Indulto e bancarotta: la Cassazione chiarisce il momento del reato
L’applicazione di benefici come l’indulto è spesso oggetto di complesse questioni giuridiche, specialmente quando si interseca con reati la cui consumazione si protrae nel tempo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di indulto e bancarotta, chiarendo una volta per tutte quale sia il momento determinante per stabilire se un condannato possa o meno accedere al provvedimento di clemenza. La decisione sottolinea che, per i reati fallimentari, la data rilevante non è quella delle azioni fraudolente, ma quella della sentenza che dichiara il fallimento.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato con sentenza del Tribunale di Roma del 2007 a due anni e due mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta, presentava istanza per l’applicazione dell’indulto previsto dalla legge n. 241 del 2006. La Corte d’Appello di L’Aquila rigettava la richiesta, motivando che il reato di bancarotta era stato commesso in un momento successivo all’entrata in vigore della legge sull’indulto (31 luglio 2006), e che la pena inflitta era superiore alla soglia prevista dalla normativa per la revoca del beneficio.
L’imputato proponeva quindi ricorso per cassazione, sostenendo che le condotte materiali del reato si erano verificate in un’epoca antecedente alla legge sull’indulto e che, pertanto, il beneficio avrebbe dovuto essere concesso.
L’Analisi della Cassazione sul rapporto tra indulto e bancarotta
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando l’orientamento consolidato della giurisprudenza. I giudici hanno chiarito che il punto centrale della questione non risiede nel momento in cui vengono poste in essere le singole condotte distrattive o fraudolente, ma nel momento in cui il reato di bancarotta si perfeziona giuridicamente.
Il Momento Consumativo del Reato di Bancarotta
Il principio pacifico, ribadito dalla Suprema Corte, è che la consumazione dei reati di bancarotta coincide con la data della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento. Questa sentenza non è una mera condizione di procedibilità, ma un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice. In altre parole, le condotte di distrazione o occultamento dei beni, pur essendo materialmente realizzate prima, acquistano rilevanza penale come reato di bancarotta solo nel momento in cui l’autorità giudiziaria accerta formalmente lo stato di insolvenza.
Nel caso specifico, essendo la sentenza di fallimento del 2007, il reato si considera commesso in quella data, ovvero dopo l’entrata in vigore della legge sull’indulto del 2006. Di conseguenza, il reato rientra tra quelli ostativi all’applicazione del beneficio.
La Soglia della Pena e la Revoca del Beneficio
La Corte ha inoltre affrontato la questione relativa all’entità della pena. La legge n. 241/2006 prevede la revoca dell’indulto se il beneficiario commette, entro un determinato periodo, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna a una pena detentiva ‘non inferiore a due anni’. La condanna del ricorrente a due anni e due mesi superava chiaramente questa soglia. I giudici hanno precisato che, anche considerando la diminuzione di pena per il rito abbreviato, la sanzione irrogata rispetta pienamente il requisito di legge per la revoca, dato che la pena edittale minima per la bancarotta fraudolenta è di tre anni.
Infine, la Corte ha specificato che l’aver fruito con esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale è una circostanza irrilevante ai fini della decisione sull’indulto.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda sulla natura stessa del reato di bancarotta. La sentenza dichiarativa di fallimento è l’evento che trasforma condotte altrimenti irrilevanti (o rilevanti sotto altro profilo) nel reato fallimentare specifico, poiché è solo con il fallimento che si concretizza il danno al ceto creditorio tutelato dalla norma. Fissare la consumazione del reato in questo preciso momento garantisce certezza giuridica, un requisito essenziale per l’applicazione di norme eccezionali come quelle sull’indulto, che hanno limiti temporali stringenti. Ignorare questo principio significherebbe creare un’incertezza inaccettabile, basando l’applicabilità del beneficio su condotte spesso risalenti nel tempo e di difficile datazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un’interpretazione rigorosa e consolidata, offrendo un’importante lezione pratica: nel contesto dei reati fallimentari, il ‘tempo del commesso reato’ è un concetto giuridico preciso, che non coincide necessariamente con il tempo dell’azione materiale. Per gli operatori del diritto e per gli imprenditori, questa decisione ribadisce che le conseguenze penali di una cattiva gestione aziendale si cristallizzano con la sentenza di fallimento, e da quel momento decorrono tutti gli effetti di legge, inclusa l’esclusione da benefici come l’indulto.
