Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34692 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34692 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sui* ricorsi proposti da:
NOME ( CODICE_FISCALE ) nato a TECUCI( ROMANIA) il DATA_NASCITA il
NOME ( CODICE_FISCALE ) nato a TECUCI( ROMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 14/11/2024 ricorrono gli imputati NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME ientrambi condannati per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere detenuto in concorso oltre 122 kg. di hashi44 suddivisi in 1167 panetti, oltre a ‘jh kg. 1, 035 di marivana in due buste. I motivi sono in parte sovrapponibili e si riassumono di seguito ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen..
Ricorso di NOME COGNOME NOME
Lamenta la difesa, innanzi tutto, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per contraddittorietà o illogicità della motivazione contestando l’affermazione e l’argomentazione con cui si desume il ruolo di corriere dello stupefacente svolto dall’imputato.
La difesa mette in luce le dichiarazioni rese dall’imputato, ritenute attendibili dalla difesa stessa sulla base degli accertamenti sul telefono cellulare e sulla messaggistica, ma senza ricevere adeguata considerazione nel corpo della motivazione. Sicché la motivazione sarebbe mancante essendo priva di passaggi esplicativi specifici circa il ruolo di corriere dello stupefacente svolto dall’imputato.
Il secondo motivo di ricorso verte sulla mancata acquisizione di una prova decisiva che riveli, ove assunta, un esito diverso della decisione. Non si registra un riferimento specifico da parte della difesa alla prova che in concreto si sarebbe dovuta assumere.
Il terzo motivo critica la motivazione circa l’aggravante dell’art. 80, comma 2, d.RR. n. 309 del 1990 per la mancata analisi tossicologica sulla totalità dei panetti di stupefacenti sequestrati. A parere della difesa, tenuto conto della giurisprudenza e in particolare della sentenza delle Sez. U. n. 36258 del 25 /05/2012, COGNOME, Rv. 253150, deve escludersi qualsiasi automatismo applicativo disancorato dalla rigorosa verifica delle circostanze del caso concreto anche in relazione al principio attivo.
Con il quarto motivo di ricorso la difesa di NOME lamenta la carenza di motivazione circa la revoca della sospensione condizionale della pena; in particolare sostiene il ricorrente che il giudice di appello in tema di sospensione condizionale della pena ripete il proprio potere di revocare il beneficio dalla disciplina dettata in materiesecuzione ex art. 674, comma 1bis, cod.proc.pen. secondo cui il giudice revoca il beneficio quando rileva l’esistenza delle condizioni di cui all’art. 168, comma 3, cod.pen., cioè quando
è stata concessa in presenza di cause ostative. Secondo tale disciplina, come letta da Sez. U. n. 37345 del 23/04/2015, COGNOME, Rv 268341, a parere della difesa, sembra ragionevole che il giudice di appello Ìp revocare di ufficio la sospensione solo se le cause ostative non fossero documentalmente già note al giudice di primo grado. Considerazione che non è possibile fare nel caso della sentenza impugnata.
Ricorso di NOME
Con un primo motivo di ricorso NOME lamenta la contraddittorietà e illogicità del passaggio di’pag. 7 della motivazione ove, a parere della difesa, si ascrive il reato a NOME solo mediante un rinvio per relationem alle tesi avanzate dall’accusa, non fornendo un’adeguata e congrua motivazione definita “a dir poco evanescente” rispetto alle doglianze presentate in appello.
Il passo della motivazione aggredito dal primo motivo di ricorso di COGNOME riguarda l’argomentazione per cui viene tratta la prova della partecipazione dei due imputati al fatto loro ascritto dalle dichiarazioni degli operanti di p.g. che riferiscono quanto da loro osservato mentre gli imputati si muovevano con un’auto con la quale peraltro parcheggiavano, per recarsi, entrare e uscire dall’abitazione di INDIRIZZO in Guidonia Montecelio (ove veniva trovato lgran parte dello stupefacente custodito in frigorifero), per evidenziare che all’interno dell’auto gli operanti trovavano le chiavi di tale appartamento dove era rinvenuto anche il telefono cellulare di NOME.
Con il secondo motivo di ricorso NOME lamenta un altro travisamento dei fatti in relazione alla prova della conoscenza dell’esistenza dello stupefacente in auto e nell’appartamento. Il ricorso aggredisce il passo della motivazione in cui si ritiene che NOME abbia avuto consapevolezza della presenza dello stupefacente flashish e marijuand)nell’auto e nell’abitazione, in ragione della inverosimiglianza della mancata consapevolezza da parte di NOME, della presenza di oltre 122 kg di stupefacente. A parere della difesa, la Corte di appello spiega la consapevolezza della presenza dello stupefacente con un ragionamento presuntivo ed arbitrario che si sottrae ad una lettura globale e complessiva della vicenda, evitando così di dare risalto ad alcune prove di segno diverso che avrebbero portato ad un risultato diverso. La motivazione impugnata si è limitata ad una sintesi degli atti di indagine compiuti richiamando la sentenza di primo grado, con la conseguenza che un A diversa e più complessiva lettura avrebbe dovuto portare, invece, ad una assoluzione ex art. 530, comma 2, cod.proc. pen.
