Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44958 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44958 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia COGNOME NOMECOGNOME nato a Rovato il 09/11/1965
avverso la sentenza del 25/01/2024 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo L-1 l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla omessa pronuncia sulla confisca, con rinvio per nuovo esame sul punto, ed il rigetto del ricorso di COGNOME NOME.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25/01/2024, la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza assolutoria emessa in data 21/10/2022 dal Tribunale di Brescia, all’esito di giudizio abbreviato condizionato a produzione documentale, dichiarava COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 10-quater d.lgs 74/2000 contestatogli (perché quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE non versava nel corso dell’anno 2017 somme dovute dalla società, utilizzando in compensazione ai sensi dell’art. 17 d.lgs n. 241/1997 crediti non spettanti, in Rovato il 30/11/2017) e lo condannava alla pena di mesi sei di reclusione ed alle correlate pene accessorie.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia e COGNOME NOMECOGNOME articolando i motivi di seguito enunciati.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia deduce, con unico motivo, inosservanza dell’art. 12-bis dlgs 74/2000 e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello, in violazione del disposto dell’art. 12-bis d.lgs 74/2000, nella formulazione vigente alla data del fatto, non aveva disposto la confisca obbligatoria dei beni dell’imputato per un importo pari all’imposta evasa, costituente il profitto del reato.
Chiede, pertanto, che la sentenza impugnata venga annullata relativamente al punto concernente la confisca.
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articola due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione di legge con riferimento all’art. 603, comma 3, bis cod.proc.pen, lamentando che, trattandosi di riforma di sentenza assolutoria, la Corte di appello avrebbe dovuto procedere alla doverosa rinnovazione dell’istruttoria.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in punto di superamento della soglia di punibilità, lamentando che la Corte di appello non aveva adempiuto all’obbligo di motivazione rafforzata, in quanto non aveva affrontato i temi valorizzati dal primo giudice ma analizzato elementi diversi ed ulteriori rispetto all’asserito incarico conferito al commercialista dall’imputato; tale vizio risultava sussistente anche in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME NOME va rigettato, sulla base delle argomentazi che seguono.
1.1 II primo motivo di ricorso è infondato.
Il compendio probatorio, rivalutato in sede di appello, ai fini della riform in peius della sentenza assolutoria di primo grado, risulta costituito esclusivamen da prove documentali (cfr p 4 della sentenza impugnata).
Trova, quindi, applicazione, il principio di diritto, secondo cui, la necessi il giudice di appello di procedere, anche d’ufficio, alla rinnovazione dibattimen della prova ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. concerne il caso in cui alla riforma della sentenza di assoluzione si giunga esclusivamente su base di un diversa valutazione della prova dichiarativa e non anche nell’ipotes cui si pervenga al diverso approdo decisionale in forza della rivalutazione di compendio probatorio di carattere documentale (Sez.3, n. 36905 del 13/10/2020, Rv. 280448 – 01; Sez. 2, n. 53594 del 16/11/2017,Rv.271694 – 01)
L’art. 603, comma 3 bis, cod.proc.pen. dispone testualmente che la valutazione della prova effettuata dalla sentenza di primo grado di proscioglimen impugnata dal pubblico ministero per motivi che a tale valutazione attengano, è esclusivamente quella avente ad oggetto la “prova dichiarativa”. Questa Corte peraltro, anteriormente all’entrata in vigore del nuovo art. 603, comma 3 bis, aveva già costantemente affermato che il giudice di appello, per riformare ” peius” una sentenza di assoluzione, non è obbligato – in base all’art. 6 CEDU co come interpretato dalla sentenza della Córte Europea dei diritti dell’uomo nel c Dan c. Moldavia – alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale quando compie una diversa valutazione di prove non dichiarative, ma documentali (tra le alt Sez. 6, n. 36179 del 15/04/2014, COGNOME, Rv. 260234; Sez. 2, n. 53594 de 16/11/2017, Piano, Rv. 271694). Tale assunto, si è osservato (cfr Sez.3, n. 369 del 13/10/2020, Rv. 280448 – 01, cit, in motivazione), è del tutto conseguen alla ratio che informa il canone di necessaria rinnovazione della prova in caso di ribaltamento di sentenza assolutoria, essendo necessario che la difform valutazione di prove che in primo grado siano state considerate decisive p l’epilogo assolutorio e che, invece, in appello, conducano alla condanna, non si frutto di una lettura “cartolare” dette stessa ma sia preceduta dal contatto di tra fonte probatoria e giudice di appello (a tale principio del resto essendo s suo tempo correlata, nella giurisprudenza della Corte EDU, la violazione del pa 3, lett. d), dell’art. 6 CED che assicura il diritto dell’imputato di «esaminare
esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testim a discarico»).
