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Ingente quantità: Cassazione sulla pedopornografia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35918/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per produzione e detenzione di materiale pedopornografico. La Corte ha confermato che l’aggravante della “ingente quantità” si valuta in termini assoluti (in questo caso, centinaia di file), senza considerare il rapporto con altri file leciti. Inoltre, ha ribadito che per il reato di produzione di tale materiale non è necessario provare il concreto pericolo di diffusione, in quanto il reato si perfeziona con la creazione stessa del contenuto illecito.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingente Quantità e Materiale Pedopornografico: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha consolidato principi fondamentali in materia di reati di pedopornografia, soffermandosi in particolare sulla circostanza aggravante della ingente quantità di materiale. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere come la giurisprudenza valuti la gravità di tali condotte e quali siano gli elementi costitutivi del reato di produzione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per produzione e detenzione di materiale pedopornografico. L’imputato, dopo la conferma della condanna in appello, ha presentato ricorso in Cassazione basato su tre motivi principali. In primo luogo, contestava l’applicazione dell’aggravante della “ingente quantità”, sostenendo che la valutazione dovesse essere relativa e non assoluta. In secondo luogo, affermava l’insussistenza del reato per mancanza di prova della destinazione del materiale alla divulgazione, essendo conservato in un account privato. Infine, sollevava questioni sulla consulenza tecnica che lo aveva identificato come autore degli scatti.

L’Aggravante di Ingente Quantità: Un Criterio Assoluto

Il primo e più significativo punto affrontato dalla Corte riguarda la corretta interpretazione dell’aggravante della ingente quantità, prevista dall’articolo 600-quater del codice penale. L’imputato sosteneva che il numero di file illeciti (circa 450 tra video e immagini) dovesse essere rapportato al totale dei file presenti sui suoi dispositivi, per valutarne l’effettiva incidenza.

La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi. Citando una giurisprudenza ormai consolidata, ha ribadito che il dato quantitativo deve essere inteso in senso assoluto. Non rileva il rapporto tra file leciti e illeciti; ciò che conta è il numero oggettivo di immagini e video a carattere pedopornografico. La Corte ha precisato che la detenzione di un quantitativo espresso nell’ordine delle centinaia di file integra senza dubbio l’aggravante, trattandosi di un apprezzamento di fatto che, se logicamente motivato dal giudice di merito, è insindacabile in sede di legittimità. La censura dell’imputato è stata quindi giudicata generica e, pertanto, inammissibile.

Produzione di Materiale Illecito: Il Pericolo di Diffusione non è Necessario

Un altro argomento centrale del ricorso era l’assenza di prove relative alla volontà di diffondere il materiale. L’imputato evidenziava come le foto fossero state conservate in un’area privata di un’applicazione di messaggistica, senza essere condivise.

Anche su questo punto, la Corte Suprema ha fornito una risposta netta, richiamando le pronunce delle Sezioni Unite. Per l’integrazione del reato di produzione di materiale pedopornografico (art. 600-ter, comma 1, c.p.), non è richiesto l’accertamento del concreto pericolo di diffusione. Il reato si configura come un reato di danno, che si perfeziona con la mera creazione del contenuto illecito. La moderna tecnologia, con la pervasiva diffusione di smartphone e social network, rende il pericolo di circolazione intrinseco e quasi inevitabile, superando orientamenti giurisprudenziali più datati che richiedevano una destinazione del materiale al “mercato” della pedofilia. La condotta è punita per il danno arrecato al minore nel momento stesso in cui viene utilizzato per creare l’immagine pornografica.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. Le motivazioni si fondano su principi chiari. Per quanto riguarda l’aggravante, la valutazione della ingente quantità è una questione di merito basata su un dato oggettivo e assoluto, correttamente applicato dai giudici dei gradi precedenti. Per il reato di produzione, è stato ribadito che l’offesa al bene giuridico tutelato si consuma con la creazione del materiale, rendendo irrilevante la successiva intenzione di divulgarlo. Infine, le critiche alla consulenza tecnica sono state ritenute un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità. Allo stesso modo, il terzo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché non era stato precedentemente sollevato nei motivi di appello, determinando una preclusione processuale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida due principi cardine nella lotta ai reati di pedopornografia. In primo luogo, definisce l’aggravante della ingente quantità come un criterio puramente numerico e assoluto, semplificandone l’accertamento e rafforzando la risposta sanzionatoria di fronte a condotte di particolare gravità. In secondo luogo, conferma che il disvalore del reato di produzione risiede nell’atto stesso dello sfruttamento del minore per creare il contenuto illecito, a prescindere da ciò che l’autore intenda farne successivamente. Si tratta di una decisione che allinea il diritto alla realtà tecnologica, riconoscendo l’elevatissimo potenziale di diffusione implicito in qualsiasi contenuto digitale.

Quando si configura l’aggravante della “ingente quantità” nella detenzione di materiale pedopornografico?
Secondo la sentenza, l’aggravante si configura sulla base del numero assoluto di file (immagini e video) detenuti. Una quantità nell’ordine delle centinaia è considerata “ingente”, e non è rilevante il rapporto con il numero di altri file di natura lecita presenti sugli stessi supporti informatici.

Per il reato di produzione di materiale pedopornografico è necessario dimostrare l’intenzione di diffonderlo?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini dell’integrazione del reato di produzione di materiale pedopornografico (art. 600-ter c.p.), non è richiesto l’accertamento del concreto pericolo di diffusione. Il reato si perfeziona con la sola creazione del materiale.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione tecnica su come sono state scattate delle fotografie?
No, la Cassazione ha ritenuto inammissibile tale censura. La valutazione degli elementi di fatto, come l’analisi di una consulenza tecnica sull’altezza dello scatto di una fotografia, è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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