Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3862 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3862 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Cerignola il 01/02/1969 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza emessa in data 25/07/2024 dal Tribunale di Potenza, sezione per il riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso riportandosi alla memoria scritta già depositata; udite le conclusioni della difesa del ricorrente, avv. COGNOME che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Potenza, sezione per il riesame, confermava il provvedimento di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di COGNOME NOME emesso in data 24/06/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza per i delitti di partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata alla commissione di plurimi illeciti contro il patrimonio (addebito sub 1) e di esecuzione dei reati fine ( furti e rapine di cui ai capi di imputazione provvisoria 1), 2), 3), 5), 6), 7), 8), 9), 10), 11), 15) e 19
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME VincenzoCOGNOME tramite i difensori di fiducia, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b ed e), cod. proc. pen. violazione di legge con riferimento all’art. 273 codice di rito in relazione ai reati di cui ai capi di imputazione provvisoria 2),3),6),7),9) e 11) ( pe l’addebito sub 4) la misura custodiale non è stata applicata), vizio della motivazione perché contradditoria e manifestamente illogica.
Viene contestata la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione a tali illeciti che l’ordinanza genetica e poi il Tribunale del riesame hanno fondato esclusivamente sulla ritenuta riconducibilità a COGNOME NOME dell’utenza B (n. NUMERO_DOCUMENTO, fittizia in quanto intestata a persona straniera non censita) collocata sul luogo e al momento della commissione delle rispettive azioni predatorie.
Il Collegio della cautela ha condiviso l’assunto del giudice per le indagini preliminari secondo cui tale riconducibilità era ricavabile dalla frequente ricorrenza di chiamate tra l’utenza B e l’utenza I (3511080674, anch’essa fittizia e attribuita al coindagato COGNOME NOME) che registravano una mancata risposta, una deviazione di chiamata ovvero segnale di occupato o di non raggiungibile, alle quali erano seguite, a distanza di pochi attimi, telefonate tra le utenze c.d. “reali” intestate ed in uso agli stessi COGNOME e COGNOME (rispettivamente utenza N corrispondente al n. 3496987098 e utenza O corrispondente al n. 3792621217).
Rileva il ricorrente che tale assunto è erroneo ed illogico atteso che:
-il giorno 22 maggio 2023, data di commissione del furto di cui al capo 8) attribuito a COGNOME in concorso con COGNOME, risultano registrate chiamate tra le due utenze” fittizie” e le due utenze reali in uso ai due indagati, avvenute nello stesso momento; la contemporaneità dei contatti esclude in via logica che l’utenza fittizia B possa ricondursi a COGNOME NOME;
i contatti telefonici attestati nei tabulati acquisiti (ed illustrati dal Tribunal riesame negli specchietti riassuntivi riportati alle pagine da 14 a 18 del provvedimento impugnato) non risultano cronologicamente pertinenti agli orari e
giorni in cui i reati sono stati commessi, fatta eccezione per quelli registrati in dat 22 maggio 2023 (capo 8) e 8 giugno 2023 ( capo 10);
l’utenza “fittizia” B non è mai stata oggetto di intercettazione telefonica poiché il monitoraggio effettuato dal 18 settembre al 27 ottobre del 2023 aveva dato esito negativo, sicchè manca una voce da analizzare per identificarne l’utilizzatore; -il codice IMEI del telefono ove risulta sempre utilizzata l’utenza “fittizia” B, no corrisponde a quello del telefono usato da COGNOME con la sua SIM reale, nè risulta mai associato alla utenza “reale” dell’indagato; -il device (ossia il telefono) a cui risulta associata la SIM dell’utenza “fittizia risulta essere stato nella disponibilità di tale Esposto NOME COGNOME mai escusso nel
corso delle indagini.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione di legge con riferimento all’art. 273 codice di rito i relazione ai reati di cui ai capi di imputazione provvisoria 8),10),15) e 19).
