Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12967 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12967 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Portici il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 11/05/2023 dalla CORTE di APPELLO di TORINO
PARTE CIVILE: RAGIONE_SOCIALE in persona del L.R.P.T.
dato atto che si procede nelle forme di cui all’art. 23, comma 8, d.l. n.137
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; del 2020 conv. in I. n. 176 del 2020;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME NOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore della parte civile, AVV_NOTAIO del foro di RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, con vittoria RAGIONE_SOCIALE ulteriori spese processuali;
lette le conclusioni del difensore dell’imputata, AVV_NOTAIO del foro di Torino, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugNOME per insussistenza del fatto e/o perché il fatto non costituisce reato, con conseguente annullamento anche RAGIONE_SOCIALE statuizioni civili emesse nei precedenti gradi di giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 11/05/2023 la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE emessa il 16/09/2021, appellata dall’imputata NOME COGNOME, ha assolto quest’ultima dai reati di falso contestati al capo 2 della rubrica, confermando l’affermazione di responsabilità per
la truffa aggravata ai danni della RAGIONE_SOCIALE di cui al capo 1 e rideterminando la pena in mesi otto di reclusione ed euro 206 di multa ; ha altresì confermato le statuizioni in favore della parte civile.
La COGNOME è stata ritenuta responsabile’ in qualità di sanitario dipendente della struttura ospedaliera, di aver dichiarato falsamente di non avere altri rapporti di impiego, percependo indebitamente l’indennità collegata all’esclusività del rapporto con l’amministrazione.
Avverso la sentenza di secondo grado ricorre il difensore di fiducia dell’imputata, eccependo con un primo motivo la violazione di legge e il vizio di motivazione, con riferimento all’art. 640 cod. pen. e ad altre norme giuridiche di cui si sarebbe dovuto tener conto nella decisione.
Rileva a tal fine che a seguito del passaggio diretto dalla Asl di Caserta a quella di RAGIONE_SOCIALE, aveva reso a quest’ultima dichiarazioni veritiere sul proprio status giuridico ed economico, richiamando a tal fine tutte le posizioni attive e passive facenti capo all’amministrazione cedente, e, quindi, anche il rapporto di lavoro non esclusivo, per il quale aveva optato, così restando immutato il contenuto del contratto originario; che non sussisteva condotta fraudolenta, ma semmai questione di rilevanza civilistica, derivante dal mancato rispetto di una RAGIONE_SOCIALE clausole pattuite tra le parti contrattuali; che solo per l’erron interpretazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese, ascrivibile alla RAGIONE_SOCIALE, era stata corrisposta l’indennità di esclusiva, percepita in buona fede, nel legittimo affidamento della spettanza della somma quale compenso per il surplus di lavoro espletato.
Con un secondo motivo la ricorrente deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 538 e 539 cod. proc. pen. e all’art. 2043 cod. civ. pe insussistenza del fatto illecito, non essendo stato provato il nesso di causalità fra la condotta dannosa e l’evento lesivo.
2.1. Con memoria difensiva del 18 gennaio 2024, la ricorrente ha contestato le conclusioni della Procura Generale, insistendo nelle argomentazioni a sostegno del ricorso.
Anche la parte civile RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha presentato memoria difensiva trasmessa con pec del 26 gennaio 2024, confutando i motivi di ricorso.
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi reiterativi, correttamente definiti dalla corte territoriale, e, comunque, manifestamente infondati.
La motivazione, riscontrando i motivi di appello riproposti in sede di legittimità, ha individuato gli aspetti della vicenda concreta e, in particolare, circostanza che la COGNOME nel periodo in contestazione percepì l’indennità collegata all’esclusività del rapporto di appartenenza, pur continuando a svolgere attività
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extra moenia. Con pertinenti richiami giurisprudenziali, il giudice di appello ha sottolineato che non solo l’omessa comunicazione dell’esercizio di attività professionale privata ma anche il silenzio maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della erogazione di componenti retributive, espressamente indicate nelle voci stipendiali, integra l’elemento del raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del soggetto passivo; condotta riconducibile alla ricorrente che, quanto meno, omise per vari anni di far rilevare all’amministrazione l’indebita corresponsione dell’indennità e di restituirla, nella consapevolezza di non averne diritto.
È stata altresì confutata – anche in questo caso con argomentazioni che si sottraggono a censure sul piano della logica – la tesi difensiva della buona fede e RAGIONE_SOCIALE modalità di regolamentazione del rapporto con altra RAGIONE_SOCIALE, a fronte dell’accertamento in fatto nei termini indicati; lo stesso dicasi per la dedotta convinzione di ricevere somme per lavoro straordinario, causale estranea al prospetto stipendiale (cd. busta paga) che chiaramente indicava altra voce (indennità per lavoro in esclusiva).
Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alle statuizioni civili, va ribadito che nel giudizio di legittimità, il ricorso proposto per motivi concernenti l statuizioni del giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con specifico motivo d’impugnazione, è inammissibile, poiché la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato (la censura è infatti estranea all’atto di appello; Sez. 3, n. 2343 del 28/09/2018, dep. 2019, Di Fienza, Rv. 274346).
All’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento ed al versamento a favore della RAGIONE_SOCIALE, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE in persona del I.r.p.t. che liquida in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il giorno 31 gennaio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME