Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6206 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6206 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PORTICI il 20/08/1960
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE di APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME concludeva, con requisit scritta, per il rigetto del ricorso.
L’Avv. NOME COGNOME in difesa della parte civile Agenzia delle Entrate concludeva il rigetto del ricorso e depositava nota spese.
L’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME insisteva per l’accoglimen del ricorso, rinunciando al terzo motivo.
L
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, funzionario della Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entr di Pescara, è stato tratto a giudizio per avere compiuto atti diretti ad or controversia tributaria tra l’Erario e la società “RAGIONE_SOCIALE” (della quale rappresentante NOME COGNOME e per la quale svolgeva attività di consulenza fiscal La Valle) dietro la concreta corresponsione della somma – acconto di un maggiore impo promesso – di quindicimila euro.
La Sesta sezione penale della Corte di cassazione annullava la sentenza della C d’appello che aveva confermato la responsabilità dell’Imparato ritenendo che doves essere rivalutate le prove al fine di attribuire al reato la corretta qualificazione Cassazione ribadiva che mentre la fattispecie prevista dall’art. 318 cod. pen. prev accordo tra persone in posizione paritaria, quella prevista dall’art. 319-quater cod. pen. prevede, invece, una azione connotata dalla “prevaricazione” del pubblico ufficiale.
La Corte d’appello, all’esito del giudizio rescissorio, confermava nuovamen condanna di NOME COGNOME ribadendo che il reato allo stesso contestato dov essere qualificato come induzione indebita, ai sensi dell’art. 319-quater cod. pen., in quanto le prove raccolte dimostravano la sussistenza di una condotta “prevaricatrice” nei confronti di COGNOME e di COGNOME.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deducev
2.1. violazione di legge (art. 627 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: s stato violato il mandato della Corte di Cassazione; questa avrebbe affermato l’Imparato non aveva posto in essere nessun atto “contrario ai doveri dell’ufficio” tale valutazione non avrebbe potuto essere messa in discussione nel procedime rescissorio, essendo coperta dal giudicato; inoltre la Corte di appello non avrebbe v accuratamente le prove che escluderebbero la sussistenza del reato; si rimarca riguardo, che il teste di polizia giudiziaria COGNOME avrebbe dichiarato che sarebbero riscontri alla contestata “manipolazione” della procedura erariale;
2.2. violazione di legge (art. 581 cod. proc. pen., art. 319-quater cod. pen., art. 318 cod. pen.) e vizio di motivazione: non sarebbero emersi (a) né una situazione indic della prevaricazione agita dall’Imparato, (b) né un vantaggio indebito per il p pertanto la condotta contestata avrebbe dovuto essere inquadrata nell’ambito rapporto “paritario” riconducibile alla fattispecie prevista dall’art. 318 cod. pen.; il reato avrebbe dovuto essere dichiarato estinto per decorso del termine di prescri
2.3. violazione di legge (art. 599-bis cod. proc. pen.) e vizio di motivazione i al rigetto della richiesta di concordato in appello da parte del rappresentante dell generale.
Con memoria del 23 gennaio 2025 il difensore del ricorrente, Avv. COGNOME rinunciava al terzo motivo di ricorso ed insisteva per l’accoglimento dei motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi di ricorso non rinunciati non superano la soglia di ammissibi quanto sono manifestamente infondati.
1.1. In primo luogo, non può ritenersi, contrariamente a quanto dedotto, che la di appello non abbia legittimamente adempiuto al mandato rescindente rivalutan accertamenti coperti dal giudicato.
Sul punto il collegio rileva che la Sesta sezione della Cassazione ha annull sentenza di appello ritenendo non persuasiva la motivazione in ordine alla qualific giuridica della condotta. La Cassazione ha ritenuto che non sarebbe stato scrutin rapporto tra COGNOME, COGNOME ed COGNOME: ove tale rapporto fosse stato caratterizz “prevaricazione”, la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata nella fattispecie pr dall’art. 319-quater cod. pen.; ove, invece, fosse emerso un rapporto paritario, la condot avrebbe dovuto essere ascritta nella fattispecie prevista dall’art. 318 cod. pen.
In punto di diritto la Cassazione ha ribadito che il reato di concussione e q induzione indebita a dare o promettere utilità si differenziano dalle fattispecie c in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione a del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringer indurre l’extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l’accordo corruttivo presuppone la par condicio contractualis ed evidenzia l’incontro libero e consapevole della volontà delle parti (tra le altre: Sez. 6, n. 22/09/2015 De Napoli, Rv. 265750 – 01; Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 201 COGNOME e altri, Rv. 258474 – 01)
1.2. Indicato il principio di diritto da rispettare, la Cassazione ha devoluto a d’appello la rivalutazione complessiva delle prove, al limitato fine di veri sussistesse la condotta prevaricatrice.
Nella sentenza rescindente risulta comunque accertato che il ricorrente avesse abu della propria funzione, tentando di influire sulla decisione, ottenendo la promess cospicuo compenso e ricevendo, in concreto, un acconto di quindicimila euro (si rimarc tra l’altro, che era emerso che l’Imparato aveva avvicinato uno dei giudic Commissione tributaria: pag. 3 della sentenza rescindente): è stata cioè accer sussistenza di un “abuso” che non è, tuttavia, trasmodato nella commissione di un contrario ai doveri d’ufficio”.