Difettano gravi indizi di colpevolezza anche in ordine a tali addebiti:
-con riferimento al furto di auto commesso a Orta Novas di cui al capo 8), l’utenza ” fittizia” B non è riconducibile a COGNOME per le ragioni indicate nel primo motivo di ricorso; è poi una mera ipotesi che l’indagato si sia recato sul luogo di commissione del delitto utilizzando la propria Fiat Punto considerato che tale modello di auto è largamente diffuso;
con riferimento al furto di auto commesso a Stornarella di cui al capo 10), l’unico elemento indiziario è rappresentato dai tabulati telefonici attestanti contatti tra l’utenza reale di Totaro (N) con il complice che tuttavia non hanno valenza decisiva;
-con riferimento al furto di auto commesso a Melfi di cui al capo 15), le immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza installate sul luogo di realizzazione del furto non consentono di riconoscere, tra i soggetti ripresi, COGNOME NOME la cui utenza, per di più, risultava al momento del fatto collocata in INDIRIZZO, località distante vari chilometri da Melfi;
-con riferimento al furto di cui al capo 19), le indagini attestano semplicemente che COGNOME accompagnava Dibisceglie a Foggia, luogo di realizzazione dell’azione predatoria, ma nulla risulta circa il fatto che egli sapesse quale fosse l’intendimento del coindagato e cioè l’asportazione di un’auto.
2.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge con riferimento all’art. 273 codice di rito i relazione alla partecipazione di COGNOME NOME alla associazione a delinquere contestata al capo 1) di imputazione provvisoria.
Dalla insussistenza di un grave quadro indiziario con riferimento ai reati fine per le ragioni prospettate nel primo e nel secondo motivo di ricorso, discende per logica conseguenza l’inconsistenza del quadro accusatorio per il delitto associativo.
Errata è l’interpretazione di una conversazione telefonica intercorsa tra COGNOME NOME e il coindagato Di Bisceglie ove l’espressione “il gioco del bambino” è stata intesa come riferibile all’utilizzo di una arma da fuoco nel corso di una rapina e dunque significativa della partecipazione consapevole di COGNOME al sodalizio criminoso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. In ragione della natura delle censure dedotte, è opportuno evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828) hanno già avuto modo di chiarire che in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in sede di legittimità va verificato, in relazione alle peculiarità di tale giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, se giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione in punto di valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza.
Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema (ex multis Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Ne consegue che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilit delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili
quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
In particolare, costituisce questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, l’interpretazione del linguaggio adoperato nelle conversazioni telefoniche intercettate, e ciò anche nei casi in cui esso sia criptico o cifrato, di talchè in questa sede è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, e cioè nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650; da ultimo, Sez. 1, n. 22336 del 23/03/2021, La Torre, non mass.).
Tanto premesso, le censure difensive prospettate nei primi due motivi di ricorso (esaminabili congiuntamente in quanto correlati tra loro), benchè rechino nelle rispettive intestazioni il riferimento alla violazione di legge e alla manifest illogicità della motivazione, di fatto sviluppano argomentazioni tutte tese a proporre una diversa valutazione, non consentita in questa sede, di dati investigativi che il Tribunale del riesame ha analizzato e interpretato secondo criteri non manifestamente illogici.
Quanto alla riconducibilità a COGNOME NOME dell’utenza B (n. 351096946, fittizia in quanto intestata a persona straniera non censita) collocata sul luogo della commissione dei reati fine contestati ai capi di imputazione 2-3-5-6-7-8-9 e 11 ed in orario assai prossimo se non addirittura coincidente con la loro consumazione, il collegio della cautela ha sviluppato un costrutto argomentativo puntuale ed esente da evidenti vizi logici.
Ha posto in luce come i tabulati telefonici documentavano, in sequenza e in orario coincidente con la consumazione del furto di cui al capo 8), due tentativi di chiamata dall’utenza B a quella I (entrambe fittizie) non andati a buon fine (alle 8:35:05 e alle 8:36:12); pochi secondi dopo ( 8:36:47) era seguita la chiamata di Dibisceglia a Totaro con le rispettive utenze reali (utenza N ed utenza O) che in tale momento agganciavano la stessa cella, e cioè quella corrispondente al luogo di consumazione dell’illecito in Orte Nova.
