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Indebita percezione NASPI: reato unitario, no prescrizione

Una lavoratrice è stata condannata per indebita percezione NASPI, avendo ricevuto l’indennità di disoccupazione per due anni pur lavorando all’estero. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, stabilendo un principio fondamentale: il reato è unitario e la prescrizione decorre solo dalla riscossione dell’ultima rata. La Corte ha confermato che l’omessa comunicazione del nuovo impiego integra il reato, respingendo la tesi della prescrizione parziale e della tenuità del fatto.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Indebita Percezione NASPI: La Cassazione Conferma il Reato Unitario e Sposta la Prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di indebita percezione NASPI, fornendo chiarimenti cruciali sulla natura del reato e sui termini di prescrizione. La decisione sottolinea che, quando i benefici sono erogati periodicamente a seguito di una singola omissione iniziale, il reato si considera unico e si conclude solo con la ricezione dell’ultimo pagamento. Questo principio ha implicazioni significative per chiunque ometta di comunicare all’INPS variazioni della propria situazione lavorativa.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice è stata condannata nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 316-ter del codice penale. Nello specifico, le è stato contestato di aver percepito indebitamente l’indennità di disoccupazione (NASPI) per un importo totale di oltre 17.000 euro. L’irregolarità è derivata dalla mancata comunicazione all’INPS del suo reimpiego in un’attività lavorativa all’estero, una situazione che si è protratta per circa due anni, dal novembre 2016 al novembre 2018.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa della ricorrente ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Prescrizione parziale: Sosteneva che le condotte relative agli anni 2016 e 2017 dovessero considerarsi prescritte, contestando l’applicazione retroattiva di un nuovo principio giurisprudenziale che considera il reato come un’unica condotta prolungata.
2. Errata qualificazione giuridica: Affermava di non aver tenuto alcuna condotta fraudolenta per ottenere i pagamenti.
3. Vizio di motivazione e violazione del diritto di difesa: Lamentava l’uso di prove unilaterali e il fatto di essersi semplicemente affidata a un C.A.F. per la gestione della pratica.
4. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., data la lieve intensità del dolo e l’importo, a suo dire, non eccessivo.

L’Indebita Percezione NASPI e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa con motivazioni chiare e nette.

Il Principio del Reato Unitario a Consumazione Prolungata

Il punto centrale della sentenza riguarda la prescrizione. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato, specificando che l’indebita percezione NASPI, quando deriva da una singola omissione iniziale (la mancata comunicazione del nuovo lavoro) e si manifesta attraverso pagamenti periodici, costituisce un reato unitario a consumazione prolungata.

Questo significa che il reato non si esaurisce con la prima erogazione, ma continua a sussistere fino alla percezione dell’ultimo contributo non dovuto. Di conseguenza, il termine di prescrizione inizia a decorrere non dal primo pagamento, ma dall’ultimo. In questo caso, essendo l’ultimo pagamento avvenuto a novembre 2018, nessuna parte della condotta poteva considerarsi prescritta. La Corte ha precisato che questa non è un’innovazione sfavorevole, ma la conferma di un indirizzo maggioritario.

Il Rigetto degli Altri Motivi di Ricorso

Anche gli altri motivi sono stati giudicati manifestamente infondati. La condotta criminosa è stata correttamente individuata nella falsità della dichiarazione sulla propria condizione di disoccupazione, che ha indotto in errore l’ente erogatore. Le doglianze procedurali sono state ritenute generiche e assertive.

Infine, è stato negato il beneficio della particolare tenuità del fatto a causa della notevole durata delle percezioni fraudolente (due anni) e dell’entità della somma indebitamente ricevuta, elementi che escludono la tenuità dell’offesa.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di tutelare la corretta distribuzione delle risorse pubbliche. La frantumazione artificiale di una condotta, geneticamente unitaria, in tanti piccoli reati quante sono le rate percepite, sarebbe illogica e contraria alla natura stessa del reato. L’omissione iniziale di un’informazione dovuta è l’atto che innesca una serie di pagamenti illeciti, e l’offesa al bene giuridico protetto si protrae fino a quando tale serie non si interrompe. La decisione delle Sezioni Unite citata nel provvedimento non ha fatto altro che ratificare questa interpretazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale solo apparente.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un principio fondamentale in materia di indebita percezione NASPI e altre erogazioni pubbliche periodiche. Chi omette di comunicare variazioni rilevanti della propria situazione reddituale o lavorativa commette un reato unico la cui consumazione si estende fino all’ultimo pagamento ricevuto. Ciò comporta lo slittamento in avanti del termine di prescrizione, rendendo più difficile sfuggire alle proprie responsabilità. La decisione serve da monito sulla necessità di trasparenza e correttezza nei rapporti con gli enti previdenziali, sottolineando che anche la semplice omissione di un’informazione dovuta può avere gravi conseguenze penali.

Quando si prescrive il reato di indebita percezione NASPI se i pagamenti sono mensili?
Il reato si considera a consumazione prolungata e si conclude solo con la percezione dell’ultimo pagamento indebito. Pertanto, il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data dell’ultima erogazione ricevuta, non dalla prima.

È possibile ottenere l’assoluzione per “particolare tenuità del fatto” in casi di indebita percezione di contributi pubblici?
La sentenza chiarisce che la concessione di tale beneficio viene valutata caso per caso. Nel caso specifico, è stata negata a causa dell’entità della somma percepita (oltre 17.000 euro) e della durata prolungata della condotta illecita (due anni), elementi che rendono il fatto non “tenue”.

Affermare di essersi affidati a un C.A.F. (Centro di Assistenza Fiscale) per la domanda esclude la responsabilità penale?
No, la sentenza tratta questa argomentazione come generica e infondata. La responsabilità penale rimane personale e la falsità della dichiarazione relativa alla propria condizione di disoccupazione, che ha portato all’erogazione dell’indennità, costituisce il nucleo della condotta criminosa, indipendentemente da chi abbia materialmente compilato la domanda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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