Furto e Indebito Utilizzo Carte di Pagamento: La Cassazione Conferma il Concorso di Reati
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di reati contro il patrimonio, chiarendo la relazione tra il furto di una carta di credito e il suo successivo indebito utilizzo carte di pagamento. La Suprema Corte ha stabilito che non si tratta di un unico reato, ma di due distinti illeciti che concorrono tra loro, con importanti conseguenze sulla determinazione della pena. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni giuridiche e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Dal Furto alla Condanna
Il caso nasce dal ricorso di un imputato condannato nei primi due gradi di giudizio per il furto di una carta di pagamento e per il suo successivo utilizzo illecito. L’imputato, non accettando la decisione della Corte d’Appello, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali: la richiesta di riqualificare i due reati in un’unica fattispecie, il riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità (pari a 200 euro) e la contestazione sulla congruità della pena inflitta.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
L’imputato ha tentato di smontare la condanna su tre fronti, ma la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile.
La Riqualificazione del Fatto: Unico Reato o Concorso?
Il primo motivo di ricorso sosteneva che il furto della carta dovesse assorbire l’uso illecito. La Cassazione ha respinto questa tesi, confermando un orientamento consolidato. I giudici hanno spiegato che il delitto di furto e quello di indebito utilizzo sono eterogenei: il primo si consuma con l’impossessamento della cosa mobile altrui (la carta), mentre il secondo si verifica in un momento successivo, quando la condotta del furto è già conclusa. L’uso indebito non è un presupposto necessario né una conseguenza inevitabile del furto.
L’Attenuante del Danno di Tenue Entità
Il secondo motivo riguardava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), a fronte di un pregiudizio economico di 200 euro. La Corte ha definito il motivo aspecifico, sottolineando che la valutazione sulla modestia del danno è un apprezzamento di merito, non censurabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è motivato in modo logico e coerente. I giudici di merito avevano escluso che tale somma potesse configurare un danno ‘particolarmente modesto’.
L’indebito utilizzo carte di pagamento e la Congruità della Pena
Infine, il terzo motivo lamentava l’eccessività del trattamento sanzionatorio. Anche in questo caso, la Corte ha giudicato il motivo generico. La difesa si era limitata a sostenere un’incongruità della pena senza confutare le argomentazioni dei giudici di merito. Questi ultimi avevano giustificato una pena leggermente superiore al minimo edittale in ragione della capacità a delinquere dell’imputato, desunta dai suoi numerosi precedenti penali. Il ricorso, non confrontandosi con questa specifica motivazione, è risultato inefficace.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha ribadito principi giuridici importanti. In primo luogo, il concorso tra il reato di furto (art. 624 c.p.) e quello di indebito utilizzo carte di pagamento si fonda sulla diversità strutturale e cronologica delle due condotte. Non vi è un rapporto di specialità o assorbimento, ma una sequenza di due azioni criminali autonome.
In secondo luogo, la valutazione del danno patrimoniale ai fini dell’attenuante non si basa su un mero calcolo matematico, ma su un apprezzamento complessivo che spetta al giudice di merito, il quale deve considerare il contesto e le circostanze del fatto. La sua decisione, se logicamente motivata, non è sindacabile in Cassazione.
Infine, la Corte ha ricordato che la determinazione della pena è frutto di una valutazione complessiva basata sui criteri dell’art. 133 c.p. (gravità del reato e capacità a delinquere del reo). Un’eventuale motivazione rafforzata è richiesta solo quando la pena si discosta significativamente dai minimi edittali, cosa non avvenuta nel caso di specie. Il richiamo alla capacità a delinquere, basato sui precedenti, era sufficiente a giustificare la pena inflitta.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma che chi sottrae una carta di pagamento e poi la utilizza per effettuare acquisti o prelievi risponderà di due distinti reati in concorso tra loro, con un conseguente aumento della pena complessiva. La decisione sottolinea inoltre l’importanza di formulare ricorsi specifici e non generici: per contestare la pena è necessario confrontarsi puntualmente con le motivazioni del giudice, specialmente quando queste si fondano su elementi concreti come i precedenti penali dell’imputato. Chi subisce un furto di questo tipo, d’altra parte, ha la conferma che l’ordinamento giuridico tutela separatamente sia la proprietà del bene-carta sia il patrimonio che essa rappresenta.
Chi ruba una carta di credito e poi la usa commette un solo reato?
No. Secondo la costante giurisprudenza confermata da questa ordinanza, il furto della carta e il suo successivo utilizzo indebito sono due reati distinti che concorrono tra loro. La condotta del furto si esaurisce con l’impossessamento, mentre l’uso illecito costituisce un’azione successiva e autonoma.
Un danno di 200 euro è considerato sempre di ‘tenue entità’ ai fini della concessione dell’attenuante?
No, non automaticamente. La valutazione sulla ‘particolare tenuità’ del danno è un apprezzamento di merito che spetta al giudice, il quale la compie in base alle circostanze concrete. In questo caso, la Corte territoriale ha escluso, con motivazione ritenuta logica, che un danno di 200 euro potesse considerarsi particolarmente modesto.
Per quali motivi la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati e generici. Il primo motivo si scontrava con un principio di diritto consolidato (il concorso di reati), il secondo contestava una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, e il terzo non si confrontava adeguatamente con le motivazioni della sentenza impugnata sulla determinazione della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36293 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36293 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME NOVARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
rilevato che il primo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di cui all’art. 624 cod. pen. è manifestamente infondato; i giudici di appello (vedi pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata) hanno correttamente dato seguito al principio di diritto secondo cui il delitto di furto avente ad oggetto una carta credito o di oagamento concorre con quello di indebito utilizzo delle predette carte, “in radien dell’eterogeneità delle condotte sotto l’aspetto fenomenico, verificandosi la seconda quando la prima è ormai esaurita e non trovando, l’uso indebito, un presupposto necessario ed indefettibile nell’impossessamento illegittimo” (vedi Sez. 4, n. 13492 del 21/01/2020 Anselmo, Rv. 279002 – 03; negli stessi termini Sez. 7, Ordinanza n. 12411 del 13/12/2023, Bisaccia, non massimata);
Rilevato che il secondo motivo di ricorso con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen. ed il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante del danno di tenue entità è aspecifico. La Corte territoriale, con motivazione coerente con le risultanze istruttorie, ha escluso che il danno patrimoniale subito dalla persona offesa (pari a 200,00 euro) possa configurarsi come particolarmente modesto sulla base di un apprezzamento di merito non censurabile in sede di legittimità in quanto fondato su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
rilevato che il terzo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio è generico perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.; la difesa, infatt si è limitata a sostenere una generica eccessività ed incongruità del trattamento sanzioNOMErio, rassegnando poi le conclusioni favorevoli al proprio assistito senza alcuna valida confutazione delle argomentazioni espresse dai giudici di merito;
rilevato che la Corte territoriale, con argomentazioni coerenti con le risultanze processuali ed immuni da illogicità manifeste, ha ritenuto congrua la pena determinata dal primo giudice in misura di poco superiore al minimo edittale in ragione della capacità a delinquere dell’imputato desumibile dalla pluralità dei precedenti penali che gravano il COGNOME (vedi pag. 3 della sentenza impugnata), elementi con i quali il ricorso ha omesso di confrontarsi adeguatamente con conseguente aspecificità della doglianza;
rilevato, peraltro, che il Collegio intende ribadire il principio di diritto secondo cui la determinazione della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge,
sicché l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché ia pena si discosti significativamente dai minimo edituaie, mentre, rei caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 5, n. 47783 del 27/10/2022, COGNOME, non nnassimata).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 settembre 2024.