Tale circostanza – rilevata anche in occasione di parte degli ulteriori reati fine contestati – è stato valorizzata dal Tribunale congiuntamente ad altre evidenze che emergevano dagli atti.
Sempre dall’esame dei tabulati telefonici emergevano oltre 700 contatti tra le utenze reali in uso a Totaro e Dibisceglia nell’arco temporale intercorso da aprile 2023 a febbraio 2024, ben 400 tra quelle di COGNOME e NOME COGNOME (quest’ultimo coindagato dell’odierno ricorrente nei reati di cui ai capi 2-3-5-6 e 7), numerosi altri risultavano intercorsi con NOME COGNOME e NOME COGNOME (coindagati nel furto di cui al capo 15); da una conversazione intercettata nel novembre 2023 emergeva addirittura lo scambio di cellulari tra COGNOME e COGNOME.
Il traffico telefonico aveva anche registrato il tragitto delle utenze fittizie partenza sempre da Cerignola, ove COGNOME ed i coindagati domiciliavano e con ritorno nella medesima località avvenuto dopo i fatti delittuosi; COGNOME si era avvalso della facoltà di non rispondere e non aveva spiegato in alcun modo la presenza della sua utenza reale nei luoghi di commissione di alcune azioni predatorie, ben lontani dal luogo di abituale dimora.
Il Tribunale ha quindi espresso una motivazione puntuale e del tutto logica laddove ha affermato la riconducibilità all’odierno ricorrente dell’utenza fittizia B)
Ha anche fornito ragionevole risposta ai rilievi difensivi sul punto (reiterati in questa sede) evidenziando ( pagine 20-21 e 22 dell’ordinanza impugnata) come fosse in primo luogo irrilevante il mancato inserimento della scheda relativa all’utenza B nel device che RAGIONE_SOCIALE utilizzava per la sua utenza reale e cioè per l’evidente ragione che la finalità sottesa all’utilizzo di una Sim “a citofono” er proprio quella di ostacolare l’identificazione degli autori del reato; parimenti irrilevante era la circostanza che sulle utenze fittizie non risultasse registrat traffico telefonico atteso che le stesse venivano attivate soloin occasione della preparazione ed esecuzione delle varie azioni predatorie per poi venire spente o dismesse; non decisivo era ritenuto anche l’ulteriore rilievo difensivo teso a evidenziare la anomalia di contatti telefonici tra persone che si trovavano nel medesimo luogo e la contemporaneità delle chiamate effettuate utilizzando utenze fittizie con quelle effettuate a mezzo di utenze reali e sul punto il collegio dell cautela ha affermato che ciò si spiegava ragionevolmente con il fatto che le azioni predatorie erano materialmente realizzate con l’ausilio di complici incaricati di sorvegliare le zone esterne poste nelle vicinanze dell’esercizio commerciale da depredare.
L’ordinanza impugnata (pag. 13 e 14) ha riportato i dati documentati nei tabulati telefonici in relazione alla sequenza delle chiamate tra le due utenze fittizie ( B e I) e tra le utenze reali ( N e O) dai quali risulta che il contatto tra que ultime non era contemporaneo a quello registrato tra le prime, bensì successivo di alcuni secondi e quindi logicamente dimostrativo del fatto che COGNOME e COGNOME, non riuscendo a mettersi in comunicazione con le due utenze fittizie, lo avessero fatto attivando quelle reali.
Il Tribunale ha quindi esaminato partitamente ciascuno degli addebiti contestati a COGNOME
Quanto ai reati fine contestati ai capi di imputazione 2-3-5-6-7-8-9 e 11, ha valorizzato la circostanza che l’utenza fittizia B – riconducibile a COGNOME VincenzoRisultava collocata sul luogo della commissione di tali illeciti in orario assai prossimo se non addirittura coincidente con la loro consumazione, tale assunto si fonda sui dati registrati nei tabulati acquisiti rispetto ai quali il ricorrente non dedotto alcun travisamento.
