Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34512 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34512 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cagliari il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/04/2025 del Tribunale di Cagliari
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata il 4 settembre 2025 dal difensore del ricorrente, che ha replicato all’anzidetta requisitoria e ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del primo aprile 2025 il Tribunale di Cagliari ha confermato il provvedimento emesso il 13 marzo 2025 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa città, con cui ad NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare
degli arresti domiciliari in ordine al reato di cui agli artt. 56, 319-quater, comma primo, cod. pen..
Secondo la ricostruzione effettuata nel provvedimento impugnato, l’indagato, quale responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Sestu, sfruttando il suo incarico pubblico, nell’ambito dell’iter amministrativo per la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno nell’anzidetto Comune, aveva chiesto a NOME COGNOME, dipendente della società RAGIONE_SOCIALE, una somma di denaro, alludendo al fatto che solo in tal modo la pratica sarebbe stata evasa in tempi rapidi, potendo egli gestire il consistente arretrato del suo ufficio e l’ordine di trattazione degli affari.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
3.1. Con il primo motivo di ricorso ha denunciato la violazione o l’erronea applicazione di legge con riferimento agli artt. 319-quater e 322 cod. pen. nonché l’illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, la condotta integrerebbe gli estremi del tentativo di corruzione, che non consente l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere né quella degli arresti domiciliari, in quanto la proposta corruttiva avrebbe avuto per oggetto “un semplice scambio di favori, senza far ricorso ad alcun tipo di prevaricazione”.
3.2. Con il secondo motivo ha lamentato la violazione di legge in relazione agli artt. 274 e 275, comma 2-bis, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e della loro concretezza e attualità, tenuto conto della sospensione volontaria e disciplinare dal lavoro dell’indagato e del sequestro di tutti i suoi strumenti informatici, non potendosi, peraltro, ritenere che la somma di tremila euro in contanti costituisse il profitto di comportamenti corruttivi, commessi in passato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo è privo di specificità.
Come precisato da questa Corte (Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014, Maldera, Rv. 258470 – 01), la fattispecie di corruzione è caratterizzata da un accordo liberamente e consapevolmente concluso tra due parti, che si trovano su un piano di parità sinallagmatica e mirano a un obiettivo comune, mentre l’induzione indebita è collegata a uno «stato di soggezione del privato, il cui
processo volitivo non è spontaneo ma è innescato, in sequenza causale, dall’abuso del funzionario pubblico che volge a suo favore la posizione di debolezza psicologica del primo».
Il quid pluris, che connota la fattispecie di induzione indebita e la differenzia da quella di istigazione alla corruzione, deve individuarsi non in una minaccia diretta o anche indiretta (che integrerebbe la più grave condotta di concussione), bensì in una «pressione psicologica idonea a determinare uno stato di soggezione che si pone in rapporto di causa ed effetto con la condotta induttiva».
Di tali principi ha fatto corretta applicazione il Tribunale di Cagliari, che ha evidenziato che il ricorrente aveva abusato della sua qualità e dei poteri connessi al ruolo di responsabile dell’Ufficio urbanistica del Comune di Sestu e aveva posto il suo interlocutore in uno stato di soggezione, rappresentandogli le conseguenze negative in cui sarebbe incorsa la RAGIONE_SOCIALE, qualora egli non avesse accordato priorità alla trattazione delle pratiche amministrative riguardanti l’impianto di produzione di idrogeno, non riuscendo a portare a compimento il proprio disegno criminoso in quanto NOME COGNOME aveva ritenuto di sporgere denuncia. Il Collegio del riesame ha evidenziato che «nessun rapporto paritetico esisteva tra i due; né in precedenza vi era stato alcuno accenno che lasciasse intravedere l’intendimento da parte di COGNOME di addivenire a un incontro libero e consapevole delle volontà finalizzato a uno scambio di vantaggio».
Con tale apparato giustificativo il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a contestare il ragionamento, articolato dal Giudice del riesame, senza evidenziare profili di effettiva illogicità.
3. Il secondo motivo è infondato.
Il Tribunale ha posto in luce la forte intensità del dolo dell’indagato, atteso che egli, nonostante l’evidente incredulità del suo interlocutore, anziché comprendere che quest’ultimo non avrebbe accettato una proposta illecita e, quindi, ritrattare immediatamente quello che aveva appena detto, ha esplicitato per bene il suo intendimento, al fine di assicurarsi che fosse chiaro che occorreva sborsare somme di denaro perchè la pratica della società RAGIONE_SOCIALE fosse anteposta alle altre che giacevano in ufficio. Inoltre, l’indagato aveva invitato NOME COGNOME in un luogo ben distante da quello di lavoro per la consegna del denaro e tale accortezza conduceva a ritenere che la tecnica utilizzata fosse stata già sperimentata. Anche il ritrovamento nella sua abitazione di una somma di denaro in contanti, identica a quella chiesta a COGNOME, ossia C 3.000,
lasciava ritenere che altre vicende analoghe a quella per cui si procede fossero in attesa di essere definite da parte del ricorrente. 8.00Q)
Alla luce di tali circostanze il Tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, essendo concretamente ipotizzabile che l’indagato potesse reiterare delitti della stessa specie, pur se sospeso dal lavoro.
Siffatte argomentazioni, in quanto logiche e non contarddittorie, sfuggono a ogni rilievo in questa sede.
Va aggiunto che il Tribunale ha dato anche conto delle ragioni per cui non poteva assumere rilievo la sospensione dal lavoro e ha, pertanto, fatto buon governo dell’insegnamento di questa Corte secondo cui, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. può ritenersi sussistente anche nei confronti di soggetto in posizione di rapporto organico con l’amministrazione che risulti sospeso dal servizio, purché sia fornita adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta sospensione, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione, da parte del predetto, di analoghe condotte criminose nella mutata veste di soggetto ormai estraneo e, quindi, di concorrente in reato proprio commesso da altri soggetti muniti della qualifica richiesta (Sez. 6, n. 24964 del 08/04/2025, Celi, Rv. 288408 – 01).
Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 settembre 2025.