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Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) in relazione all’art. 80, comma 2, d. P.R. n. 309 del 1990 ritenendo che non vi siano prove sulla natura e sul principio attivo del quantitativo di stupefacente sequestrato. La critica difensiva si appunta sul mancato accertamento tecnico specifico per l’assenza di un’analisi tossicologica sulla totalità dei panetti sequestrati, che farebbe venir meno una prova sufficiente sulla quantità dello stupefacente rintracciato nell’abitazione e nell’auto.
Con il quarto motivo proposto, il ricorrente impugna la sentenza ai sensi della lett. b) dell’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. per il punto della motivazione in cui si esclude la concessione dell’attenuante ex art. 114 cod. pen.. In particolare sostiene la difesa che tale esclusione abbia trascurato che NOME non è stato visto con buste o contenitori con lo stupefacente e, quindi, la sua condotta risulta slegata da quella del coimputato, non essendo stato dimostrato l’accordo criminoso, complessivamente deponendo per la dimostrazione non dell’esistenza del concorso nella detenzione dell’ingente quantitativo di hashish e marijuana ma tutt’al più di una connivenza non punibile.
Con il quinto motivo di ricorso COGNOME aggredisce la logicità della motivazione per il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante i lamentando che la motivazione non ha spiegato le ragioni che hanno indotto il giudice di appello ad affermare la maggiore pregnanza dell’aggravante dell’ingente quantità di stupefacente rispetto agli elementi che depongono per la speciale attenuante ex art. 62-bis cod. pen..
Il Procuratore generale ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ricorso presentato da RAGIONE_SOCIALE
GLYPH Circa il primo motivo di ricorso presentato da NOME, inverok strettamente connesso al secondo i il Collegio osserva che il ricorso non spiega ma semplicemente asserisce genericamente che quanto esposto in motivazione sul ruolo dell’imputato produca una sentenza lacunosa o illogica. Invero la lettura del primo motivo, dopo aver riportato gli argomenti difensivi spesi nel giudizio di merito, cita la giurisprudenza senza un raccordo con le premesse. Quest’ultime peraltro costituiscono una mera generica riproposizione di argomenti valutativi sul contenuto delle prove raccolte la cui rivalutazione non
è ammessa nel giudizio di legittimità e costituisce causa di inammissibilità del ricorso.
Anche il secondo motivo è palesemente generico, e pertanto parimenti inammissibile, non facendo alcun riferimento specifico ad una prova in concreto e senza alcuna esplicazione di quale sarebbe stata la forza significante e determinante di una generica prova che non è stata assunta. Si noti che si è proceduto con rito abbreviato non condizionato, senza alcuna richiesta di integrazione probatoria o di allegazione, nemmeno in appello. Di talché, la lamentata lacuna probatoria è solo congetturale e quindi manifestamente infondata.
Anche a voler ritenere un riferimento per relationem a quanto esposto nel primo motivo – ma l’esposizione del secondo motivo non consente expressis verbis questo collegamento – la lettura del motivo de quo evidenzia un’incompletezza e, quindi, un’insufficienza espositiva, se non un’inesistenza, di argomenti. Anche il secondo motivo, pertanto, è inammissibile.
In ordine al terzo motivo di ricorso, la difesa si confronta con la giurisprudenza in tema di aggravante dell’ingente quantità di stupefacenti ex art. 80, comma 2, ma in relazione alla motivazione si limita ad asserire che costituisce “un grave errore non coniugare il dato quantitativo con quello qualitativo”.
Al riguardo il Collegio deve osservare che la valutazione sul quantitativo di stupefacente, per dedurne l’applicazione della circostanza aggravante de qua, è rimessa al giudice di merito, il quale deve esporre i parametri di giudizio, tenendo conto del caso concreto e dell’esito delle analisi. Al netto delle valutazioni probatorie di merito, non riproponibili in sede di legittimità, il Collegio osserva che la motivazione, riguardo l’aggravante in parola, si è mossa in linea con Sez. U. n. 36258 del 25 /05/2012, COGNOME che detta criteri univoci basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile.
Sulla base di tale giurisprudenza, non c’è dubbio che la motivazione impugnata, in ragione del peso di 122, 280 kg. di hascisc e di oltre 1 kg di marijuana, abbia ritenuto correttamente che si sia raggiunta la soglia minima atteso che la quantità risulta notevolmente superiore a 4.000 volte il valore massimo in milligrammi per le c.d. droghe leggere, ex d.m. 11 aprile 2016, e di conseguenza integrata l’aggravante contestata. Il terzo motivo è pertanto da rigettare.
Quanto al quarto motivo di ricorso, il Collegio osserva che il presupposto dell’argomento difensivo volto ad aggredire il potere del giudice di appello di revocare la sospensione condizionale della pena si fonda su una
forzatura logica che cerca di collegare il potere del giudice di appello e quello di esecuzione. Il ricorso richiama la giurisprudenza sull’art. 164, comma 4, cod. pen. laddove, invece, la sentenza applica al ricorrente l’art. 168 cod. pen. che impone la revoca di diritto nel caso in cui l’imputato abbia commesso un altro delitto nel quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva concesso il beneficio (Tribunale di Roma irrevocabile il 17/9/2020).
