Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7354 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7354 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FIRENZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
udito il difensore, AVV_NOTAIO NOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 14 dicembre 2021 la Corte d’appello di Firenze, riformando la decisione assolutoria di primo grado, ha condanNOME NOME COGNOME alla pena di giustizia, avendolo ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 223, secondo comma, n. 1, 216, I. fall. e 2634 cod. civ., per avere, nella qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, successivamente dichiarata fallita in data 10 giugno 2015, nel corso dell’assemblea del 24 aprile 2015 della RAGIONE_SOCIALE, società partecipata dalla prima e della quale il medesimo COGNOME era socio e co-amministratore, rinunciato al credito che la RAGIONE_SOCIALE vantava nei confronti della seconda per l’importo complessivo di 774.339,39.
Nell’interesse del COGNOME è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con il quale si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare: a) che il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE, in quanto assoggettato alla disciplina della postergazione di cui all’art. 2467 cod. civ., non sarebbe mai stato onorato, dal momento che il patrimonio della società debitrice era inc:apiente, con la conseguenza che la rinuncia costituiva un atto neutro; b) che, in tale contesto, doveva escludersi che l’agente si fosse rappresentato e avesse voluto un pregiudizio della società disponente, ossia che, anche a voler escludere la necessaria sussistenza, ai fini del perfezionamento GLYPH della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 2634 cod. civ., del dolo intenzionale di danno, ricorresse l’elemento psicologico del dolo diretto.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, il quale ha chieSto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, nonché memoria nell’interesse del ricorrente.
All’udienza del 26 settembre 2023 si è svolta la trattazione orale.
Considerato in diritto
La prima articolazione del motivo è infondata, dal momento che, su un piano AVV_NOTAIO la rinuncia ad un credito, in quanto atto abdicativo che
determina l’estinzione della pretesa, determina un pregiudizio per il creditore superiore a quello deriva dalla postergazione della pretesa rispetto altri crediti. Ma, anche a voler esaminare la questione in concreto, l’assunto del ricorrente, secondo il quale la debitrice non avrebbe potuto comunque adempiere, dal momento che l’esposizione ammontava a oltre sei milioni di euro, rispetto ad un patrimonio immobiliare di circa due milioni e mezzo di euro (questi gli unici dati valorizzati ed esaminabili nella presente sede di legittimità), trascura di considerare: a) il fatto che la capacità dell’imprenditore di adempiere va correlata dinamicamente all’idoneità dell’attività economica di generare profitti e non staticamente alla consistenza del suo patrimonio immobiliare (che, peraltro, potrebbe non esaurire il complesso dei rapporti facenti capo al debitore); b) le naturali evoluzioni nel tempo dei risultati dell’attività imprenditoriale.
Ne discende che è del tutto erronea una valutazione del pregiudizio prodotto dalla rinuncia al credito che sia fondata su un’analisi – peraltro parziale – di alcuni dei dati di rilievo contabile al momento in cui la rinuncia stessa si perfeziona.
È invece fondata la seconda articolazione del motivo.
Tenuto conto del tenore letterale dell’art. 2634 cod. civ., che circoscrive in termini rigidi la rilevanza penale delle condotte di infedeltà patrimoniale, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che, ai fini della configurabilità di siffatto reato societario, è necessario che ricorrano i seguenti presupposti: a) un interesse dell’amministratore in conflitto con quello della società; b) la “deliberazione” di un “atto di disposizione” di beni sociali; c) un evento di danno patrimoniale intenzionalmente cagioNOME alla società amministrata; d) il fine specifico, in capo all’agente, di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio (Sez. 5, n. 40446 del 04/06/2019, COGNOME, Rv. 277430 – 01; nella specifica prospettiva della verifica della c:ontinuità normativa sottolinea, tra l’altro, la necessità della sussistenza di un danno patrimoniale, intenzionalmente arrecato alla società e del ricordato dolo specifico, già Sez. 5, n. 29268 del 20/02/2007, COGNOME, Rv. 237599 – 01).
In altri termini, per la sussistenza del delitto del quale si tratta occorre che sia ravvisabile il fine di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto od altro vantaggio e la volontà direttamente orientata a cagionare un danno patrimoniale alla società, e dunque una componente soggettiva, indubbiamente, qualificabile in termini di dolo specifico.
L’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale il danno alla società nella cui sfera si producono gli effetti dell’atto dispositivo non deve costituire il fine di quest’ultimo, è disallineata con la giurisprudenza di questa Corte che valorizza appunto l’avverbio «intenzionalmente».
Ne discende l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze. Così deciso il 27/09/2023