La Corte d’Appello di Campobasso, in data 24 ottobre 2024, confermava la sentenza del Tribunale di Campobasso di condanna di XXX, in qualità di legale rappresentante pro tempore della YYY srl e quindi datore di lavoro, in ordine al reato di cui all’art. 590 cod. pen. in danno del lavoratore dipendente ZZZ (commesso in Campobasso il 16 marzo 2018) alla pena di mesi 6 di reclusione.
Il processo aveva ad oggetto un infortunio sul lavoro, descritto dalle conformi sentenze di merito nel modo seguente.
Alla data su indicata, ZZZ era impegnato a scaricare della merce (cementi, tubi, attrezzi) da un furgone da cantiere; mentre egli era intento a movimentare tale materiale, un tubo di cemento per fognature del peso di oltre 40 kg. era caduto sulle dite della sua mano sinistra, cagionandogli lesioni personali, consistite nella frattura scomposta pluriframmentaria della testa della falange prossimale del secondo dito e l’infrazione della testa della falange intermedia del terzo dito, dalle quali era derivata una malattia della durata di 140 giorni.
L’addebito di colpa nei confronti dell’imputato è stato individuato nella imprudenza, negligenza e imperizia e violazione degli artt. 18 comma 1 lett. f), 37 comma 1 e 169 comma 1 d.lgs 9 aprile 2008 n. 81, per aver omesso di formare adeguatamente il lavoratore e di impartirgli disposizioni sui rischi e sulle azioni da intraprendere nella movimentazione dei carichi manuali.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato.
Incontestata la dinamica dell’infortunio e l’assenza di qualsivoglia attività di formazione e informazione del lavoratore dipendente, assunto dapprima con contratto di lavoro a tempo determinato (dal 29 gennaio 2018 al 15 febbraio 2018) e poi (dal mese di marzo 2018) con contratto di lavoro a tempo indeterminato, il tema della prevedibilità e della prevenibilità dell’infortunio era stato adeguatamente affrontato dai giudici di merito.
Il Tribunale aveva osservato che era stata la movimentazione manuale del carico a determinare la caduta del tubo, sicché era ragionevole ritenere che ove il lavoratore fosse stato correttamente istruito sulle modalità di movimentazione manuale dei carichi l’infortunio non si sarebbe verificato.
Non è circostanza imprevedibile -prosegue il Tribunale- che tubi accatastati su un furgone assieme ad altro materiale di varia specie possono scivolare e colpire i lavoratori che stanno scaricando quel materiale: d’altronde le regole relative alla corretta movimentazione manuale di carichi valgono proprio a prevenire il rischio specifico di caduta disordinata degli stessi con conseguente lesione dell’incolumità fisica del lavoratore.
In coerenza con tale assunto, la Corte ha ribadito la responsabilità del datore di lavoro per non aver ottemperato all’obbligo di fornire al lavoratore assunto una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza con particolare riferimento al posto di lavoro e alle mansioni a cui è addetto e ha affermato che, laddove il datore di lavoro non adempia a tale obbligo, l’omessa formazione potrà essere considerata causa dell’ infortunio verificatosi in conseguenza della mancata consapevolezza da parte del lavoratore dei rischi connessi alla lavorazione e del modo in cui ovviare a tali rischi.
L’iter argomentativo seguito è rispettoso del dettato normativo e dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.
Le nozioni di informazione, formazione e addestramento sono definite nel d.lgs. n. 81/08 all’art. 2, lettere aa), bb) e cc) dove si legge che:
-la “formazione” è il «processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi»;
-I’ “informazione” è il «complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro»;
-I’ “addestramento” è il «complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro».
L’art. 37 d.lgs. n. 81/08 nei primi tre commi disciplina i contenuti e le modalità della formazione e dell’informazione e stabilisce al quarto comma che debbano avvenire – unitamente all’addestramento specifico «ove previsto» – «in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose».
L’obbligo di fornire adeguata formazione ai lavoratori è uno dei principali gravanti sul datore di lavoro, ed in generale sui soggetti preposti alla sicurezza del lavoro (Sez. 4, n. 41707 del 23 settembre 2004, Bonari, Rv. 230257; Sez. 4, n. 6486 del 3 marzo 1995, Grassi, Rv. 201706).
Il datore di lavoro risponde dell’infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi connessi alle mansioni, anche in correlazione al luogo in cui devono essere svolte (Sez. 4, n. 49593 del 14/06/2018, T., Rv. 274042 – 01; Sez. 4, n. 45808 del 27 giugno 2017, Catrambone ed altro, Rv. 271079).
È, infatti, tramite l’adempimento di tale obbligo che il datore di lavoro rende edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti (Sez. 4, n. 11112 del 29 novembre 2011, P.C. in proc. Bortoli, Rv. 252729).
Ove egli non adempia a tale fondamentale obbligo, sarà chiamato a rispondere dell’infortunio occorso al lavoratore, laddove l’omessa formazione possa dirsi causalmente legata alla verificazione dell’evento, ovvero laddove sia accertato che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo (ex multis, Sez. Un., n. 30328 del 10 luglio 2002, Franzese, Rv. 222138).
Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza n. 15697 del 22 aprile 2025
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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