le dinamiche del mercato.

La confisca del denaro e lo stile di vita

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha osservato che la difesa non aveva fornito alcuna prova documentale a sostegno delle sue affermazioni, come una ricevuta del prelievo o la bolletta da pagare. Inoltre, la sentenza impugnata non si era limitata a un vago riferimento allo “stile di vita”, ma aveva specificato elementi concreti: l’imputato era proprietario di un’autovettura, disponeva di tre telefoni cellulari e aveva sottoscritto un impegno per l’acquisto di un appartamento. Questi elementi, considerati nel loro insieme, sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare una sproporzione rispetto alla pensione mensile di circa 500 euro lordi, giustificando così la confisca del denaro di cui non era stata provata la provenienza lecita.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. Sul primo punto, viene ribadito che il criterio per l’ingente quantità stupefacenti è qualitativo e non meramente quantitativo: il focus è sull’offensività della condotta, misurata attraverso la quantità di principio attivo. Le soglie giurisprudenziali sono un riferimento, ma la valutazione finale spetta al giudice, che deve considerare le specificità del caso concreto. Un superamento del 16% della soglia, come nel caso di specie, è stato ritenuto sufficiente a configurare l’aggravante. Sul secondo punto, la Corte ha sottolineato che, in materia di confisca, l’onere di dimostrare la provenienza lecita dei beni sproporzionati rispetto al reddito grava sull’interessato. In assenza di prove convincenti, e in presenza di indicatori di uno stile di vita non sostenibile con le entrate dichiarate, la confisca è legittima.

Conclusioni

La sentenza n. 6999/2024 offre un’importante lezione: la lotta al traffico di droga si basa su principi di offensività concreta. La pericolosità di una partita di droga non dipende dalle mode del mercato, ma dalla sua effettiva capacità di nuocere alla salute pubblica. Questo caso dimostra come i giudici debbano guardare alla sostanza dei fatti, ancorando la loro valutazione a dati oggettivi come la quantità di principio attivo. Allo stesso tempo, conferma la severità dell’ordinamento verso i proventi illeciti, ponendo a carico di chi li detiene l’onere di dimostrarne la liceità, specialmente quando il tenore di vita appare inspiegabile.

Perché l’aumento della purezza della droga non ha influito sulla valutazione dell’ingente quantità?
Perché la Corte di Cassazione ha stabilito che il parametro per valutare la pericolosità del reato è la quantità di principio attivo (la sostanza che crea l’effetto psicotropo), non il peso lordo o la concentrazione. Un aumento di purezza rende la droga più pericolosa, quindi non può essere usato come argomento per attenuare la gravità del fatto.

Per quale motivo è stata confermata la confisca di 450 euro?
La confisca è stata confermata perché l’imputato non ha fornito alcuna prova documentale (come una ricevuta di prelievo) per dimostrare l’origine lecita del denaro. Inoltre, la Corte ha ritenuto che il suo stile di vita (possesso di un’auto, tre cellulari e un impegno ad acquistare un appartamento) fosse sproporzionato rispetto alla sua pensione, giustificando la presunzione che il denaro provenisse da attività illecite.

L’aggravante per ingente quantità stupefacenti scatta in automatico superata una certa soglia?
No. Le soglie numeriche fissate dalla giurisprudenza (come nella sentenza “Biondi”) sono considerate un criterio guida “di regola” o “di massima”. La decisione finale spetta sempre alla discrezionalità del giudice, che deve valutare tutte le peculiarità del caso concreto per stabilire se la quantità sia effettivamente eccezionale e tale da configurare l’aggravante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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