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Ingente quantità: prova e onere della motivazione

Un individuo, condannato per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha rigettato gran parte dei motivi, confermando la responsabilità penale, ma ha accolto la censura relativa all’aggravante dell’ingente quantità. In assenza di un’analisi chimica che determini il principio attivo della droga sequestrata (oltre 3 kg di cocaina), i giudici hanno stabilito che la motivazione del giudice di merito deve essere particolarmente rigorosa per dimostrare il superamento della soglia legale. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata su questo punto con rinvio alla Corte d’Appello per la rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingente quantità di droga: quando la prova non è scontata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14757 del 2025, affronta un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: la prova dell’aggravante della ingente quantità. La decisione chiarisce che, in assenza di analisi chimiche sulla purezza della droga, il giudice deve fornire una motivazione eccezionalmente solida per poter ritenere sussistente tale aggravante, che comporta un notevole aumento della pena. Questo principio garantisce che una condanna così severa si basi su certezze probatorie e non su mere presunzioni.

Il caso in esame: traffico di droga e ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e per specifici episodi di importazione di droga. La condanna si basava su un’articolata attività investigativa, comprensiva di intercettazioni telefoniche.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. Tra questi, il più rilevante riguardava la contestazione dell’aggravante dell’ingente quantità per un sequestro di circa 3.8 kg di cocaina. La difesa sosteneva che, non essendo mai stata eseguita un’analisi qualitativa per determinare la percentuale di principio attivo, non vi era la prova certa che la quantità di sostanza pura superasse la soglia minima definita dalla giurisprudenza per l’applicazione dell’aggravante.

L’aggravante di ingente quantità e la prova del principio attivo

L’articolo 80, comma 2, del D.P.R. 309/1990 prevede un forte aumento di pena se la quantità di sostanze stupefacenti è ingente. Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza ‘Biondi’ del 2012) hanno stabilito un criterio numerico: l’aggravante è di norma ravvisabile quando la quantità di principio attivo è superiore a 2.000 volte il valore massimo detenibile (valore-soglia).
Il problema sorge quando, come nel caso di specie, manca l’analisi di laboratorio. La Corte d’Appello aveva ritenuto ugualmente sussistente l’aggravante basandosi su elementi indiretti, come le conversazioni tra i correi che facevano riferimento alla ‘purezza’ della droga e all’affidabilità del fornitore. Secondo i giudici di merito, questi elementi erano sufficienti a superare il dubbio sulla notevole quantità di principio attivo presente nella sostanza sequestrata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso relativo all’ingente quantità. Pur riconoscendo che in linea teorica l’aggravante possa essere provata anche con elementi logici e indiziari, i giudici hanno sottolineato che la motivazione del giudice di merito deve essere particolarmente rigorosa.
Nella sentenza impugnata, secondo la Cassazione, mancava un passaggio fondamentale: un riferimento specifico al complessivo principio attivo o, in alternativa, al numero di singole dosi ricavabili. Questi dati sono essenziali per consentire una valutazione oggettiva e superare il ragionevole dubbio che la quantità di sostanza pura fosse, in realtà, inferiore alla soglia delle 2.000 dosi. Gli elementi utilizzati dalla Corte d’Appello (conversazioni sulla qualità della droga) sono stati considerati troppo generici e non sufficienti a fondare, con la necessaria certezza, il riconoscimento dell’aggravante.
Per questo motivo, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente a questo punto, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Brescia.

Conclusioni

La decisione in commento ribadisce un principio di garanzia fondamentale: la gravità di un’accusa, come quella legata all’ingente quantità di stupefacenti, deve essere supportata da prove certe o, in loro assenza, da un percorso logico-motivazionale inattaccabile. Non è sufficiente basarsi su presunzioni o su elementi indiziari generici. La Corte d’Appello dovrà ora riconsiderare il punto, e in assenza di nuovi elementi probatori, dovrà escludere l’aggravante, procedendo a una rideterminazione della pena in senso più favorevole all’imputato. La sentenza, invece, è diventata definitiva riguardo all’accertamento della responsabilità per i reati contestati.

Quando si applica l’aggravante dell’ingente quantità di droga?
Secondo la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite della Cassazione, questa aggravante si applica di norma quando il quantitativo di principio attivo della sostanza è superiore a 2.000 volte il valore massimo tabellarmente indicato come detenibile per uso personale.

È possibile provare l’ingente quantità senza un’analisi chimica della sostanza?
Sì, ma la sentenza impugnata deve contenere una motivazione particolarmente rigorosa. Il giudice deve fare riferimento a elementi oggettivi, come il numero di singole dosi ricavabili dal valore ponderale globale, per superare ogni ragionevole dubbio che il quantitativo di principio attivo sia inferiore alla soglia legale.

La restituzione nel termine per appellare una sentenza in contumacia dà diritto automatico al rito abbreviato?
No. La restituzione nel termine per appellare consente all’imputato di chiedere al giudice d’appello di essere ammesso a un rito alternativo, come il rito abbreviato. Tuttavia, non è un diritto automatico e deve essere oggetto di una richiesta esplicita e specifica, distinta dal semplice consenso all’acquisizione degli atti di indagine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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