La mera forzatura logica conduce a ritenere infondato e, pertanto, da rigettare il quarto motivo di ricorso.
Ricorso COGNOME
Il primo e il secondo motivo di ricorso attengono ad una richiesta di rilettura e rivalutazione del materiale probatorio e possono trattarsi unitariamente.
Gli argomenti della difesa sono superficiali e non sviluppano una critica se non meramente assertiva, soprattutto ove prospetta un travisamento dei fatti senza esporre specificamente in cosa sarebbe consistita un’alterazione e una deformazione delle evidenze fattuali. Si tratta di un argomento apparente per potere inficiare la coerenza logica della motivazione, in quanto da un periodo della motivazione, peraltro esposto in modo logico e lineare, ritiene di dedurre elementi di prova di segno contrario, trascurando, peraltro, la coerenza del passaggio criticato con tutta l’attività istruttoria.
La critica generica ad un passo della motivazione non fa lievitare una convergente e argomentata critica alla logica della motivazione che non solo non appare claudicante, omissiva o contraddittoria ma sviluppa una congrua deduzione dalle dichiarazioni e dalle osservazioni degli operatori di p.g. nonché dell’esito delle perquisizioni. Da tale materiale probatorio la motivazione argomenta in modo esauriente, convincente e coerente il ruolo compartecipativo di NOME nella consapevole detenzione di un ingente quantitativo di stupefacente, in gran parte custodito dentro il frigorifero in centinaia di panetti, ed altro in auto.
In particolare, circa il secondo motivo di ricorso il Collegio evidenzia che – anche ove la motivazione legittimamente richiama per relationem la decisione di primo grado con la quale si salda coerentemente – la critica difensiva si impernia sulla mancata disamina degli elementi portati dalla difesa. Si deve osservare, però, che tale critica conclude asseritamente, senza indurre un diverso ragionamento probatorio, per la violazione della regola dell’ «oltre ogni ragionevole dubbio», ma manca l’esposizione concreta di quale sia la deduzione probatoria che minerebbe la certezza processuale raggiunta in motivazione sulla posizione di COGNOME e, in particolare, sulla sua
compartecipazione criminosa; così come manca l’esplicazione di quale sia l’effettiva illogicità o contraddittorietà della motivazione.
Il Collegio ritiene pertanto di dover rigettare il motivo.
In ordine al quarto motivo di ricorso, circa la critica alla mancata concessione dell’attenuante ex art. 114 cod.pen., il Collegio osserva l’infondatezza della critica alla motivazione che, innanzi tutto, insinua una sostanziale richiesta di rivalutazione probatoria riservata al giudice di merito sulla dimostrazione degli elementi raccolti, non ammissibile in sede di legittimità, soprattutto ove ritiene di mutare gli elementi che porrebbero a favore della partecipazione di minima importanza, per dedurne l’indice di una mera connivenza non punibile. Non convince per l’intrinseca contraddittorietà del motivo, da un lato la prospettata connivenza che porterebbe all’esclusione del concorso di persone, e dall’altro la richiesta di esaminare la logica della motivazione ove esclude l’applicazione dell’art. 114 cod. pen., peraltro volendo utilizzare un metro di giudizio fondato su parametri incerti. Al riguardo si noti che nella struttura complessiva della motivazione impugnata emerge che il ruolo di COGNOME non va considerato soltanto relativamente a un singolo frammento della condotta ma piuttosto in relazione all’economia criminale della detenzione di un ingente quantitativo. La considerazione che traspare in modo logico dalla lettura della motivazione riguarda la possibilità di una detenzione di importante valore quantitativo, e quindi economico, realizzabile soltanto attraverso rapporti affidabili nel mercato degli stupefacenti. Di talché il ruolo effettivo di COGNOME è spiegato non sul piano semplicemente materiale del concorso nella detenzione dello stupefacente ma più ampiamente partecipativo; tale, da escludere l’applicazione dell’art. 114 cod.pen.. Anche il quarto motivo, pertanto, deve essere rigettato.
Il quinto motivo di ricorso è inammissibile. La difesa sostanzialmente chiede una rivalutazione probatoria, aggredendo succintamente la logicità della motivazione per il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante. Si lamenta che la motivazione non ha spiegato le ragioni che hanno indotto il giudice di appello ad affermare la maggiore pregnanza dell’aggravante dell’ingente quantità di stupefacente. Ma al netto dell’assenza di un effettivo argomento che critichi il giudizio di comparazione tra circostanze, il motivo insinua una sostanziale riproposizione non del percorso logico della sentenza ma di rivalutazione degli elementi che conducono alla modulazione della pena in relazione alal gravità dei fatti.
Pertanto, il quinto motivo di ricorso è inammissibile.
Il Collegio, in conclusione rigetta i ricorsi e condanna, di conseguenza, i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2025
Il Consigliere estensore