1.3. Individuati sia il mandato rescindente, che il perimetro del giudicato, il ritiene che non si rinvenga nessun inadempimento da parte della Corte d’appello
tantomeno, alcuna rivalutazione dei fatti già accertati, ovvero della sussistenza de agito dall’Imparato.
La Corte di merito, infatti, adempiendo al mandato, ha ribadito la sussistenza condotta abusante, rilevando altresì che tale abuso fosse connotato “prevaricazione”; è stato infatti rilevato che dalle prove raccolte non fosse eme posizione paritaria tra COGNOME ed i privati; segnatamente è stato evidenziato l’COGNOME fosse capo dell’ufficio legale dell’ente impositore, (b) fosse rilevant debito esattoriale della “RAGIONE_SOCIALE“, (c) il debitore fosse già soccombente grado, (d) fosse stata rigettata la istanza di transazione, sicché era rilev l’interesse della società ad evitare conseguenze pregiudizievoli, (e) l’Imparato, n di una telefonata, avesse affermato che “aveva tutto in mano”, spiegando all’interlo che il suo ufficio avrebbe mutato orientamento seguendo le sue indicazioni, (f) La avesse affermato che la società aveva deciso di versare il denaro al ricorrente perc stato individuato come colui che aveva il potere di gestire la controversia e si disponibile a farlo (pag. 17 della sentenza impugnata).
In conclusione il collegio rileva che la Corte, con motivazione che non si pres alcuna censura, abbia legittimamente ritenuto che le prove raccolte indicassero l’Imparato avesse abusato della sua funzione, proponendo soluzioni della controve favorevoli agli interessi della società “RAGIONE_SOCIALE“, e persuadend rappresentanti a pagare la somma di centomila euro (di cui quindicimila sono effettivamente consegnati), con condotta ritenuta prevaricatrice.
1.4. Infine è manifestamente infondata anche la censura relativa alla manc dimostrazione della sussistenza di un indebito “vantaggio” per il privato.
Sul punto il collegio riafferma che il profilo del vantaggio indebito perseg conseguito dal destinatario delle condotte di induzione integra un elemento costit del reato, che deve essere valutato non esclusivamente secondo un approccio di t “oggettivo”, ma anche alla luce della percezione soggettiva dell’agente (Sez. U, n. del 24/10/2013, dep. 2014, Maldera, cit., § 15).
Sicché, come puntualmente rilevato dalla Procura generale, «il danno ingiusto il “vantaggio indebito”, quali elementi costitutivi impliciti rispettivamente della c costrittiva di cui all’art. 317 cod. pen. e di quella induttiva di cui all’art. 319quater cod. pen., devono essere apprezzati con approccio oggettivistico, il quale, però necessariamente coniugarsi con la valutazione della proiezione di tali elementi nella conoscitiva e volitiva delle parti. L’accertamento, cioè, non può prescindere dalla v del necessario intreccio tra gli elementi oggettivi di prospettazione e quelli sogge percezione, per evitare che la prova si fondi su meri dati presuntivi. Di consegu il “vantaggio indebito” preso di mira dal privato può avere ad oggetto contenuti a “sfumati”, o correlati, in abbinamento, come altra faccia della medaglia, all’es
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di evitare un ingiusto pregiudizio, sicché è configurabile la fattispecie di cui all quater cod. pen. nel caso in cui il privato è indotto a dare o promettere l’indebi acquisire la benevolenza del pubblico agente, foriera potenzialmente di futuri f posto che il vantaggio indebito, può consistere, oltre che in un beneficio deter e specificamente individuato, anche in una generica “disponibilità clientelare pubblico agente».
In conclusione, deve essere ribadito che per la configurabilità del delitto di induzione di cui all’art. 319-quater cod. pen. è richiesta la connessione tra l’abuso induttivo del pubblico agente e la indebita dazione o promessa del privato, ma non quest’ultima e l’utilità dal medesimo perseguita o ricevuta (Sez. 3, n. 293 14/07/2020, P., Rv. 280439 – 03; Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013, dep. 2014, Malde e altri, Rv. 258474).
Nel caso in esame la Corte di appello ha fatto buon governo di tali principi, ril come lo stesso La Valle avesse affermato che la società aveva deciso di corrispondere somma all’Imparato perché questi si era proposto come il soggetto che “poteva fa buono e il cattivo tempo” (pag. 17 della sentenza impugnata).
2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonc versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determin equitativamente in euro tremila.
Il ricorrente deve essere inoltre condannato alla rifusione delle s rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile “RAGIONE_SOCIALE” in persona del Direttore pro tempore, che, tenuto conto dei parametri vigenti, liquida in complessivi euro 4.200,00 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condan inoltre l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sost presente giudizio dalla parte civile “Agenzia delle Entrate”, in persona del diret pro tempore, che liquida in complessivi euro 4.200,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il giorno 29 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Presidente