Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38537 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38537 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Cina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/12/2024 della Corte di appello di Firenze
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 dicembre 2024 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia emessa il 3 maggio 2023 dal Tribunale di Prato, con cui NOME è stato condannato alla pena di anni dieci di reclusione ed euro 800,00 di multa per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
2.1. Violazione degli artt. 178, comma 1, lett. c), 143, comma 2, cod. proc. pen., 24, comma 2, Cost., 6 par. 3 lett. a) Cedu, non essendo stata tradotta in lingua cinese la pronuncia impugnata, con conseguente lesione del diritto di difesa.
2.2. Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante dell’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90, atteso che la Corte territoriale avrebbe valorizzato il grado di purezza della sostanza, che, però, sarebbe un elemento irrilevante per accertare l’ingente quantità, e non avrebbe valutato le circostanze del caso, come prescritto, invece, dalla giurisprudenza di legittimità, in caso di superamento del valore soglia.
2.3. Violazione di legge e vizi della motivazione, non essendo stati valorizzati, al fine della concessione delle attenuanti generiche, l’incensuratezza e il buon esito del percorso cautelare, conclusosi con la revoca di ogni misura ex art. 299 cod. proc. pen. Inoltre, l’imputato, al momento dell’arresto, aveva fornito alla polizia giudiziaria i codici di sblocco dei propri telefoni cellulari.
2.4. Violazione di legge e vizi della motivazione con riguardo alla determinazione della pena e all’aumento operato a titolo di continuazione. La Corte territoriale, nel giustificare la pena superiore al minimo edittale, si sarebbe limitata ad affermare che non era stato superato il medio edittale e avrebbe innalzato la pena fino a livelli irragionevoli per effetto dell’applicazion dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 90.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, essendo i motivi, in esso articolati, nel complesso infondati.
2. Il primo motivo è infondato.
Secondo l’orientamento univoco di questa Corte, l’imputato alloglotto, che si dolga dell’omessa traduzione della sentenza, ha l’onere di indicare l’esistenza di un interesse a ricorrere concreto, attuale e verificabile, non essendo sufficiente la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale (Sez. 1, n. 44251 del 16/10/2024, Pllumaj, Rv. 287282 – 01).
Nel caso in esame, il ricorrente, che ha proposto ricorso per cassazione nei termini, non ha dimostrato se e in che misura la mancata tempestiva conoscenza personale della sentenza impugnata possa avere influito sulle sue strategie difensive.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Va premesso che, in tema di stupefacenti, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della ingente quantità di cui all’art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990, il superamento del limite quantitativo pari a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, non determina automaticamente la sussistenza dell’ipotesi aggravata, dovendo, in ogni caso, aversi riguardo alle circostanze del caso concreto” (Sez. 6 n. 43771 del 07/10/2014, Ammer, Rv. 260715 – 01).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha fatto buon uso della discrezionale valutazione attribuitale, avendo evidenziato i parametri di riferimento, quali il quantitativo ingente di stupefacente sequestrato con mg 3.274.321,8 di principio attivo, molto superiore al valore soglia per la ketamina (pari a 1.800.000 mg, secondo quanto affermato dalle pronunce di questa Corte: Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, COGNOME, Rv. 253150 – 01; Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005 – 01), nonché l’elevatissimo grado di purezza della sostanza.
4. Anche il terzo motivo è privo di specificità.
La Corte di appello, nel negare le attenuanti generiche in difetto di elementi positivamente valorizzabili e alla luce della gravità della condotta, si è uniformata ai principi enunciati in sede di legittimità (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25.9.2014, COGNOME, Rv 260610 01), secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze anzidette può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62-bis, cod. pen., disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato.
5. I rilievi censori del ricorrente relativamente al trattamento sanzionatorio sono generici, a fronte degli aumenti di pena determinati nel minimo edittale per l’aggravante, rispetto ad una pena base individuata in misura inferiore al cd. medio edittale, e di aumenti a titolo di continuazione del tutto contenuti.
Va anche rilevato che il ricorrente ha trascurato di considerare che la sentenza di primo grado, a cui quella impugnata rinvia, aveva individuato specificamente gli elementi valorizzati per la determinazione della pena, avendo fatto riferimento, tra l’altro, al quantitativo rilevantissimo di stupefcen detenuto, all’elevata offensività della condotta, al dolo pieno e lucido
dell’imputato, al ruolo di primo piano rivestito dal medesimo nel sistema di approvvigionamento internazionale di stupefacenti.
Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 settembre 2025.