LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Infedeltà patrimoniale: il socio può denunciare?

La Corte di Cassazione analizza un caso di infedeltà patrimoniale in cui un manager ha modificato un contratto a svantaggio della società gestita per favorirne una a lui riconducibile. La Corte stabilisce che, per questo reato, il singolo socio è persona offesa e ha piena legittimità a sporgere querela, non essendo tale diritto riservato solo alla società. Sebbene il reato sia stato dichiarato prescritto, la Corte ha confermato le statuizioni civili, annullando con rinvio solo la parte relativa alla liquidazione del danno non patrimoniale per un difetto di motivazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Infedeltà patrimoniale: La Cassazione chiarisce i ruoli di socio e amministratore

Il reato di infedeltà patrimoniale, previsto dall’art. 2634 del codice civile, rappresenta una delle tutele fondamentali per la salute economica delle società. Ma cosa succede quando l’amministratore agisce contro gli interessi dell’azienda per un tornaconto personale? E chi ha il diritto di denunciare tale condotta? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questi aspetti, analizzando il caso di un manager di un noto gruppo musicale che ha agito in conflitto di interessi. La decisione chiarisce in modo definitivo che non solo la società, ma anche il singolo socio, è legittimato a sporgere querela.

I fatti del caso: la gestione conflittuale di un gruppo musicale

La vicenda riguarda l’amministratore di una società incaricata della gestione manageriale di un celebre trio musicale. L’amministratore ha modificato una clausola cruciale del contratto di management, rendendola peggiorativa per la società da lui gestita. La modifica limitava il diritto della società a percepire compensi solo sulle somme effettivamente incassate durante la vigenza del contratto, escludendo i guadagni derivanti da attività programmate ma la cui remunerazione sarebbe avvenuta dopo la scadenza.

Contemporaneamente, lo stesso amministratore ha stipulato un nuovo contratto di management tra il trio musicale e un’altra società a lui interamente riconducibile. Questo nuovo accordo avrebbe beneficiato direttamente delle minori entrate della prima società. A seguito di queste manovre, uno dei soci della società danneggiata ha sporto querela, dando inizio al procedimento penale.

Infedeltà patrimoniale e la legittimazione del singolo socio

Uno dei punti centrali del ricorso in Cassazione era la presunta invalidità della querela, in quanto presentata da un singolo socio e non dal liquidatore della società. La Corte ha rigettato con fermezza questa tesi, ribadendo un principio consolidato: nel reato di infedeltà patrimoniale, la persona offesa non è solo la società in quanto entità giuridica, ma anche il singolo socio.

La condotta dell’amministratore infedele, infatti, compromette direttamente l’integrità del patrimonio sociale, causando un depauperamento che si riflette inevitabilmente sul valore delle quote e, quindi, sul patrimonio personale di ogni socio. Di conseguenza, ogni socio ha un interesse diretto e personale alla repressione del reato e possiede, in modo autonomo e disgiunto dalla società, il diritto di presentare querela.

Analisi del danno e del conflitto d’interessi

La difesa dell’imputato sosteneva che la modifica contrattuale non fosse dannosa e che il vero danno derivasse dalla scelta della liquidatrice di recedere anticipatamente dal contratto. Anche su questo punto, la Cassazione ha ritenuto infondate le argomentazioni. I giudici hanno confermato che la valutazione del danno deve essere fatta al momento del compimento dell’atto di disposizione. La modifica era oggettivamente peggiorativa e idonea a causare un pregiudizio economico.

Inoltre, il conflitto di interessi è stato ritenuto effettivo e attuale. L’amministratore, stipulando un contratto a favore della propria nuova società, ha creato un antagonismo di interessi concreto con la società che era tenuto a gestire lealmente. La sua condotta era animata da un dolo specifico, ovvero la finalità di procurare a sé un ingiusto profitto, e da un dolo intenzionale, cioè la piena consapevolezza di arrecare un danno alla società.

La questione del risarcimento del danno non patrimoniale

Sebbene la Corte abbia confermato la responsabilità dell’amministratore, ha accolto un motivo di ricorso relativo alla liquidazione del danno. La sentenza è stata annullata limitatamente alle statuizioni civili riguardanti il danno non patrimoniale. Il giudice di primo grado aveva liquidato una somma a titolo di pretium doloris (sofferenza per la compromissione di un progetto professionale), mentre la costituzione di parte civile era stata ammessa per il danno all’immagine. La Corte d’Appello non aveva adeguatamente motivato questa apparente incongruenza. Il caso è stato quindi rinviato a un giudice civile per una nuova valutazione specifica su questo punto.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha riaffermato che la tutela penale dell’infedeltà patrimoniale si estende a proteggere non solo l’ente societario ma anche le posizioni individuali dei soci, i quali subiscono un danno diretto dal depauperamento del patrimonio sociale. Pertanto, la loro legittimazione a querelare è piena e autonoma. In secondo luogo, la Corte ha chiarito che la sussistenza del danno e del conflitto di interessi deve essere valutata al momento dell’azione dell’amministratore, indipendentemente da eventi successivi come il recesso contrattuale. Infine, la motivazione ha evidenziato come l’esperienza professionale dell’amministratore fosse un elemento chiave per dimostrare la sua piena consapevolezza (dolo) nel danneggiare la società per un profitto personale.

Le conclusioni

Questa sentenza offre importanti implicazioni pratiche. Conferma che gli amministratori hanno un inderogabile dovere di lealtà e non possono compiere atti che, anche indirettamente, creino un conflitto con gli interessi della società amministrata. Inoltre, rafforza la posizione dei soci di minoranza o di coloro che non partecipano alla gestione, garantendo loro uno strumento di tutela diretto – la querela – per difendere il proprio investimento da condotte infedeli. Infine, sottolinea la necessità di precisione nelle richieste di risarcimento in sede civile, distinguendo chiaramente tra le diverse voci di danno non patrimoniale per evitare annullamenti per vizi di motivazione.

In un caso di infedeltà patrimoniale, il singolo socio può sporgere querela o deve farlo la società tramite il suo legale rappresentante?
Sì, il singolo socio può sporgere querela. La Corte di Cassazione ha confermato che anche il socio è considerato persona offesa dal reato di infedeltà patrimoniale, in quanto la condotta dell’amministratore infedele danneggia direttamente anche il suo patrimonio personale. La sua legittimazione a proporre querela è autonoma e disgiunta da quella della società.

Come si valuta il danno patrimoniale alla società se il contratto dannoso viene poi interrotto anticipatamente per altre ragioni?
Secondo la sentenza, il danno e l’illiceità della condotta devono essere valutati al momento in cui l’atto di disposizione dannoso viene compiuto dall’amministratore. Eventi successivi, come la decisione di un liquidatore di recedere anticipatamente dal contratto, non eliminano la rilevanza penale dell’atto originario, che era già di per sé idoneo a causare un pregiudizio patrimoniale alla società.

È possibile che un amministratore agisca in conflitto di interessi anche se i benefici del suo nuovo accordo si manifesteranno solo dopo la fine del contratto con la vecchia società?
Sì. La Corte ha stabilito che il conflitto di interessi era effettivo, attuale e oggettivamente valutabile. L’atto di stipulare un contratto con una propria società in concorrenza con quella amministrata, e che ne avrebbe tratto vantaggio proprio grazie alle modifiche peggiorative apportate al primo contratto, costituisce un palese antagonismo di interessi, indipendentemente dal momento in cui i profitti si sarebbero concretizzati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati