Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30156 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30156 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RAVENNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 28/11/2023, la Corte di appello di Milano confermava la pronuncia emessa il 21/9/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza, con la quale NOME COGNOME era stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’art. 10-quater, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, e condannato alla pena di un anno di reclusione.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputato, contestando l’affermazione della Corte secondo la quale il reato sussisterebbe anche quando il credito inesistente sia utilizzato per compensare debiti diversi da quelli relativi ad imposte sui redditi o sul valore aggiunto; diversamente, come confermato da un filone giurisprudenziale, la fattispecie potrebbe configurarsi solo a fronte di debit di quest’ultima natura, in aderenza all’oggetto del decreto n. 74 del 2000 che, infatti, li riguarda in via esclusiva.
Considerato che il ricorso è inammissibile.
Considerato, infatti, che non rileva la natura dei crediti suscettibili d compensazione ai sensi dell’art. 17 d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241; la più recente giurisprudenza di questa Corte – che il Collegio condivide ed intende ribadire – ha ripetutamente affermato che il reato di indebita compensazione di cui all’art. 10quater in esame riguarda l’omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento debba essere utilizzat il modello di versamento unitario (Sez. 3, n, 23083 del 22/C12/2022, COGNOME, Rv. 283236; Sez. 3, n. 389 del 18/9/2020, COGNOME, Rv. 280776; Sez. 3, n. 13149 del 3/3/2020, COGNOME, Rv. 279118; Sez. 3, n. 8689 del 30/10/20:18, COGNOME, Rv. 275015; Sez. 3, n. 5934 del 12/9/2018, COGNOME, Ry. 275833), così superando il precedente contrario orientamento espresso, in una sola occasione, con la decisione invocata dal ricorrente (Sez. 1, n. 38042 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 278825). Tale giurisprudenza ravvisa la ratio della disposizione in esame nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria, ossia attraverso la materiale redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto avere luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito. Ed è evidente che, in questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’Iva, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non
spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta. La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l’omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, pe cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario, con la conseguenza che sono sottoposti a tale disciplina sia le compensazioni di debiti Iva o imposte sui redditi con altri tributi e contributi dovuti sia le compensazion di questi ultimi tributi e contributi con crediti Iva e imposte dirette, potendo veni in rilievo, sul lato attivo o passivo del rapporto obbligatorio, qualunque tributo o contributo che possa essere opposto in compensazione secondo le norme generali.
4.1. Considerato, pertanto, che le argomentazioni addotte nelle citate decisioni a sostegno del medesimo possono essere qui richiamate per riaffermare una conclusione sulla quale non si registra alcun attuale contrasto interpretativo (in termini, Sez. 3, n. 552 del 1712/2022, COGNOME, Rv. 283920).
Rilevato, dunque, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.N.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 21 giugno 2024
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