Qual è la data rilevante per il reato di bancarotta ai fini dell’applicazione dell’indulto?
La data giuridicamente rilevante è quella della sentenza dichiarativa di fallimento, non il momento in cui sono state compiute le azioni fraudolente o distrattive.
Perché il ricorso è stato respinto nonostante le condotte fossero antecedenti alla legge sull’indulto?
Il ricorso è stato respinto perché, secondo un principio consolidato, il reato di bancarotta si perfeziona e si considera ‘consumato’ solo con la pronuncia della sentenza di fallimento, che in questo caso era successiva alla legge sull’indulto. La sentenza è un elemento costitutivo del reato stesso.
Il successo dell’affidamento in prova al servizio sociale ha qualche influenza sulla concessione dell’indulto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’esito positivo dell’affidamento in prova è una circostanza irrilevante per decidere sull’applicazione o sulla revoca dell’indulto, le cui condizioni sono stabilite rigorosamente dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5791 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5791 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DELLE COGNOME NOME NOME NOME LECCE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/10/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME, avverso il provvedimento del 19/05/2023, con il quale la stessa Corte aveva disatteso la richiesta applicazione dell’indulto, con riferimento alla sentenza del Tribunale di Roma de 12/02/2007, rilevando come – entro i termini di legge – il richiedente aves commesso il delitto di bancarotta fraudolenta, in relazione al quale era intervenu condanna ad una pena superiore alla soglia di anni due di reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 3 dell legge 31 luglio 2006, n. 241 e dell’art. 174, primo e secondo comma cod. pen., nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 CEDU e vizio della motivazione, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 47, comma 12 legge 26 luglio 1975, n 354 e dell’art. 174, primo e secondo comma cod. pen. e, infine, vizio del motivazione. La pena di anni due e mesi due di reclusione, inflitta con la sopr citata condanna, è relativa a due distinte ipotesi di reato; nonostante i fallimentari vengano tutti considerati commessi alla data della sentenz dichiarativa del fallimento, pare evidente come le condotte materiali, att integrare le fattispecie delittuose ascritte al condanNOME, si collochino in e antecedente, rispetto al 31/07/2006 (data di entrata in vigore della legge n. 2 del 2006). Non vi sono ostacoli, pertanto, all’applicazione dell’invocato benefic trattandosi di condotte temporalmente collocabili in epoca precedente, rispett all’entrata in vigore della legge. Il ricorrente, inoltre, ha ottenuto l’affidam prova al servizio sociale, conclusosi esito positivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso è inammissibile. Il principio del tutto pacifico, ne giurisprudenza di legittimità, è che – in tema di indulto, al fine di determinar tempo di applicazione o di revoca dell’istituto stesso – sia necessario av riguardo alla data in cui è intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento; ci quanto la consumazione dei reati di bancarotta è da fissare al momento della pronuncia della sentenza di fallimento, indipendentemente dal fatto che l condotta che integra tali fattispecie – sia essa di natura commissiva, opp omissiva – si sia esaurita in epoca antecedente, rivestendo tale sentenza la qua
di GLYPH elemento GLYPH costitutivo GLYPH della GLYPH fattispecie GLYPH incriminatrice (Sez. 5, n. 40477 del 18/05/2018, Alampi, Rv. 273800).
Circa il superamento della soglia dei due anni, ai fini indicati dall’art della legge n. 241 del 2006, giova ricordare come il reato di bancarotta fraudolent ex art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 preveda la pena edittale minima di ann tre di reclusione; una eventuale irrogazione nel minimo non può allora che comportare, considerando anche l’intervento della diminuente del rito abbreviato, essendo si proceduto secondo tali forme, una condanna alla pena di anni due, ossia una sanzione «non inferiore a due anni», come richiesto dall’art. 3 legge 241 del 2006, in vista della revoca del beneficio. Come correttamente sottolineato dal giudice dell’esecuzione, infine, non può condurre a difformi lumi il fatto che condanNOME abbia fruito dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.