Individuazione Fotografica: La Cassazione Conferma la Validità Anche Senza Descrizione Preventiva
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un tema cruciale della procedura penale: la validità della individuazione fotografica. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato, chiarendo la netta distinzione tra questo atto di indagine e la più formale ricognizione di persona, confermando la condanna per furto aggravato di un imputato.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza di condanna per furto aggravato, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, ritenuto responsabile del reato, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a un motivo principale: la presunta invalidità dell’identificazione avvenuta tramite fotografie.
Secondo la tesi difensiva, l’identificazione non sarebbe stata valida perché non preceduta da una dettagliata descrizione delle fattezze fisiche del sospettato da parte del testimone. Questo vizio procedurale, a dire del ricorrente, avrebbe minato alla base l’intero impianto accusatorio.
La Differenza tra Individuazione Fotografica e Ricognizione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire la differenza sostanziale tra due strumenti probatori spesso confusi:
1. Individuazione Fotografica: È un atto di indagine preliminare, non formale. Consiste nel mostrare a un testimone una serie di fotografie per verificare se riconosce tra esse l’autore del reato. La giurisprudenza costante ritiene che questo atto non richieda le formalità previste per la ricognizione, inclusa la preventiva descrizione.
2. Ricognizione di Persona: È un mezzo di prova tipico, disciplinato dal codice di procedura penale. Prevede una procedura rigorosa a garanzia dell’imputato, tra cui, appunto, la richiesta al testimone di descrivere la persona da riconoscere prima di procedere al confronto diretto.
Il ricorso dell’imputato si basava su un’errata assimilazione tra i due istituti, pretendendo l’applicazione delle garanzie formali della seconda al contesto informale della prima.
Le Motivazioni della Corte
Nel motivare la decisione, la Suprema Corte ha sottolineato come la doglianza del ricorrente fosse inammissibile anche perché, di fatto, mirava a una rivalutazione del materiale probatorio. Il giudice di merito aveva già adeguatamente spiegato le ragioni per cui riteneva credibile l’identificazione avvenuta. Sollecitare la Cassazione a riesaminare tale valutazione significa invadere un campo – quello del giudizio di fatto – che è precluso in sede di legittimità.
La Corte ha quindi affermato che la richiesta di applicare le regole della ricognizione all’individuazione fotografica è priva di fondamento giuridico. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dalla legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per la pratica investigativa. L’individuazione fotografica rimane uno strumento agile ed efficace a disposizione degli inquirenti, la cui validità non è subordinata a rigide formalità. La decisione riafferma la netta separazione tra gli atti di indagine e i mezzi di prova formali, e ricorda che il giudizio di Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare le prove, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge.
L’individuazione fotografica di un sospettato è valida se non viene prima descritto dal testimone?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la validità dell’individuazione fotografica non è subordinata a una preventiva descrizione delle fattezze fisiche del sospettato, poiché tale adempimento è richiesto solo per la formale ricognizione di persona.
Qual è la differenza principale tra individuazione fotografica e ricognizione di persona?
L’individuazione fotografica è un atto di indagine informale, mentre la ricognizione di persona è un mezzo di prova formale, che deve seguire una procedura specifica e garantita dal codice di procedura penale, inclusa la descrizione preliminare.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47184 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47184 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il 22/12/1991
avverso la sentenza del 26/03/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 27 ottobre 2017 che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato e lo aveva condannato alla pena di giustizia;
che il ricorso dell’imputato è manifestamente infondato, atteso che questa Corte di cassazione ha reiteratamente affermato che l’individuazione fotografica non deve essere necessariamente preceduta, ai fini della sua validità, dalla descrizione delle fattezze fisiche della persona indagata, trattandosi di adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona (Sez. 4, n. 7287 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280598) e la Corte di merito ha adeguatamente indicato le ragioni che fanno ritenere credibile l’individuazione, mentre il motivo è inammissibile laddove invoca una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita in questa sede di legittimità;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 27/11/2024.