Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12382 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12382 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 28/09/1978
avverso l’ordinanza del 15/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di Napoli udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 ottobre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha respinto l’istanza presentata dal condannato NOME COGNOME per veder dichiarata la sussistenza della situazione di cui all’art. 58-ter ord. pen., e respinto le istanze di misura alternativa.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto l’istanza di cui all’art. 58-ter ord. pen., in quanto ha rilevato che il condannato Ł stato soltanto un informatore di polizia, ma non un collaboratore di giustizia, e per giurisprudenza pacifica all’informatore di polizia non Ł estensibile il regime di cui all’art. 58-ter ord. pen.; di conseguenza, nei suoi confronti non era ancora decorso il limite minimo di espiazione pena che permette l’accesso alle misure alternative richieste.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore.
Con il primo motivo deduce che il Tribunale di sorveglianza ha frainteso l’istanza, che non era volta ad accertare la sussistenza di una collaborazione con la giustizia, ma era volta ad accertare l’inesigibilità della collaborazione, per poi ottenere le misure alternative della semilibertà e del lavoro esterno. I presupposti dell’applicazione dell’art. 58-ter ord. pen. vi sarebbero nel caso in esame perchØ il condannato, informando la polizia, ha impedito la esecuzione di ulteriori reati e dato prova di resipiscenza.
Con il secondo motivo deduce che il Tribunale di sorveglianza non ha valutato gli allegati all’istanza che avrebbero permesso di riconoscere in capo al condannato la sussistenza dei presupposti per l’accesso alle misure alternative. Erroneo Ł, inoltre, il parere del pubblico ministero che ha ritenuto che il condannato non potesse accedervi, in quanto non ha adempiuto le
obbligazioni pecuniarie, atteso che lo stesso aveva dato prova di non avere la possibilità di adempiere.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
La domanda che il 26 ottobre 2023 il ricorrente ha presentato al Tribunale di sorveglianza recava nella epigrafe la intitolazione ‘istanza ex art. 58 ter ord. pen.’, che Ł la norma che prevede che ‘i limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma 1 dell’articolo 21, del comma 4 dell’articolo 30 ter e del comma 2 dell’articolo 50, concernenti le persone condannate per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’articolo 4 bis, non si applicano a coloro che, anche dopo la condanna, si sono adoperati per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati’.
Nella parte conclusiva l’istanza formulava le seguenti conclusioni che chiedeva al Tribunale di accogliere: ‘si chiede al Tribunale di sorveglianza di dichiarare l’inesigibilità della collaborazione con la giustizia al fine di valutare contestualmente la concessione dei benefici richiesti, ovvero la semilibertà o il lavoro esterno’.
Pertanto, la lettura dell’istanza consente di comprendere con chiarezza che ciò che aveva chiesto il ricorrente al giudice del merito era di accertare l’inesigibilità della collaborazione.
In modo non coerente con l’oggetto di una istanza rivolta ad accertare la inesigibilità della collaborazione, però, nel corpo della stessa si evidenziava la concreta attività di collaborazione con la polizia svolta dal ricorrente all’epoca dei fatti, che, secondo la prospettazione del ricorso, avrebbe impedito anche la ulteriore protrazione dei reati (il ricorrente Ł stato condannato per il reato dell’art. 416-bis cod. pen., e per i reati degli artt. 73 e 74 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309), e la cui esistenza sarebbe sostenuta anche da dichiarazioni rese sul punto nei processi penali da ufficiali di polizia giudiziaria che danno atto di tale collaborazione, dichiarazioni che sono riportate per stralcio nella istanza.
L’istanza proseguiva evidenziando il corretto comportamento carcerario tenuto dal ricorrente, che lo aveva portato anche a ricevere encomi.
L’ordinanza impugnata ha respinto l’istanza evidenziando che, per giurisprudenza di legittimità consolidata, l’attività del ricorrente di informatore della polizia non Ł equiparata, ai fini della concessione dei benefici, a quella del collaboratore di giustizia.
Il ricorso deduce, come detto sopra, che il ricorrente non aveva mai chiesto di accertare la esistenza di una collaborazione con la giustizia, ma di accertare, al contrario, la inesigibilità della collaborazione.
Però, la circostanza evidenziata sia nella ordinanza impugnata che nel ricorso che il ricorrente avesse svolto in concreto l’attività di informatore della polizia e l’avesse anche aiutata ad impedire l’ulteriore protrazione dei reati Ł indice evidente – in assenza di allegazioni sulla totale esaustività delle indagini e del processo per accertare le responsabilità di entrambi i componenti dei sodalizi criminali di cui ha fatto parte l’imputato e di tutti i reati in cui Ł stato coinvolto – della esigibilità della collaborazione.
L’istanza, pertanto, non aveva un contenuto sufficiente perchØ potesse essere valutata la inesigibilità della collaborazione, atteso che nella giurisprudenza di legittimità si ritiene necessario che ‘nell’istanza ex art. 58 ter ord. pen. il condannato prospetti, almeno nelle linee generali, elementi
specifici circa l’impossibilità o l’irrilevanza della sua collaborazione tanto da consentire l’ottenimento del risultato desiderato, non essendovi dubbio che solo in tal caso Ł possibile valutare se la collaborazione del condannato sia impossibile perchØ fatti e responsabilità sono stati già completamente acclarati o irrilevante perchØ una posizione marginale nell’esecuzione dei delitti non avrebbe consentito di conoscere fatti e compartecipi pertinenti alla esecuzione di livello superiore (Sez. 1, n. 58075 del 26/10/2017, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 271616 – 01, in motivazione), contenuto che nell’istanza in esame mancava.
L’ordinanza impugnata ha ritenuto, poi, di porsi il problema ulteriore di valutare se l’attività di aiuto alle forze di polizia prestata dal condannato potesse essere interpretata come collaborazione con la giustizia, valutazione che pure gli avrebbe permesso l’accesso ai benefici, ma ha ritenuto, in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, Sentenza n. 45593 del 30/11/2010, COGNOME, Rv. 249174 – 01: In tema di benefici penitenziari, il permesso premio non può essere concesso al soggetto condannato per reati ostativi previsti dall’art. 4 bis Ord. Pen., il quale abbia collaborato con l’autorità di polizia in via confidenziale senza prestare alcuna collaborazione all’autorità giudiziaria in ambito processuale; conforme Sez. 1, n. 43659 del 18/10/2007, Rv. 238689, COGNOME), che l’attività dell’informatore di polizia non Ł equivalente a quella del collaboratore con la giustizia, che prevede l’assunzione di obblighi superiori anche in termini di assunzione di responsabilità per le dichiarazioni rese, e che quindi la stessa non Ł sufficiente per rimuovere la preclusione all’accesso ai benefici.
Ne consegue che il primo motivo, in cui il ricorso reitera nuovamente l’argomento dell’esser stata presentata, in realtà, una istanza di inesigibilità della collaborazione, Ł manifestamente infondato.
Il secondo motivo, che deduce, invece, sulla sussistenza in concreto delle condizioni per l’accesso del detenuto ai benefici richiesti per aver serbato il condannato una condotta corretta e per non essere state adempiute le obbligazioni civili per causa a lui non imputabile, Ł inammissibile in quanto non conferente con l’oggetto dell’istanza che era stata sottoposta all’attenzione del giudice del merito, che era volta a superare la preclusione per effetto dell’accertamento della inesigibilità della collaborazione.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 11/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME