Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36120 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Caltanissetta il DATA_NASCITA, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza del 30-11-2023 del Tribunale di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 ottobre 2023, il G.I.P. del Tribunale di Caltaniss rigettava la richiesta di applicazione di misure personali e reali avanza confronti di 21 persone indagate a vario titolo dei reati di associaz delinquere, di truffa aggravata e del reato ex art. 38 bis del d. Igs. n. 81 del 2015. Il G.I.P., in particolare, escludeva la gravità indiziaria rispetto al reato as riteneva configurabile, quanto ai capi 3, 5, 9, 11, 14, 16, 18, 20, 22, 24 reato ex art. 38 bis del d. Igs. n. 81 del 2015, per il quale non era stata avanz alcuna richiesta cautelare, trattandosi di fattispecie contravvenzionali, quanto ai capi 2, 4, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 15, 17, 19, 21, 23 e 25, il G.I.P configurabile non il contestato delitto di truffa aggravata, ma quello di i compensazione, da considerarsi speciale, e rigettava la richiesta cautelare, i al rilievo secondo cui le risultanze RAGIONE_SOCIALE* verifiche fiscali eseguite in imprese appaltatrici avevano già formato oggetto di denuncia presso le rispet sedi giudiziarie, integrando ciò un ne bis in idem cautelare.
Con ordinanza del 30 novembre 2023, il Tribunale del riesame d Caltanissetta, in parziale accoglimento dell’appello cautelare proposto dal disponeva nei confronti di NOME COGNOMECOGNOME in relazione al capo 23 della provvis imputazione, la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’att impresa e di rivestire uffici direttivi RAGIONE_SOCIALE persone giuridiche per la durata isei, previa riqualificazione della condotta, contestata come truffa aggra danno dello Stato, nel reato ex art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000.
Avverso l’ordinanza del Tribunale nisseno, COGNOME, in proprio e quale le rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ha proposto, tramite il difensore di procuratore speciale, ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con il primo, è stata eccepita la violazione dell’art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000, rimarcandosi il difetto della soglia di punibilità del reato con atteso che dal raffronto tra il capo di imputazione 23 e la motivazion provvedimento impugnato emerge l’errore compiuto dal Tribunale del Riesame, che ha sommato gli importi indicati nel capo di imputazione, sebbene gli stes riferiscano a due annualità distinte, ossia il 2018 e il 2019, non essendosi considerato che il presunto profitto ammontava, per l’anno 2018, a 42.442,30 e e, per l’anno 2019, a 32.582,88 euro, mentre l’importo totale di 75.025,61 non rileverebbe ai fini del superamento della soglia di punibilità, che va ri ogni singola annualità fiscale.
Con il secondo motivo, la difesa censura la valutazione dei gravi indiz colpevolezza e RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, osservando che il Tribunale ha omess considerare che, come era stato sottolineato nella memoria difensiva, la so
amministrata dall’odierno ricorrente non ha tratto alcun vantaggio dall’operazione fiscale contestata, avendo pagato regolarmente l’importo pattuito e l’Iva, per cui il reato contestato è insussistente dal punto di vista non solo oggettivo, ma anche soggettivo, atteso che l’operazione sottostante ai fatti di causa era regolare.
Anche sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, l’ordinanza impugnata sarebbe carente e ripiegata acriticamente sulle argomentazioni del P.M., non essendo stata argomentata la configurabilità del pericolo concreto di recidiva, a fronte dell’occasionalità della condotta e della sua risalenza nel tempo.
Con il terzo motivo, riferito alla misura reale, oggetto di doglianza è la violazione degli art. 10 quater e 12 bis del d. Igs. n. 74 del 2000, 143 della legge n. 244 del 2007, 321, comma 2, cod. proc. pen. e 322 ter cod. pen., rilevandosi che il Tribunale ha commesso un macroscopico errore nel computo dell’imposta evasa, sommando gli importi indicati nel capo di imputazione, sebbene gli stessi si riferiscano a due annualità distinte, ossia il 2018 e il 2019, senza considerare che il presunto profitto ammontava, per l’anno 2018, a 42.442,30 euro e, per l’anno 2019, a 32.582,88 euro, mentre l’importo totale di 75.025,61 euro non rileva ai fini del superamento della soglia di punibilità, che va riferita a ogni sing annualità, incidendo ciò sia sulla valutazione indiziaria, sia sul giudizio relativo periculum in mora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1. Iniziando dalle censure in punto di gravità indiziaria sollevate nei primi due motivi, suscettibili di trattazione unitaria perché tra loro sovrapponibil occorre innanzitutto richiamare, in via preliminare, la consolidata affermazione di questa Corte (ex multis cfr. Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, Rv. 281019 e Se. 5, n. 36079 del 05/06/2012, Rv. 253511), secondo cui la nozione di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misura è infatti sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato” in ordine reati addebitati. Pertanto, tali indizi non devono essere valutati secondo gli stess criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192 comma 2 cod. proc. pen., è per questa ragione che l’art. 273 comma 1 bis cod. proc. pen. richiama l’art. 192 commi 3 e 4 cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi. Quanto ai limi del sindacato di legittimità, deve essere ribadito (sul punto tra le tante cfr. Sez. n. 26992 del 29/05/2013 Rv. 255460) che, in tema di misure cautelari personali,
allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta solo il compito di verificare, relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a es ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi d diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie. Il controllo di logicità deve rimanere quindi “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali RAGIONE_SOCIALE vicende indagate; in altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali RAGIONE_SOCIALE vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione RAGIONE_SOCIALE caratteristiche soggettive dell’indagato, in ciò rientrando anche l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari e RAGIONE_SOCIALE misure adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è perciò circoscritto al solo esam dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, ovvero: 1) l’esposizione del ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo dell’atto impugnato.
1.1. Alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche, occorre ribadire che il giudizio sulla gravità indiziaria formulato dal Tribunale del Riesame non presta il fianco a censure di irragionevolezza. E invero, nel ripercorrere le risultanze investigative, l’ordinanza impugnata ha ritenuto che NOME COGNOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, società committente, abbia concorso nelle compensazioni di crediti inesistenti materialmente effettuate dal RAGIONE_SOCIALE, composto dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di appaltatore per il pagamento degli oneri previdenziali e fisca relativi ai lavoratori formalmente assunti dal RAGIONE_SOCIALE, ma in realtà in servizio presso la Sti. Per giungere a tale conclusione, il Tribunale ha premesso che gli accertamenti sono partiti dalle dichiarazioni di alcune persone, le quali avevano riferito di essere state contattate dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME per lavorare presso imprese della provincia di Caltanissetta e, però, di essere state formalmente assunte da ditte diverse da quelle ad esse indicate nella proposta di lavoro: tra questi, in particolare, vi era NOME COGNOME, il quale ha riferit essere stato contattato per lavorare presso la “RAGIONE_SOCIALE“, e di essere però
stato assunto da una società del RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, la “RAGIONE_SOCIALE“, e poi dalla “RAGIONE_SOCIALE“, e solo dall’aprile 2020 dalla ” RAGIONE_SOCIALE“, società amministrata dai coindagati NOME e NOME COGNOME, pur avendo lavorato sempre e ininterrottamente presso quest’ultima. Una successiva denuncia presentata da tale NOME COGNOME lamentava un omesso versamento di contributi da parte della società sua formale datrice di lavoro, la “RAGIONE_SOCIALE“, sebbene egli avesse svolto le mansioni presso altra società, la “RAGIONE_SOCIALE” Il Tribunale ha quindi osservato che i successivi accertamenti avevano consentito di accertare che NOME e NOME, quest’ultimo poi deceduto, avevano operato per vari enti e società, come il RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, i quali: a) assumevano alle dipendenze diversi lavoratori e poi mettevano gli stessi a disposizione di imprese aventi sede nel nisseno, tra cui appunto la “RAGIONE_SOCIALE“, sulla base di contratti d appalto di servizi, applicando ai prestatori di lavoro condizioni deteriori rispetto quelle ordinarie in materia di retribuzioni, orari di lavoro, compensi per straordinari, permessi e trattamenti di fine rapporto; b) erano privi di compendio aziendale e non avevano mai presentato dichiarazioni Iva; c) avevano compensato, nel periodo tra il 2016 ed il 2021, i debiti previdenziali con altri credi anche attraverso il meccanismo del c.d. “accollo tributario”. È stato quindi evidenziato che: 1) “RAGIONE_SOCIALE” ha effettuato compensazioni indebite nell’anno 2018 per 1.765.557,00 euro e nell’anno 2019 per 475.780,00 euro, ed è risultata irreperibile, all’atto della verifica fiscale, sia presso la sede legale presso la sede operativa, come irreperibile è risultata essere anche la sua ultima legale rappresentante, NOME COGNOME; 2) “RAGIONE_SOCIALE” ha effettuato compensazioni indebite nell’anno 2019 per 1.857.278,74 euro, mediante il meccanismo del c.d. “accollo tributario”, quindi in contrasto con la Risoluzione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 15 novembre 2017, n. 140, per di più utilizzando crediti di imposta di società dichiarate fallite o estinte, ed è risultata irreperi presso la sede legale dichiarata; 3) “RAGIONE_SOCIALE” è risultata inesistent presso la sede legale, per l’anno 2018 ha presentato esclusivamente la dichiarazione IVA riportando un credito IVA di 1.961.586,00, risultante da operazioni di cessioni per 187.755,00 euro e di acquisti per 25.266.387,00 euro non documentate da fatture e non risultanti nemmeno dallo “spesometro integrato”, non ha avuto posizione debitorie per lavoratori presso l’RAGIONE_SOCIALE fino al 2018, per poi avere 509 posizioni assicurative per rapporti di lavoro nel 2019 e 402 posizioni assicurative per rapporti di lavoro nel 2020; 4) il RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” ha effettuato compensazioni indebite nell’anno 2019 per 616.113,00 euro, mediante il meccanismo del c.d. “accollo tributario”, ed utilizzando crediti di imposta di società di cui è stata disposta la cessazione d’uffici Corte di Cassazione – copia non ufficiale
della partita Iva, ed alcune RAGIONE_SOCIALE quali accollanti anche per la “RAGIONE_SOCIALE aveva un amministratore risultato irreperibile, e anche nel 2018 ha effett compensazioni indebite per 249.581,98 euro, mediante il meccanismo del c.d. “accollo tributario”, utilizzando crediti di imposta di società spesso ri irreperibili e che, comunque, non hanno presentato alcuna dichiarazione fisca oltre quelle ai fini Iva per il 2017, recanti, appunto, i crediti ceduti per c le compensazioni. In definitiva, è emersa dalle indagini l’esistenza di una fit di enti variamente dislocati sul territorio nazionale che, assumendo la formale di soggetto appaltatore, simulavano contratti di appalto di servizi rappresentanti di alcune imprese committenti locali al fine di dissimulare fraudolenta somministrazione di lavoratori dalla società appaltatrice a qu committente, di modo che le imprese locali, gestendo il personale senza assumer la veste formale di datori di lavoro, realizzavano un ingiusto arricchime omettendo di assolvere all’obbligo di versamento dei contributi all’RAGIONE_SOCIALE e imposte relative ai rapporti di lavoro, mentre le imprese appaltatrici, quali f datori di lavoro, pur assumendo il debito fiscale, previdenziale e contribu eludevano l’effettivo versamento dei relativi importi, opponendo crediti fi all’RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE. I coindagati COGNOME, COGNOMECOGNOME COGNOMECOGNOME COGNOME, grazie alla intermediazione di NOME COGNOME COGNOME del consulente del l NOME COGNOME, sono entrati in particolare in contatto con NOME COGNOME, leg rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, società committente, in ultimo beneficiari compensazioni indebite direttamente realizzate dalle società appaltatrici.
Con riferimento alla posizione soggettiva di COGNOME, l’ordinanza impugnata (pa 28-29) ha sottolineato che in capo afistessDera ravvisabile il dolo richiesto a della configurabilità del reato, ciò in ragione del fatto che il mecca dell’opposizione al Fisco di crediti inesistenti rappresentava uno stratage essenziale per la riuscita della frode, atteso che chi agiva in nome e per conto società committente non poteva accontentarsi del solo trasferimento ai coindaga che rappresentavano le società appaltatrici dei loro debiti fiscali, ma d pretendere necessariamente che questi ultimi provvedessero, sia pu fittiziamente, ad assolvere al pagamento del debito medesimo, non potendo quind disinteressarsi RAGIONE_SOCIALE modalità attraverso le quali ciò sarebbe accaduto, rient dunque evidentemente la compensazione del debito fiscale nell’accordo criminoso. In tal senso, è stato altresì ricordato il meccanismo della responsabilità s del committente imprenditore o datore di lavoro previsto dall’art. 29, comma d.lgs. n. 276 del 2003, nel caso di appalto di servizi, per il trattamento retr per i contributi previdenziali e per i premi assicurativi dovuti dall’appaltato eventuali subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti in relazione al peri esecuzione del contratto di appalto di servizi, ed entro il termine di due anni
cessazione dell’appalto, da ciò ricavandosi che l’impresa beneficiaria, perché potesse effettivamente liberarsi del debito tributario, non doveva limitarsi a trasferirlo sul terzo appaltatore, ma doveva assicurarsi che quest’ultimo riuscisse a simularne il pagamento, incorrendo in caso contrario nell’azione di recupero dello Stato, che avrebbe potuto agire anche nei confronti del soggetto committente.
