LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Indebito utilizzo carta: reato consumato anche senza PIN

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2384/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per ricettazione e indebito utilizzo carta di pagamento. Il punto chiave della decisione è che il reato di indebito utilizzo si considera consumato nel momento in cui si tenta di prelevare allo sportello, anche senza conoscere il PIN e senza riuscire a ritirare denaro, essendo sufficiente la volontà di trarne profitto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Indebito utilizzo carta di pagamento: reato consumato anche senza prelievo

L’era digitale ha reso le carte di pagamento uno strumento quotidiano, ma ha anche aumentato i rischi legati al loro furto e uso illecito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 2384/2024) affronta un tema cruciale: quando si configura il reato di indebito utilizzo carta di pagamento? La risposta della Suprema Corte è netta: il reato è consumato anche se chi la usa non conosce il PIN e il tentativo di prelievo fallisce. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per i reati di ricettazione e indebito utilizzo di una carta di pagamento di provenienza furtiva. L’imputato aveva tentato di effettuare due prelievi presso uno sportello bancario automatico, senza successo. La sua difesa sosteneva che, non essendo riuscito a prelevare denaro, il reato dovesse essere qualificato solo come ‘tentato’ e non ‘consumato’. Inoltre, l’uomo asseriva la propria buona fede riguardo alla provenienza illecita della carta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in via definitiva la condanna. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni della difesa fossero una mera riproposizione di censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che interpreta in modo rigoroso la norma sull’uso illecito delle carte di pagamento.

Le motivazioni e il principio sull’indebito utilizzo carta di pagamento

Il cuore della pronuncia risiede nella chiara spiegazione delle motivazioni che portano a considerare il reato consumato e non semplicemente tentato. La Corte ribadisce un principio fondamentale: il delitto di indebita utilizzazione di una carta di pagamento, previsto dall’art. 493-ter del codice penale, si perfeziona con il semplice compimento dell’azione di utilizzo a fini di profitto, indipendentemente dal risultato.

Nel dettaglio, i giudici hanno specificato che l’azione si consuma anche quando l’utilizzatore, non possedendo il codice PIN corretto, effettua un tentativo di prelievo digitando sequenze numeriche casuali presso uno sportello automatico, senza riuscire a ottenere denaro. La norma, infatti, non punisce l’ottenimento del profitto, ma l’atto stesso di utilizzare indebitamente lo strumento di pagamento. L’intenzione di trarre un vantaggio economico, manifestata attraverso l’inserimento della carta e la digitazione di codici, è sufficiente a integrare la fattispecie criminosa.

Questa interpretazione è volta a tutelare in modo ampio e anticipato il bene giuridico protetto dalla norma, ovvero la sicurezza e l’affidabilità degli strumenti di pagamento elettronico. Attendere l’effettivo prelievo di denaro per considerare il reato consumato indebolirebbe tale tutela.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un’interpretazione severa ma necessaria per contrastare le frodi con carte di pagamento. La lezione è chiara: il solo tentativo di utilizzare una carta rubata presso un ATM, anche se infruttuoso, costituisce un reato pienamente consumato. Questa decisione rappresenta un importante deterrente, poiché stabilisce che la condotta illecita è punibile nella sua interezza fin dal primo momento in cui si manifesta, senza necessità di attendere il conseguimento del profitto.

Tentare di prelevare con una carta rubata, senza conoscere il PIN, è reato consumato o solo tentato?
Secondo la Corte di Cassazione, si tratta di un reato consumato. La norma punisce l’indebita utilizzazione a fini di profitto, che si realizza con il semplice tentativo di prelievo presso uno sportello automatico, anche se non si ottiene denaro per l’errata digitazione del PIN.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le censure proposte erano una semplice riproduzione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello e sono state ritenute manifestamente infondate dalla Corte di Cassazione.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati