LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Induzione indebita: Cassazione annulla sospensione

Un ispettore di Polizia era stato sospeso dal servizio per aver tentato di convincere un subordinato a non multare un suo conoscente. La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento, stabilendo che la semplice frase “è un mio amico”, senza pressioni insistenti o reiterate, non è sufficiente per configurare il reato di induzione indebita, in quanto manca l’elemento della soggezione psicologica del destinatario della richiesta.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Induzione Indebita: Quando una ‘Raccomandazione’ Non è Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 21943 del 2024, offre un’importante lezione sui confini del reato di induzione indebita. Il caso riguarda un ispettore di Polizia sospeso dal servizio per aver tentato di favorire un conoscente. La Suprema Corte, ribaltando la decisione precedente, ha chiarito che non ogni ‘raccomandazione’ tra colleghi integra automaticamente questo grave delitto, delineando con precisione gli elementi necessari per la sua configurazione.

I Fatti del Caso: Un Favore tra Colleghi?

Un ispettore della Polizia di Stato veniva sottoposto alla misura cautelare della sospensione dal pubblico ufficio per dodici mesi. L’accusa era di tentata induzione indebita ai danni di un assistente capo, suo subordinato. Durante un controllo stradale, l’ispettore, al telefono con un suo conoscente che stava per essere multato, si era fatto passare l’assistente capo e gli aveva detto frasi come “è mio amico”, nel tentativo di convincerlo a non procedere con la contravvenzione.

Il Tribunale di Milano, in sede di appello cautelare, aveva confermato la misura, ritenendo che la condotta dell’ispettore, unita al suo ruolo apicale e a presunte precedenti ingerenze, fosse sufficiente a integrare i gravi indizi del reato contestato.

Il Ricorso in Cassazione e la nozione di induzione indebita

La difesa dell’ispettore ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che la condotta del suo assistito non possedeva le caratteristiche della induzione indebita come definite dalla giurisprudenza, in particolare dalla celebre sentenza ‘Maldera’ delle Sezioni Unite. Secondo la difesa, per aversi induzione è necessaria una richiesta perentoria, insistente e capace di porre l’interlocutore in uno stato di soggezione, elementi che nel caso di specie mancavano del tutto. La conversazione era stata un breve scambio di parole, non una pressione psicologica in grado di coartare la volontà del poliziotto che stava operando il controllo.

La Differenza tra Costrizione e Induzione

La legge n. 190 del 2012 ha sdoppiato il vecchio reato di concussione in due figure distinte:
1. Concussione per costrizione (art. 317 c.p.): Si ha quando il pubblico ufficiale, con violenza o minaccia, costringe qualcuno a dare o promettere un’utilità. La vittima non ha scelta.
2. Induzione indebita (art. 319-quater c.p.): Si verifica quando il pubblico ufficiale, abusando del suo potere, ‘convince’ o ‘persuade’ qualcuno a dare o promettere un’utilità, prospettando un vantaggio indebito. In questo caso, il privato non è una mera vittima ma un co-responsabile che accetta di trarre un beneficio dalla situazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza e facendo cessare la misura cautelare. I giudici hanno ritenuto che il Tribunale di Milano non avesse applicato correttamente i principi di diritto. La condotta dell’ispettore, pur essendo riprovevole, non integrava il reato di induzione indebita.

Per la Corte, mancavano gli elementi costitutivi del reato:

* Assenza di un rapporto non paritario e di soggezione: Non è stato dimostrato che l’assistente capo si trovasse in uno stato di soggezione psicologica. Il semplice rapporto gerarchico non è di per sé sufficiente. Il tutto si era limitato a un brevissimo scambio di parole, una “raccomandazione”, peraltro non accolta.
* Mancanza di una condotta induttiva insistente: La richiesta non è stata né reiterata, né insistente, né allusiva. Si è trattato di una singola frase, priva di premesse o suggestioni particolari.
* Assenza di un vantaggio indebito per l’indotto: Non è emerso quale vantaggio avrebbe ottenuto l’assistente capo se avesse ceduto alla richiesta. Questo è un elemento cruciale nell’induzione indebita, dove l’indotto agisce anche per un proprio tornaconto.

In sostanza, la Corte ha concluso che la condotta dell’ispettore non era una pressione qualificata volta a piegare la volontà del collega, ma, al massimo, un tentativo di istigazione a violare i propri doveri d’ufficio per favorire un terzo. Una condotta moralmente e disciplinarmente censurabile, ma non riconducibile alla grave fattispecie di induzione indebita.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce che per configurare il delitto di induzione indebita non è sufficiente una generica richiesta o una ‘raccomandazione’ proveniente da un superiore gerarchico. È necessario un ‘quid pluris’, ovvero una pressione morale qualificata, una persuasione insistente o un’allusione a vantaggi indebiti che pongano l’interlocutore in una condizione di significativa alterazione del suo processo decisionale. Questa decisione traccia una linea netta tra comportamenti penalmente rilevanti e condotte che, sebbene inopportune, devono essere gestite sul piano disciplinare, evitando un’eccessiva dilatazione del diritto penale.

Qual è la differenza fondamentale tra la costrizione (concussione) e l’induzione indebita secondo la legge?
La costrizione, prevista dall’art. 317 c.p., si basa su una condotta di violenza o minaccia che non lascia margini di scelta alla vittima. L’induzione indebita, ex art. 319-quater c.p., invece, si realizza attraverso un’attività di persuasione, suggestione o allusione, dove il soggetto privato mantiene un margine decisionale e acconsente alla richiesta illecita anche in vista di un proprio vantaggio indebito.

Perché la semplice frase “è un mio amico” rivolta da un superiore non è stata considerata induzione indebita?
Perché, secondo la Corte, tale frase, isolata e non accompagnata da ulteriori pressioni, minacce velate o promesse di vantaggi, non è sufficiente a creare quello stato di soggezione psicologica necessario per il reato. La condotta induttiva deve essere perentoria, insistente e capace di alterare significativamente il processo volitivo del destinatario, cosa che non è avvenuta in un breve scambio di parole.

Cosa ha stabilito la Corte di Cassazione in merito alla misura cautelare dell’ispettore?
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza che disponeva la misura cautelare della sospensione dal servizio. Di conseguenza, ha dichiarato la cessazione immediata della misura, ritenendo che non sussistessero i gravi indizi di colpevolezza per il reato di tentata induzione indebita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati