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Indebita compensazione: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata, condannata per il reato di indebita compensazione di imposte per un valore di oltre 74.000 euro. La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già respinte in appello, chiedendo una nuova valutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. È stata inoltre respinta la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa dell’ingente somma evasa e di un precedente specifico.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Indebita Compensazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per cassazione in materia di reati tributari, in particolare per il delitto di indebita compensazione. La Suprema Corte ha ribadito principi consolidati riguardo alla responsabilità del legale rappresentante e ai criteri per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, confermando la condanna emessa nei gradi di merito.

I Fatti del Caso: La Condanna per Indebita Compensazione

Il caso riguarda un’imputata, legale rappresentante di una società, condannata sia in primo grado dal Tribunale che in secondo grado dalla Corte di Appello per il reato previsto dall’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era quella di aver effettuato una compensazione di debiti fiscali con crediti inesistenti, portando a un’evasione d’imposta per un importo di 74.185,00 euro. La pena inflitta era stata di un anno e quattro mesi di reclusione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputata ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due principali motivi di doglianza:

1. Carenza dell’elemento psicologico: La difesa sosteneva che non fosse stata provata la sua consapevolezza e volontà di commettere il reato, contestando l’affermazione della sua responsabilità penale.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si richiedeva il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis del codice penale, in considerazione di una presunta lieve entità del danno.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sull’indebita compensazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure. I giudici hanno sottolineato che il ricorso non presentava argomenti nuovi, ma si limitava a riproporre le medesime questioni già esaminate e respinte dalla Corte di Appello. Questo tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove è precluso in sede di legittimità, dove la Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non riesaminare i fatti.

Nel merito, la Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello del tutto logica e congrua. La responsabilità dell’imputata derivava in modo chiaro dalla sua posizione di legale rappresentante della società al momento dei fatti. Non era emerso, né era stato dedotto, alcun elemento che potesse far pensare a un ruolo puramente formale, privo di poteri gestionali effettivi.

Anche riguardo al secondo motivo, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis c.p. La motivazione si fonda su due elementi cruciali:

* L’entità dell’imposta evasa: Un importo di 74.185,00 euro è stato considerato tutt’altro che esiguo.
* La presenza di un precedente specifico: L’esistenza di un precedente penale per un reato della stessa indole ha costituito un ulteriore ostacolo all’applicazione del beneficio.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Limiti al Giudizio di Legittimità e Responsabilità del Legale Rappresentante

Questa pronuncia rafforza alcuni principi fondamentali del diritto penale tributario e processuale. In primo luogo, evidenzia come il ricorso per cassazione non possa trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. In secondo luogo, ribadisce la presunzione di responsabilità gestionale che grava sul legale rappresentante di una società, a meno che non venga fornita prova contraria. Infine, conferma che l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto richiede una valutazione complessiva che tiene conto non solo delle modalità della condotta, ma anche dell’entità del danno e della personalità dell’imputato, come desumibile dai precedenti penali.

Quando il legale rappresentante di una società è responsabile per il reato di indebita compensazione?
Secondo la sentenza, il legale rappresentante è ritenuto responsabile quando riveste tale carica al momento della commissione del reato, a meno che non venga dimostrato che la sua posizione era puramente formale e non corrispondeva a una gestione sostanziale dell’ente.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva le stesse censure già esaminate e respinte dalla Corte di Appello, tendendo a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione in sede di legittimità.

L’istituto della “particolare tenuità del fatto” può essere applicato a un’evasione fiscale di oltre 74.000 euro?
No, in questo caso la Corte ha ritenuto corretta la decisione di non applicare la causa di non punibilità, considerando l’entità rilevante dell’imposta evasa (74.185,00 euro) e la presenza di un precedente penale specifico a carico dell’imputata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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