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Ingente quantità di droga: quando scatta l’aggravante

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha confermato la sussistenza dell’aggravante per l’ingente quantità di droga, basandosi sul superamento significativo della soglia di principio attivo (oltre 300 grammi in più rispetto ai 2000 milligrammi di riferimento) e sul ruolo di corriere svolto dall’imputato. Il ricorso è stato respinto in quanto mera riproposizione di censure già esaminate e disattese nei gradi di merito.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingente Quantità di Droga: la Cassazione Conferma la Condanna per un Corriere

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8424 del 2024, ha affrontato un caso cruciale in materia di stupefacenti, consolidando i criteri per l’applicazione dell’aggravante legata all’ingente quantità di droga. La pronuncia ribadisce che la valutazione non si limita a un mero calcolo numerico, ma deve considerare il contesto complessivo dell’azione illecita. La decisione di dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato, che svolgeva il ruolo di corriere, offre importanti spunti sulla valutazione delle prove e sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Bari per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. La condanna è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bari. In entrambi i gradi di giudizio, è stata riconosciuta la sussistenza della circostanza aggravante speciale prevista dall’art. 80, co. 2, del d.P.R. 309/1990, relativa all’ingente quantità della sostanza detenuta.

L’imputato, agendo in qualità di corriere, era stato trovato in possesso di un quantitativo di stupefacente il cui principio attivo superava di circa 300 grammi la soglia-valore di 2000 milligrammi. Insoddisfatto della decisione di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando principalmente due aspetti: la legittimità del riconoscimento dell’aggravante e l’adeguatezza del trattamento sanzionatorio.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su due motivi principali:
1. Vizio di legge e di motivazione: si contestava il riconoscimento dell’aggravante dell’ingente quantità di droga, sostenendo che non fosse stata adeguatamente provata o motivata.
2. Trattamento sanzionatorio: si lamentava un’eccessiva severità della pena applicata.

La Suprema Corte ha respinto entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno osservato che il primo motivo di ricorso non faceva altro che riproporre le stesse argomentazioni già vagliate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. Per quanto riguarda il secondo motivo, la motivazione della sentenza impugnata sul trattamento sanzionatorio è stata ritenuta congrua e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità, dove il giudizio è limitato alla violazione di legge e non al merito delle valutazioni discrezionali del giudice.

Le Motivazioni: Perché l’aggravante per ingente quantità di droga è stata confermata?

La Corte di Cassazione ha ritenuto la decisione dei giudici di merito pienamente corretta e logicamente argomentata. La motivazione si fonda su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, il dato quantitativo oggettivo: lo stupefacente sequestrato superava in modo significativo la soglia limite del principio attivo. Questo superamento, pari a circa 300 grammi, è stato considerato di per sé un elemento di notevole gravità.

In secondo luogo, il ruolo specifico dell’imputato. Il fatto che egli agisse come “corriere” è stato interpretato come un indice di piena consapevolezza e di inserimento qualificato nel mercato illecito. Questo ruolo implica una partecipazione attiva e cruciale nella catena dello spaccio, che va oltre la mera detenzione e giustifica un trattamento più severo. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha correttamente collegato questi due elementi, fornendo una motivazione solida e priva di vizi logici che giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame consolida alcuni principi di fondamentale importanza pratica. Innanzitutto, chiarisce che un ricorso per Cassazione non può limitarsi a una sterile riproposizione delle tesi già sconfessate nei gradi precedenti, ma deve individuare specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata. In caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro).

Inoltre, la decisione ribadisce che la valutazione dell’ingente quantità di droga non è un automatismo legato solo al superamento di una soglia, ma una valutazione complessa che tiene conto del contesto, come il ruolo del soggetto nell’organizzazione criminale. Agire come corriere è un fattore che aggrava la posizione dell’imputato, poiché dimostra un coinvolgimento consapevole e strutturato nel traffico di stupefacenti.

Quando si applica l’aggravante per l’ingente quantità di droga?
Secondo questa ordinanza, l’aggravante si applica non solo quando il principio attivo supera notevolmente le soglie legali (nel caso specifico, 300 grammi oltre il limite di 2000 milligrammi), ma anche considerando il contesto e il ruolo dell’imputato, come quello di corriere, che indica una partecipazione consapevole all’attività di spaccio.

È possibile presentare ricorso in Cassazione riproponendo le stesse argomentazioni già respinte in Appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un ricorso che si limita a riproporre le medesime censure già adeguatamente esaminate e disattese dal giudice di merito è inammissibile. Il ricorso deve individuare vizi di legittimità specifici e non contestazioni di merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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