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Ingente quantità stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per traffico di droga. La Corte conferma che l’analisi a campione della sostanza è valida per determinare il principio attivo totale e ribadisce i criteri per configurare l’aggravante dell’ingente quantità stupefacenti, basandosi su peso complessivo, principio attivo e superamento delle soglie giurisprudenziali. La scelta del rito abbreviato preclude la richiesta di nuove perizie.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingente quantità stupefacenti: analisi di una recente ordinanza della Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla configurabilità dell’aggravante dell’ingente quantità stupefacenti e sulla validità delle analisi a campione. La pronuncia si è occupata del ricorso di un soggetto condannato per detenzione e spaccio di un notevole quantitativo di hashish, affrontando questioni procedurali e sostanziali di grande rilevanza pratica. Analizziamo i dettagli della vicenda e le conclusioni a cui sono giunti i giudici.

I fatti di causa

L’imputato ricorreva in Cassazione avverso una sentenza di condanna per il reato di traffico di stupefacenti. I motivi del ricorso erano principalmente tre:

1. La richiesta di rinnovare l’esame tossicologico su tutta la partita di droga sequestrata (quasi 9 kg di hashish), e non solo su un campione limitato.
2. La contestazione dell’aggravante dell’ingente quantità, poiché, a suo dire, il principio attivo non era stato accertato sull’intero carico.
3. Una critica al trattamento sanzionatorio ricevuto, ritenuto eccessivo.

Il ricorrente sosteneva che l’analisi effettuata solo su 13 panetti, rispetto ai 93 rinvenuti, non fosse sufficiente a determinare con certezza la qualità e la quantità di principio attivo dell’intera partita.

L’analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le doglianze sollevate dall’imputato. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni dei giudici.

Sulla validità dell’esame a campione

Il primo punto affrontato riguarda la richiesta di una nuova perizia. La Corte ha sottolineato che l’imputato aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, una procedura che implica la rinuncia a nuove acquisizioni probatorie. Tale scelta preclude la possibilità di contestare successivamente la metodologia usata dal perito, a meno che non emergano criticità tecniche o scientifiche specifiche, cosa non avvenuta nel caso in esame.

Inoltre, i giudici hanno ritenuto pienamente legittima la scelta del consulente di analizzare solo un campione della sostanza. Poiché tutti i 93 panetti sequestrati presentavano le medesime modalità di confezionamento e 5 diversi marchi, era ragionevole presumere che si trattasse della stessa tipologia di stupefacente. Pertanto, i risultati ottenuti dall’analisi dei 13 panetti sono stati correttamente estesi all’intero quantitativo sequestrato.

Sull’aggravante dell’ingente quantità stupefacenti

Il cuore della decisione riguarda l’ingente quantità stupefacenti. La Corte ha ribadito che, per configurare questa aggravante, non si guarda solo al peso lordo della sostanza, ma soprattutto al quantitativo di principio attivo (THC, in questo caso) e al numero di dosi ricavabili. Nel caso specifico, la quantità di hashish era di 8.953 kg, con 3.137 grammi di THC puro, un valore superiore di oltre il 50% alla soglia indicata dalla celebre sentenza delle Sezioni Unite “Biondi” del 2012.

Questo dato, unito all’elevato numero di dosi potenzialmente ricavabili, è stato considerato sufficiente per ritenere la quantità ingente. La Corte ha anche valorizzato altri elementi, come il ritrovamento di appunti con nomi e cifre per migliaia di euro, che dimostravano il stabile inserimento del ricorrente in un vasto circuito di traffico criminale.

Sul trattamento sanzionatorio

Infine, per quanto riguarda la pena inflitta, la Cassazione ha ritenuto la decisione del giudice di merito congrua e ben motivata. La scelta di una pena base superiore alla media è stata giustificata dalla particolare gravità del fatto e dalla totale assenza, da parte dell’imputato, di qualsiasi volontà di interrompere la propria attività illecita.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati. In primo luogo, la scelta di un rito processuale come l’abbreviato comporta una rinuncia implicita a contestazioni probatorie che andavano sollevate in altre sedi. In secondo luogo, il criterio per determinare l’ingente quantità non è meramente matematico ma qualitativo e quantitativo, basato sul principio attivo e sul numero di dosi, come stabilito dalle Sezioni Unite per garantire uniformità di giudizio. La valutazione del giudice tiene conto del pericolo concreto per la salute pubblica derivante dall’immissione sul mercato di un così vasto quantitativo di droga. Infine, la gravità del fatto, desunta anche dal contesto criminale in cui l’imputato operava, giustifica una sanzione severa.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma che, in materia di stupefacenti, l’analisi a campione è una prassi investigativa valida se le circostanze (come l’uniformità del confezionamento) la giustificano. La decisione ribadisce l’importanza dei criteri stabiliti dalle Sezioni Unite per definire l’ingente quantità stupefacenti, offrendo un parametro oggettivo ai giudici. La pronuncia serve anche come monito: la scelta di un rito alternativo come l’abbreviato ha conseguenze procedurali significative che non possono essere ignorate in fasi successive del giudizio.

È necessario analizzare l’intera quantità di droga sequestrata per provare il reato?
No. La Corte ha stabilito che l’analisi di un campione rappresentativo è sufficiente per estendere il risultato a tutta la partita, specialmente se le modalità di confezionamento e le caratteristiche esteriori della sostanza sono identiche e omogenee.

Quando una quantità di droga è considerata ‘ingente’?
Una quantità è considerata ingente quando il quantitativo di principio attivo puro supera di molto i limiti massimi indicati dalla giurisprudenza di riferimento (in questo caso, la sentenza Biondi delle Sezioni Unite). Si valuta anche l’elevato numero di dosi che se ne possono ricavare.

Se si sceglie il rito abbreviato, si può chiedere una nuova perizia in appello?
No. La scelta del rito abbreviato non condizionato implica la rinuncia a chiedere nuove prove, come una nuova perizia tossicologica. L’imputato accetta di essere giudicato sulla base degli atti presenti nel fascicolo al momento della richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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