1.2. Nel calcolare la somma algebrica degli importi RAGIONE_SOCIALE indebite compensazioni, richiamando a tal fine i contratti di appalto simulati con i quali è stato traslato alle società compiacenti il proprio debito tributario, i giudici caute (pag. 29-31) hanno ritenuto superata, per il solo reato di cui al capo 23, non anche per quello di cui al capo 25, la soglia di punibilità del reato di cui all’art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000, essendo la relativa somma pari a 75.025,61 euro, apparendo la valutazione del Tribunale coerente con il principio affermato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 20718 del 21/01/2022, Rv. 283343), secondo cui, in tema di indebita compensazione, la valutazione del “quantum” dei crediti non spettanti o inesistenti, necessaria ai fini della verifica del superamento della sogli legale di punibilità, deve essere unitaria e complessiva, non essendo consentita la suddivisione della soglia per ogni singola imposta. In ogni caso, le censure difensive sul punto risultano non adeguatamente specifiche, oltre che connotate da palesi limiti di autosufficienza, stante la mancata allegazione degli elementi di prova indicati a supporto RAGIONE_SOCIALE proprie deduzioni, per cui la riqualificazione giuridica del fatto operata dal G.I.P. prima e dal Tribunale poi non può allo stato ritenersi lesiva RAGIONE_SOCIALE prerogative difensive, e ciò anche in ragione della fluidità ch spesso connota le imputazioni della fase cautelare.
1.3. In definitiva, almeno per quanto riguarda la valutazione indiziaria tipica della fase cautelare e fatti salvi ovviamente gli eventuali sviluppi probatori ne prosieguo del procedimento penale in corso, occorre evidenziare che la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza rispetto al reato oggetto di imputazione provvisoria, in quanto fondata su considerazioni razionali e allo stato coerenti con le acquisizioni investigative, resiste alle censure difensive che, invero in termini non sufficientemente specifici, sollecitano una differente lettura RAGIONE_SOCIALE fonti dimostrativ disponibili, operazione questa che non può trovare ingresso in sede di legittimità, dovendosi ribadire l’affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv. 269884), secondo cui il ricorso per cassazione in tema di impugnazione RAGIONE_SOCIALE misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità dell motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero, come nella vicenda in esame, si risolvano in una valutazione alternativa RAGIONE_SOCIALE circostanze esaminate dal giudice di merito.
Ugualmente immune da censure è il giudizio sulle esigenze cautelari. E invero il Tribunale del Riesame, nel ritenere sussistente il pericolo di reiterazione dei reati, unica RAGIONE_SOCIALE esigenze ravvisate, ha rimarcato (pag. 35-36 dell’ordinanza impugnata) la gravità RAGIONE_SOCIALE condotte poste in essere, oltre che la loro sistematicità, avendo l’indagato più volte fatto ricorso all’ingegnoso stratagemma ideato da correi, stipulando contratti simulati con una pluralità di persone giuridiche, in modo da rendere assai difficoltosa la ricostruzione del meccanismo delinquenziale, il che ha consentito un’evasione di imposta per un importo tutt’altro che trascurabile. Di qui l’applicazione della misura interdittiva, ritenuta idonea a salvaguardare il pericolo di condotte recidivanti, perché in grado di precludere a COGNOME di ricoprire i ruoli e di svolgere le funzioni che gli hanno consentito di agire illecitamente. Orbene, con tali considerazioni, non manifestamente illogiche, oltre che sufficientemente critiche rispetto a quelle della richiesta del P.M., il ricorso non confronta adeguatamente, per cui deve ritenersi che, anche in punto di esigenze cautelari, non vi sia spazio per l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE obiezioni difensive.
Il terzo motivo è parimenti inammissibile, in quanto riferito alla misura cautelare reale, che tuttavia è estranea al contenuto decisorio dell’ordinanza impugnata, avente ad oggetto esclusivamente la misura cautelare personale.
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte, il ricOrso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere dichiarato quindi inammissibile, con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 15.07.2024