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Ingente quantità stupefacenti: i criteri della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di un’ingente quantità di stupefacenti. La sentenza conferma che per l’aggravante non basta il superamento della soglia quantitativa, ma occorre una valutazione complessiva della pericolosità della condotta. Inoltre, la Corte ha negato l’attenuante per collaborazione, ritenendola vanificata dalla successiva fuga dell’imputato dagli arresti domiciliari.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingente Quantità Stupefacenti: Quando Scatta l’Aggravante?

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. 3, n. 33867 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla configurabilità dell’aggravante per ingente quantità stupefacenti. La pronuncia analizza i criteri per determinare quando un quantitativo di droga possa essere considerato tale da giustificare un aumento di pena, ribadendo principi consolidati e affrontando il delicato tema del bilanciamento con le attenuanti, come quella per la collaborazione processuale.

I Fatti del Caso: Detenzione di Droga e Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado a sei anni di reclusione e 32.000 euro di multa per la detenzione illecita di sostanze stupefacenti. In particolare, il reato era aggravato dall’ingente quantità di cocaina trovata in suo possesso. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali:

1. Errata applicazione dell’aggravante: La difesa sosteneva che solo la cocaina superava la soglia limite, e per di più di poco. Le altre sostanze rinvenute, invece, erano in quantità nettamente inferiori ai valori di riferimento.
2. Mancato riconoscimento dell’attenuante per collaborazione: Si evidenziava che l’imputato aveva fornito un’ampia collaborazione durante le indagini, tanto che alcune sue dichiarazioni erano state secretate. La sua successiva latitanza, avvenuta dopo la condanna di primo grado, non avrebbe dovuto, secondo la difesa, annullare il valore di tale collaborazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato, confermando integralmente la condanna inflitta dalla Corte di Appello di Milano. I giudici hanno ritenuto le motivazioni dei gradi di merito logiche, coerenti e immuni da vizi di legittimità, respingendo le censure difensive come tentativi di ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti.

Le Motivazioni: L’Aggravante dell’Ingente Quantità Stupefacenti

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi dei criteri per l’applicazione dell’aggravante dell’ingente quantità stupefacenti. La Corte ha ribadito che il solo superamento del parametro quantitativo, fissato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenze ‘Biondi’ e ‘Polito’) in 2.000 volte il valore-soglia massimo detenibile, non è di per sé sufficiente a far scattare automaticamente l’aggravante.

È necessaria una valutazione complessiva da parte del giudice di merito, che deve considerare ulteriori elementi per accertare la concreta pericolosità della condotta. Nel caso di specie, i giudici hanno correttamente valorizzato:

* Il non modesto superamento della soglia: Il principio attivo di cocaina era pari a 1.799,7 grammi, a fronte di un limite di 1.500 grammi.
* L’elevato numero di dosi ricavabili: Quasi 12.000 dosi, in grado di soddisfare le richieste di moltissimi consumatori.
* Il contesto dello spaccio: L’attività si svolgeva in una zona boschiva estesa, frequentata da tossicodipendenti e di difficile controllo da parte delle forze dell’ordine.

Questi elementi, valutati congiuntamente, hanno giustificato la configurazione dell’aggravante, poiché dimostravano un grave pericolo per la salute pubblica.

Il Rigetto dell’Attenuante per Collaborazione

Anche il motivo relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante speciale per la collaborazione è stato respinto. La Corte ha ritenuto logica la conclusione dei giudici di appello, secondo cui il contributo offerto dall’imputato era stato completamente vanificato dalla sua successiva condotta. Sottraendosi agli arresti domiciliari e rendendosi irreperibile, l’imputato ha infatti impedito lo svolgimento di ulteriori interrogatori e del suo esame dibattimentale, frustrando così le finalità investigative e processuali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La pronuncia in esame consolida due principi fondamentali in materia di reati legati agli stupefacenti:

1. Valutazione qualitativa, non solo quantitativa: Per l’aggravante dell’ingente quantità stupefacenti, il dato numerico è un punto di partenza, ma non di arrivo. Il giudice deve sempre compiere un’analisi approfondita del caso concreto, valutando la pericolosità complessiva della condotta e il potenziale danno alla salute e all’ordine pubblico.
2. La collaborazione deve essere effettiva e costante: L’ottenimento di benefici premiali, come l’attenuante prevista dall’art. 73, comma 7, del d.P.R. 309/1990, è subordinato a un comportamento processuale coerente. Condotte successive che pregiudicano l’accertamento della verità, come la fuga, possono neutralizzare il valore di una precedente collaborazione.

Quando si configura l’aggravante dell’ingente quantità di stupefacenti?
Non è sufficiente il mero superamento della soglia numerica (2.000 volte il valore massimo tabellare). La sentenza chiarisce che il giudice deve effettuare una valutazione complessiva che tenga conto anche di altri indici, come l’elevato numero di dosi ricavabili e la pericolosità della condotta per la salute pubblica, per poter applicare l’aggravante.

Una collaborazione iniziale con le autorità garantisce sempre l’applicazione di un’attenuante?
No. Secondo la Corte, una condotta successiva dell’imputato, come la fuga dagli arresti domiciliari, può annullare completamente il valore del contributo conoscitivo offerto in precedenza, vanificando la possibilità di ottenere l’attenuante speciale per la collaborazione.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo?
No. Il ruolo della Corte di Cassazione è quello di giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare che le leggi siano state applicate correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e priva di contraddizioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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