2.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, la motivazione della sentenza d’appello che riformi in senso radicale la decisione primo grado si caratterizza per un obbligo peculiare e “rafforzato” di tenuta logi argomentativa, che si aggiunge a quello generale della non apparenza, non manifesta illogicità e non contraddittorietà, desumibile dalla formulazione dell 606 c.p.p., comma 1, lett. e) (Sez. Un., n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231679 Sez. 6, n. 46847 del 10/07/2012, Rv. 253718; Sez. 6, n. 1266 del 10/10/2012, dep. 10/01/2013, Rv. 254024; Sez. 6, n. 8705 del 24/01/2013, Rv. 254113).
Ai fini della riforma della sentenza assolutoria, in assenza di eleme sopravvenuti, non basta una diversa valutazione del materiale probatorio acquisi in primo grado, che sia caratterizzata da pari plausibilità rispetto a quella o dal primo giudice, occorrendo una maggior forza persuasiva, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, potendo il verdetto di colpevolezza fondarsi su puntual rilievi di contraddittorietà della motivazione assolutoria, ai quali il giudice pe sulla scorta del medesimo materiale probatorio, ma ampliando la piattaforma valutativa esaminata in primo grado (cfr. sez. 1 n. 12273 del 05/12/2013,dep 14/03/2014, Rv. 262261; sez. 6 n. 45203 del 22/10/2013, Rv. 256869; sez. 6 n. 46847 del 10/07/2012, Rv. 253718).
Nel caso di specie, il Tribunale aveva fondato l’esito assolutorio s mancanza di consapevolezza da parte dell’imputato dell’illiceità de compensazioni, ritenuto ragionevole il dubbio circa l’ignoranza dell’imputato de presentazione dei modelli F24 (con ogni probabilità effettuate dal commercialist COGNOME COGNOME) e sull’assenza di interesse economico ad intrattenere rapporti accolto con società con caratteristiche oltremodo sospette.
La Corte territoriale, nel ribaltare la decisione del Giudice di primo gr rivalutando le risultanze delle prove documentali acquisite in primo grado e valutando la prova dichiarativa acquisita in grado di appello ai sensi dell’ad. comma 3, cod.proc.pen., si è compiutamente diffusa, con argomentazioni congrue e logiche, nella confutazione delle argomentazioni svolte dal Tribunale; particolare, i Giudici di appello hanno esposto in maniera puntuale le ragioni d difformi conclusioni assunte, evidenziando, come la piattaforma probatoria consentisse di escludere l’esistenza di una delega in favore del commerciali COGNOME COGNOME per accedere al cassetto fiscale della società RAGIONE_SOCIALE, della qu era legale rappresentante l’imputato e che difettasse, peraltro, anche la prova l’imputato avesse conferito al COGNOME, nel 2016, l’incarico di commercialista per predisposizione di documenti contabili; era, quindi, evidente che andava esclu
l’esistenza di un soggetto, diverso dall’imputato, che potesse aver effett l’inoltro degli F24; la Corte territoriale confutava, poi, anche l’assenza di in dell’imputato a compensare crediti non spettanti per mancanza dei debiti d compensare, rilevando che, invece, dalla dichiarazione IVA 2017, relativa a periodo di imposta 2016, risultava un debito Iva pari ad euro 29.407,00, debi che era esattamente quello portato in compensazione per l’anno 2016; i Giudic di appello concludevano, quindi, che l’imputato era l’unico che potesse compie l’operazione e che avesse interesse economico alla compensazione (cfr pp. 8-9 della sentenza impugnata).