Quanto ai delitti contestati ai capi di imputazione 8-10-15, il collegio della cautela ha attribuito rilievo decisivo – a prescindere dalla identificazione non certa dell’auto Fiat Tipo utilizzata per il furto sub 8) con quella in uso a Totaro e dall mancata individuazione di quest’ultimo nel soggetto ripreso dalle telecamere di sorveglianza installate pressi centro commerciale ove si consumava l’azione predatoria sub 15) – alla presenza dell’utenza reale intestata a Totaro e a Dibisceglia nel luogo di commissione degli illeciti in orario del tutto compatibile con la consumazione degli stessi. Con specifico riferimento all’addebito sub 15), si è posto in luce come le immagini di videosorveglianza avevano ricostruito le fasi del furto d’auto e l’analisi dei tabulati telefonici aveva attestato l’aggancio in Mel dell’utenza reale di Totaro alle ore 20.30, ovvero qualche minuto dopo l’azione predatoria.
In relazione al capo 19, la gravità indiziaria in capo al ricorrente è stata ricavata dal contenuto e dalla sequenza delle conversazioni intercettate tra questi ed il coindagato COGNOME sia nei giorni precedenti il furto che il giorno stesso dell’asportazione.
Inammissibile è anche il terzo motivo di ricorso con il quale si deduce violazione di legge con riferimento all’art. 273 cod. proc. pen. in relazione alla partecipazione di COGNOME NOME alla associazione a delinquere contestata al capo 1) di imputazione provvisoria.
Con motivazione del tutto logica, il Tribunale del riesame ha ritenuto che la realizzazione da parte del ricorrente dei reati fine – contraddistinti dal medesimo modus operandi e commessi in concorso con altri partecipi con i quali vi erano stabili e continui contatti, come attestato dai tabulati telefonici- rappresentasse un volontario e consapevole contributo al sodalizio organizzato in quanto pienamente funzionale alle dinamiche operative ed agli scopi dello stesso e tale assunto.
Il Tribunale del riesame, tuttavia, non si è fermato al solo dato storico-statico della consumazione dei singoli reati-fine, ma li ha contestualizzati e analizzati nella loro proiezione dinamica quali espressione di un rapporto di collaborazione collaudato, stabile, duraturo, destinato a produrre effetti ben oltre i singoli episod
delittuosi e a dare linfa ad un programma potenzialmente indefinito di azioni predatorie e quindi significativamente espressivo dell’organico inserimento di COGNOME in una struttura criminosa a carattere associativo.
In tale ottica ha valorizzato la conversazione telefonica intercorsa in data 07/10/2023 tra l’indagato e COGNOME contenente il riferimento criptico alla disponibilità da parte di COGNOME di un’arma da fuoco (” il gioco del bambino”) che il giorno dopo avrebbe portato con sé nell’incontro con il sodale, evidenziando come le rapine presso l’esercizio commerciale di Melfi (reati fine di cui ai capi 5 e 11) erano state commesse proprio con armi.
L’interpretazione del significato di tale colloquio da parte del giudice della cautela non è sindacabile in questa sede atteso che il ricorrente non ne ha dedotto il travisamento e cioè l’indicazione del suo contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile.
Si è dato altresì rilievo, sempre nell’ottica di delineare l’inserimento organico di COGNOME nella compagine associativa, l’utilizzo da parte di costui di utenze telefoniche fittizie ed anche la partecipazione a furti di autovetture, poi utilizza per la consumazione di ulteriori azioni predatorie.
Il Tribunale ha dunque fatto buon governo del consolidato principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, mentre nel concorso di persone nel reato continuato l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da un medesimo disegno criminoso, le condotte di partecipazione ad associazione per delinquere presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell’indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la ripetuta commissione ( per un apprezzabile lasso di tempo e in concorso con altri soggetti stabilmente collegati)dei reati scopo, ove indicativi d un’organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi ( da ultimo cfr. Sez. 2 n. 22906 del 08/03/202, COGNOME, Rv 284724).
5. Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e, valutati i profili di colpa ne determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 27/11/2024
Il
Il PreL ente