Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13311 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13311 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a POZZUOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale della medesima città in data 03/06/2020 con la quale NOME COGNOME, a seguito di giudizio abbreviato, GLYPH è stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 424 cod. pen., e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di quattro mesi di reclusione.
COGNOMEa concorde ricostruzione operata dai Giudici di merito era emerso che, nel corso delle indagini scaturite a seguito dell’avvenuto incendio, nella tarda serata del 29/03/2017 in INDIRIZZO, del veicolo TARGA_VEICOLO, di proprietà di NOME COGNOME (con propagazione anche ad una seconda vettura parcheggiata bei pressi), i Carabinieri, dalla visione delle immagini di alcune telecamere poste nelle vicinanze, avevano accertato che, pochi minuti prima (ore 22:57) rispetto alla segnalazione giunta ai Vigili del Fuoco (ore 23:14), il conducente di un’autovettura Ford Focus, riconosciuto dagli operanti in NOME, si era recato presso un distributore di carburanti ed aveva riempito di benzina una bottiglia di plastica; lo stesso veicolo era stato ripreso alle ore 23:04 da un impianto di videosorveglianza sito in INDIRIZZO, a poca distanza dalle due auto incendiate. Si accertava altresì che NOME e la persona offesa NOME COGNOME si conoscevano, essendo entrambi parcheggiatori abusivi a Bacoli.
Con concorde valutazione, i Giudici di merito ritenevano che, pur non essendo emerso il movente dell’azione, gli indizi a carico del NOME fossero gravi, precisi e convergenti nell’indicare la sua responsabilità nell’atto incendiario.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, deducendo i seguenti motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione per inosservanza e falsa applicazione degli artt. 163 e 164 cod. pen., e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione della pena sospesa. Si duole la Difesa che, a fronte di specifico motivo di gravame inerente la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, la Corte territoriale non abbia fornito risposta. Richiama la Giurisprudenza di questa Corte per cui a fronte dell’istanza volta ad ottenere i benefici di legge, sussiste in capo al Giudice un obbligo motivazione, anche in negativo.
2.1. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità del NOME; si censura in particolare l’aver tratto indizi di reità a carico dell’imputato dal silenzio dallo stesso serbato nel corso dell’interrogatorio a suo carico.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto sulla base di censure manifestamente infondate ovvero generiche o non consentite, deve essere dichiarato inammissibile con ogni conseguenza di legge.
Deve logicamente analizzarsi prioritariamente il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole dell’avvenuta affermazione di responsabilità di NOME, lamentando violazione di legge e vizio della motivazione. Il motivo è inammissibile in quanto generico, fattuale e meramente rivalutativo.
2.1. Preliminarmente, si precisa che ci si trova al cospetto della conferma nei medesimi termini della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, cioè ad una c.d. “doppia conforme”. Tale costruzione postula che il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità sia soltanto quello che, a presidio del devolutum, discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
Al di fuori di tale perimetro, resta precluso il rilievo del vizio di motivazione secondo la nuova espressione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. nel caso di adeguata e logica valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio. Deve altresì ribadirsi che nei casi di doppia conforme, le motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimità, nei limiti della loro rilevanza.
2.2. Ciò premesso, la Corte d’appello ha evidenziato come la responsabilità di NOME si fondasse su plurimi indizi, gravi, precisi e concordanti: in particolare l’imputato era stato riconosciuto con certezza dagli operanti quale conducente dell’autovettura Ford Focus che, alle ore 22:57 del 29/03/2017, si era portato presso un distributore di carburanti Esso sito in INDIRIZZO, ed ivi aveva riempito di
benzina una bottiglia di plastica; la stessa autovettura era stata immortalata dalle telecamere di videosorveglianza di un’abitazione privata in INDIRIZZO alle opre 23:04, a breve distanze dalle due vetture incendiate.
Contrariamente a quanto osservato in ricorso, la Corte territoriale non ha tratto elementi di reità del NOME dalla circostanza, del tutto legittima, che lo stesso, nel corso dell’interrogatorio, si fosse avvalso della facoltà di non rispondere. Al contrario, la Corte ha condiviso il percorso argomentativo del Giudice di primo grado, che aveva individuato gli indizi, plurimi, precisi e concordanti, nel riconoscimento dell’imputato da parte degli operanti come il soggetto che, pochi minuti prima del fatto aveva riempito, nei pressi, una bottiglia con la benzina, e poi era transitato lungo la INDIRIZZO ove era parcheggiata l’auto della p.o.; ha poi aggiunto, condivisibilmente, che essendosi avvalso in interrogatorio della facoltà di non rispondere, l’imputato aveva omesso di fornire alcun elemento a sostegno di una eventuale ricostruzione alternativa. E’ evidente come, a fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, il ricorrente inviti ad una rivalutazione di elementi fattuali non consentita in questa sede, riproponendo peraltro argomenti con i quali la sentenza impugnata risulta essersi già confrontata in termini non manifestamente illogici, come quelli sopra riportati.
3. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente si duole della mancata concessione della sospensione condizionale della pena, che in realtà risulta essere stata concessa dal Giudice di primo grado, statuizione confermata in appello.
Quanto al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione è appena il caso di osservare come NOMENOME gravato da tre condanne irrevocabili, non versasse nelle condizioni soggettive per poter godere del beneficio in parola. Va a tale proposito ricordare come non sussiste l’obbligo per il Giudice di motivare il diniego di non menzione della condanna nel certifícato del casellario giudiziale quando non sia concedibile per difetto dei presupposti di legge (così Sez. 3, n. 41232 del 17/01/2018 Mista, Rv. 274414 – 01).
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/01/2024