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Individuazione fotografica: la sua valenza probatoria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4446/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una condanna per truffa, ribadendo un principio fondamentale: l’individuazione fotografica dell’indagato, anche se effettuata durante le indagini preliminari e senza le formalità della ricognizione, costituisce una prova valida. Il suo valore non deriva dalle modalità formali, ma dalla credibilità della dichiarazione, che il giudice può liberamente apprezzare.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Individuazione Fotografica: Prova Valida Anche Senza Formalità

L’ordinanza n. 4446 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante conferma sulla validità probatoria dell’individuazione fotografica nel processo penale. Anche se svolta in modo informale durante le indagini, questo atto può essere decisivo per accertare la responsabilità penale. Analizziamo questa pronuncia per capire perché un riconoscimento fotografico può essere considerato una prova a tutti gli effetti, anche senza seguire le rigide procedure previste per la ricognizione personale.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato di truffa, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputata, ritenuta responsabile del reato, decideva di ricorrere in Cassazione, affidando la sua difesa a una serie di censure. Il fulcro della sua contestazione riguardava proprio le modalità con cui era stata identificata quale autrice del reato, ovvero attraverso un’individuazione fotografica eseguita nel corso delle indagini preliminari.

La Questione dell’Individuazione Fotografica nel Ricorso

La difesa sosteneva, in sostanza, l’inutilizzabilità o quantomeno la debolezza probatoria del riconoscimento avvenuto tramite fotografia. Secondo la tesi difensiva, tale atto non poteva assurgere al rango di prova certa in quanto non erano state rispettate le garanzie e le formalità previste dall’art. 213 del codice di procedura penale per la “ricognizione personale”. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato dalla Suprema Corte come generico, aspecifico e, soprattutto, manifestamente infondato, scontrandosi con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha chiarito in modo inequivocabile la natura e il valore dell’individuazione fotografica. I giudici hanno spiegato che questo atto, sebbene informale, rappresenta una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva. In parole semplici, è una specie del più ampio concetto di “dichiarazione”.

La sua forza probatoria, quindi, non deriva dalle modalità formali con cui viene eseguita, ma dal valore intrinseco della dichiarazione confermativa resa da chi effettua il riconoscimento. Essa va valutata alla stessa stregua di una deposizione testimoniale. Il giudice, in virtù del principio del libero apprezzamento della prova, può ritenere pienamente attendibile tale identificazione, basando su di essa il proprio convincimento.

La Corte ha precisato che le formalità previste per la ricognizione personale (art. 213 c.p.p.) sono utili, ma non indispensabili, per l’efficacia dimostrativa dell’atto. L’assenza di tali formalità non rende l’individuazione fotografica inutilizzabile, ma impone al giudice un vaglio ancora più attento sulla sua credibilità e attendibilità, da valutare nel contesto di tutte le altre prove raccolte.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di grande rilevanza pratica: l’identificazione di un sospettato tramite fotografia è un elemento di prova a pieno titolo nel processo penale. La decisione sottolinea come il sistema processuale italiano privilegi la sostanza sulla forma, affidando al giudice il compito di valutare la genuinità e la forza di ogni prova.

Per gli operatori del diritto, ciò significa che la difesa non può limitarsi a contestare l’assenza di formalità, ma deve attaccare la credibilità intrinseca del riconoscimento e di chi lo ha compiuto. Per i cittadini, invece, emerge la consapevolezza che anche un atto investigativo apparentemente semplice come mostrare una foto può avere conseguenze determinanti sull’esito di un processo.

Qual è il valore probatorio di una individuazione fotografica svolta nelle indagini preliminari?
Ha il valore di una dichiarazione e la sua forza probatoria non dipende dalle modalità formali, ma dalla credibilità del suo contenuto, che è liberamente apprezzata dal giudice alla stregua di una testimonianza.

Una individuazione fotografica è invalida se non rispetta le forme della ricognizione personale (art. 213 c.p.p.)?
No, non è invalida. La sua efficacia dimostrativa non dipende dal rispetto delle formalità previste per la ricognizione personale, ma dal valore della dichiarazione confermativa che il giudice valuta secondo il suo libero apprezzamento.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure relative all’identificazione fotografica sono state ritenute generiche, aspecifiche e manifestamente infondate, in quanto si opponevano a un principio giuridico consolidato e non erano state, in parte, nemmeno sollevate nel precedente grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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