Il superamento della soglia di punibilità, poi, era elemento incontestato anc in sede di giudizio di primo grado (cfr p 2 della sentenza impugnata, ove richiamano le osservazioni del primo giudice che dava atto di come la RAGIONE_SOCIALE i data successiva al 15.11.2017 avesse effettuato compensazioni per complessivi euro 102.275, 56 -con due modelli F24, l’uno per l’importo di euro 97.767 e l’al per l’importo di euro 4.508,56-, importo evidentemente superiore alla soglia punibilità del reato di i cui all’art. 10-quater d.lgs 74/2000). Va ricordato che ai fini dell’integrazione del delitto di indebita compensazione, di cui all’art. 10-q comma 2, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il superamento della soglia di punibili fissata “per un importo annuo superiore a cinquantamila euro”, si individua avend riguardo al totale delle compensazioni effettuate con crediti inesistenti nel si anno, indipendentemente dall’annualità cui si riferiscono i debiti fiscal o comunque compensabili, non pagati (Sez 3-,n. 30092 del 19/04/2024, Rv.286732 – 01).
La censura del ricorrente, pertanto, peraltro formulata anche in termi generici in quanto non supportata dalla indicazione di specifici elementi probat non valutati o diversamente valutati con argomentazioni incongrue, è infondata.
Il ricorso del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte appello di Brescia è fondato.
La Corte di appello, pur pronunciando sentenza di condanna per il reato di cu all’art. 10-quater d.lgs 74/2000, omesso di disporre, come, invece, previsto espressamente dall’art. 12-bis del citato digs in caso di condanna od anche applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. per uno dei delitti dal medes decreto legislativo previsti, la confisca dei beni che avrebbero costituito, qua caso di specie, il profitto del reato contestato, corrispondente alla somma versata in conseguenza della condotta decettiva (Sez.3, n. 23962 del 10/02/2023 Rv.284687 – 01).
Orbene, costituisce orientamento consolidato che: la confisca può essere ordinata anche in assenza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro, purchè sussistano norme che la consentano od impongano, a prescindere dalla
eventualità che, per l’assenza di precedente tempestiva cautela reale provvedimento ablativo della proprietà non riesca a conseguire gli effetti concr che gli sono propri (Sez.3, n.17066 del 04/02/2013, Rv.255113); il Giudice dell cognizione, nei limiti del valore corrispondente al profitto del reato, può emet il provvedimento ablatorio anche in mancanza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro e senza necessità della individuazione specifica dei beni apprendere, potendo il destinatario ricorrere al giudice dell’esecuzione qual dovesse ritenersi pregiudicato dai criteri adottati dal P.M. nella selezione dei c da confiscare (Sez.6, n.3606 del 20/10/2016, dep.24/01/2017,Rv.26934; Sez.3,n.20776 del 06/03/2014, Rv.259661; Sez.5,n.9738 del 02/12/2014,dep.05/03/2015, Rv.262893); il Giudice che emette il provvedimento ablativo è, infatti, tenuto soltanto ad indicare l’importo complessiv sequestrare, mentre l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verif della corrispondenza del loro valore al “quantum” indicato nel sequestro è riserva alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero (Sez. 3, 12/07/2012, 10567, 07/03/2013, Rv. 254918).
A tali principi di diritto non si è uniformata la sentenza impugnata e, ris pertanto, integrato il vizio denunciato.
Consegue, quindi, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia per nuovo giudizio limitatament all’omessa statuizione sulla confisca.
L’annullamento della sentenza impugnata va disposto con rinvio, atteso che, l’adozione del provvedimento con il quale deve essere disposta fa confisca dev essere preceduto da una fase di verifica volta ad accertare la possibilità di dis in via prioritaria, la confisca diretta e, solo ove ciò sia impossibile s materiale mancanza nella disponibilità del reo del profitto o del prezzo del re la confisca per equivalente (Sez.3 n. 3165 del 22/11/2019, dep.27/01/2020 Rv.278637 – 02).
P.Q.M.
rigetta il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e, in accoglimento del ricorso del P.G. annulla la sentenza impugna relativamente al punto inerente la confisca con rinvio ad altra Sezione della Co di appello di Brescia.
Così deciso il 08/10/2024