Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30697 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30697 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a RODI GARGANICO il 19/08/1959
avverso la sentenza del 18/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.
rilevato che, con due motivi di ricorso, NOME COGNOME ha dedotto: a) il vizio di violazione di legge e quello di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per erronea valutazione degli elementi costitutivi del reato con riferimento all’art. 10-quater, comma 2 d. Igs. n. 74 del 200 (dolendosi, in particolare, del giudizio di responsabilità, fondato esclusivamente sul ruolo rivestito dal ricorrente di legale rappresentante della società, senza approfondire la questione relativa all’individuazione del soggetto chiamato alla compilazione e trasmissione della documentazione contabile, ossia il professionista della società; censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto il credito fiscale inesistente, anziché, come sarebbe stato più corretto, non spettante; ancora, si censura la sentenza in ordine alla illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo4; b) il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di contraddittorietà e manifesta illogicit della motivazione per l’erronea valutazione del calcolo della pena oltre che degli elementi a favore dell’imputato con riferimento alle attenuanti (dolendosi, in particolare, della motivazione in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenúanti generiche, negate per l’assenza di elementi di segno positivo, nonché ribadendo che la presenza o l’assenza dell’imputato all’udienza è elemento neutro, mentre la scelta premiale del rito abbreviato assume rilievo in senso favorevole sin dalla determinazione della pena base, peraltro incongruamente determinata);
ritenuto che i motivi di ricorso proposti dalla difesa sono inammissibili in quanto il primo riproduce profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e di merito e non scanditi da specifica criticità dell argomentazioni a base della sentenza impugnata, prefigurando peraltro una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, e comunque, entrambi, manifestamente infondati perché inerenti ad asserita contraddittorietà motivazionale non emergente dal provvedimento impugnato (si v., in particolare, le considerazioni espresse alle pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di ritenere configurabile il reato ascritto; in particolare, i giudici rigettano l’identico motivo di appello, replicato senza alcun apprezzabile elemento di novità critica in sede di legittimità, osservando come la presentazioneaW modelli di pagamento F24 per le aziende viene effettuata dal
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legale rappresentante della società, in nome e per conto della contribuente e, nella specie, era emerso come il ricorrente fosse state ininterrottamente amministratore della società a partire431Ia sua costituzione nel maggio 2018 e fino alla data del fallimento, dichiarato in data 3/11/2021; aggiungono, peraltro, i giudici come la difesa non avesse offerto alcun elemento su cui poter dubitare di tale evidenza oggettiva innegabile, non avendo chiarito le ragioni per le quali la condotta non sarebbe stata attribuibile al ricorrente, ciò che rende responsabile il ricorrente di tutte le illecite compensazioni effettuate dalla cooperativa, in assenza di qualsiasi indicatore di dubbio in tal senso, non essendo peraltro sollevata alcuna doglianza specifica nemmeno in relazione all’illiceità stessa delle contestate compensazioni);
ritenuto che, alla luce della motivazione del giudice di appello svolta in relazione al motivo con cui si richiedeva l’assoluzione per non aver commesso il fatto, le doglianze difensive svolte in sede di ricorso per cassazione appaiono, all’evidenza, generiche per aspecificità in quanto riproducono, senza alcun apprezzabile elemento di novità critica, le doglianze svolte davanti ai giudici di appello; le censure difensive, articolate sulla presunta mancanza di accertamento di chi avrebbe materialmente provveduto a compilare e presentare materialmente i modelli F24 per procedere alla compensazione in base all’assunto che il legale rappresentante non si occuperebbe di tali adempimenti ma solo il professionista incaricato, nonché la censure sulla asserita natura di crediti non spettanti anziché inesistenti riferita ai crediti oggetto di compensazione, tradiscono, all’evidenza, in realtà, il tentativo della difesa di trascinare questa Corte sul terreno del fatto chiedendo in sostanza di riesaminare la valutazione degli elementi probatori operata dalla Corte d’appello e del primo giudice con motivazione non manifestamente illogica; così operando, tuttavia, la difesa trascura che il controllo di legittimità sulla correttezza della motivazione non consente alla Corte di cassazione di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito in ordine alla ricostruzione storica della vicenda ed all’attendibilità delle fonti prova, e tanto meno di accedere agli atti, non specificamente indicati nei motivi di ricorso secondo quanto previsto dall’art. 606, primo comma, lett. e) cod. proc. pen. come novellato dalla L. n. 46 del 2006, al fine di verificare la carenza o la illogicità della motivazione (Sez. 1, n. 20038 del 09/05/2006, P.M. in proc. Matera, Rv. 233783); Corte di Cassazione – copia non ufficiale ritenuto, ancora, quanto alla censura afferente alla mancata valutazione circa l’esistenza dell’elemento psicologico del reato, che si tratta di motivo inammissibile in quanto nuovo, in quanto inerente a violazione di legge deducibile e non dedotta nel precedente grado d’appello (art 606, comma 3, cod. proc. pen.), non potendo pertanto la difesa dolersi della mancanza della motivazione sul punto; è infatti 7
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (tra le tante: Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 – 01);
ritenuto, infine, quanto alle censure afferente il trattamento sanzionatorio, che le stesse sono parimenti inammissibili sia perché non si confrontano con la sufficiente e non illogica motivazione dei giudici di merito sia perché manifestamente infondate non essendo ravvisabile il vizio motivazionale dedotto; i giudici di appello, in particolare, richiamando l’approfondito ragionamento svolto dal primo giudice in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, in particolare per l’assenza di comportamenti riparatori di sorta, aggiungono che nessuna specifica circostanza è stata addotta a sostegno della richiesta in sede di motivi di appello, condividendo a tal proposito l’approdo del primo giudice alla luce 6140- geeg” 0.141,-2 rifiuto del ricorrente di porre in essere comportamenti riparatori, pur a tanti ital d distanza dai fatti e nonostante le vigenti agevolazioni legislative per il rientro dai debiti tributari; analogamente, la pena è stata determinata giustificando lo scostamento dalla pena base dal minimo editale con l’assai elevata entità dell’importo evaso nella misura complessiva di quasi 800.000 euro, ritenuto non solo in assoluto molto rilevante, ma anche notevolmente superiore alla soglia legale di punibilità di 50.000 euro;
ritenuto, che, al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze del ricorrente si appalesano prive di pregio, in quanto si risolvono nel “dissenso” sul procedimento di valutazione che ha condotto i giudici territoriali a respingere le doglianze sul trattamento sanzionatorio, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunte violazioni di legge e per vizi motivazionali con cui, in realtà, si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 3416 del 26/10/2022 dep. 26/01/2023, Lembo, n.nn.; Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246552); nella specie, il diniego delle attenuanti generiche e la determinazione della pena base, discostatasi dal minimo edittale, è stata adeguatamente giustificata, dovendosi pertanto ribadire che in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile
in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerat
preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (tra le tante: Sez. 5, n.
43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01); né rileva, la scelta di accesso al rito premiale, essendosi già da tempo chiarito in giurisprudenza che ai fini della
determinazione del trattamento sanzionatorio, non può essere valorizzata la scelta dell’imputato di procedere con rito abbreviato, che già implica per legge
l’applicazione di una predeterminata riduzione della pena (Sez. 2, n. 18379 del
21/01/2014, Cardamone, Rv. 259557 – 01);
ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso 1’11 aprile 2025
Il Consig iere estensore
Il Presidente