LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Indebita percezione: no sussidi se il coniuge lavora

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona condannata per indebita percezione del reddito di cittadinanza. La Corte ha ritenuto insostenibile la tesi difensiva secondo cui la ricorrente non fosse a conoscenza dei redditi del marito, derivanti da un’attività lavorativa non dichiarata al fisco. È stata inoltre respinta la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa della durata della percezione e dell’entità del danno per lo Stato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Indebita percezione di sussidi: la conoscenza dei redditi del coniuge è presunta

L’indebita percezione di sussidi statali, come il reddito di cittadinanza, rappresenta un tema di grande attualità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: non si può affermare di ignorare i redditi del proprio coniuge per giustificare la percezione di un beneficio non spettante. Questo principio rafforza la responsabilità individuale e familiare nella corretta dichiarazione dei redditi ai fini dell’accesso a prestazioni sociali.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per il reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo la pena grazie alla concessione delle attenuanti generiche, ma confermando la condanna nel resto. La difesa della ricorrente si basava sul fatto che non era a conoscenza dei redditi percepiti dal marito, derivanti dalla sua attività di carrozziere, la quale peraltro risultava sconosciuta al fisco.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La ricorrente ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando due principali vizi:
1. Vizio di motivazione sull’elemento soggettivo: Si sosteneva che i giudici di merito non avessero adeguatamente motivato la sussistenza della consapevolezza e volontà (dolo) di commettere il reato.
2. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo il danno causato di lieve entità.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le doglianze e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni della Decisione

L’ordinanza della Suprema Corte si fonda su un ragionamento chiaro e lineare, che smonta le argomentazioni difensive.

Sulla Consapevolezza dei Redditi Familiari e l’indebita percezione

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha ritenuto la valutazione dei giudici di merito del tutto logica e incensurabile. In particolare, è stata definita “insostenibile” la tesi secondo cui la ricorrente potesse non essere a conoscenza dei redditi percepiti dal marito. All’interno di un nucleo familiare, la Cassazione presume una condivisione e una conoscenza delle fonti di reddito che contribuiscono al sostentamento comune. Ignorare un’entrata economica derivante da un’attività imprenditoriale, seppur non dichiarata, è stato considerato un argomento privo di fondamento logico.

Sulla Non Applicabilità della Particolare Tenuità del Fatto

Anche la seconda censura è stata respinta. La Corte territoriale aveva già ampiamente motivato perché non fosse applicabile l’art. 131-bis c.p. La motivazione si basava su due elementi cruciali:
1. Il danno cagionato: L’indebita percezione del reddito si era protratta per diversi mesi, causando un danno significativo per le casse dello Stato.
2. La natura delle entrate non dichiarate: Il nucleo familiare poteva contare su entrate derivanti da un’attività imprenditoriale stabile, e non su “somme modeste correlate a lavori occasionali”. Questo dimostra una capacità economica superiore a quella dichiarata e incompatibile con il beneficio richiesto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa decisione ribadisce un principio di responsabilità fondamentale: chi richiede un sussidio statale ha l’onere di dichiarare in modo veritiero e completo la situazione economica dell’intero nucleo familiare. La scusa di “non sapere” dei redditi percepiti da un altro componente, specialmente il coniuge, non è ritenuta credibile dalla giurisprudenza. Inoltre, la pronuncia conferma che l’indebita percezione di benefici protratta nel tempo e basata sull’occultamento di redditi stabili non può essere considerata un fatto di “particolare tenuità”, escludendo così la possibilità di evitare la condanna penale.

È possibile giustificare l’indebita percezione di un sussidio affermando di non conoscere i redditi del proprio coniuge?
No. Secondo la Corte di Cassazione, è considerata ‘insostenibile’ e illogica la tesi secondo cui un componente del nucleo familiare non sia a conoscenza dei redditi percepiti dal coniuge, anche se derivanti da attività non dichiarate al fisco.

Quando il reato di indebita percezione non è considerato di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
Il reato non è considerato di ‘particolare tenuità’ quando il danno causato allo Stato è rilevante, ad esempio perché la percezione illecita si è protratta per diversi mesi, e quando le entrate non dichiarate derivano da un’attività imprenditoriale stabile e non da lavori occasionali e modesti.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati