Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34392 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34392 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Campobello di Mazara (Tp) il DATA_NASCITA; avverso la sentenza n. 3209 della Corte di appello di Milano del 13 aprile 2023; letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo; sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentito il PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; sentito, altresì, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, del foro di Bu
Arsizio, il quale ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunziata in data 13 aprile 2023, la Corte di appello di Milano ha integralmente confermato la precedente decisione con la quale 1’8 giugno 2022 il Tribunale di Milano, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato condizionato, aveva dichiarato la penale responsabilità di COGNOME NOME, imputato del reato di cui all’art. 10-quater del dlgs n. 74 del 2000 per avere, in concorso con altri (la cui posizione è stata, tuttavia precedentemente definita), con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, omesso di versare all’Erario le imposte dovute, relativamente agli anni di imposta 2017 e 2018, tramite la indebita compensazione di queste ultime con crediti vantati, ma non esistenti, realizzata tramite la utilizzazion dei modelli F24 per il pagamento delle imposte.
In ordine al reato del quale era stato ritenuto responsabile, i COGNOME era stato condannato in primo grado alla pena, confermata in appello, di anni 2 di reclusione, oltre accessori.
E’ bene precisare che, seppure il presente giudizio si riferisce alle indebite compensazioni che sarebbero state operate nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, secondo l’accusa il meccanismo frodatorio che il COGNOME avrebbe posto in attuazione, in qualità di amministratore di fatto di due societ esercenti la attività di consulenza contabile e fiscale, sarebbe stato utilizza anche in relazione alla posizione di altri contribuenti.
Infatti, secondo la accusa, il COGNOME, nello svolgimento della sua attività professionale, avrebbe ricevuto l’incarico di provvedere agli adempimenti fiscali di numerose compagini societarie, fra le quali la RAGIONE_SOCIALE, le quali gli trasmettevano i modelli F24 compilati quanto alle poste a debito e la necessaria provvista finanziaria; l’imputato, secondo l’accusa, avrebbe utilizzato la provvista pelpagare i soggetti che fittiziamente avevano emesso i documenti c e kle giustificativi delle poste a credito che egli inseriva nei modelli F24, incaricando, infine, due altri commercialisti, a tale adempimento abilitati, della trasmissione telematica dei modelli di pagamento, i quali, per effetto delle indebite compensazioni in tale modo effettuate, presentavano a questo punto un saldo “zero”, conseguendo, pertanto, per conto delle società che si erano rivolte a lui un evidente risparmio di imposta.
Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Mangíaracina, affidando il suo atto ad 8 motivi di ricorso.
Essi possono essere compendiati così come qui di seguito sinteticamente esposto.
Il primo motivo di ricorso ha ad oggetto la violazione di legge in cui sarebbero incorsi i giudici del merito, i quali hanno principalmente fondato l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato sulle dichiarazioni rese da COGNOME NOME e da COGNOME NOME, cioè gli altri commercialisti che sarebbero stati incaricati dal COGNOME di trasmettere in via telematica i modelli di pagamento F24 contenenti, in ipotesi, le indebite compensazioni; la tesi difensiva è che tali dichiarazioni sarebbero affette da inutilizzabil patologica in quanto raccolte in occasione delle sommarie informazioni testimoniali da costoro rese COGNOME l’assistenza di un difensore, sebbene al momento del loro rilascio i medesimi già avevano sostanzialmente assunto la veste di indagato, cosa che avrebbe imposto la sospensione della raccolta delle informazioni a pena di inutilizzabilità di esse anche in sede di giudizi abbreviato.
Con il secondo motivo si censura, sempre sotto il profilo della violazione di legge, il fatto che siano state utilizzate in sede accusatoria de dichiarazioni rese dal COGNOME COGNOME che agli atti vi sia il verbale nel qua le stesse sono state raccolte e COGNOME che risulti che le stesse siano stat frutto di spontanee esternazioni del COGNOME, costituendo esse risposte a domande a lui poste dalla Pg, COGNOME che il medesimo avesse la assistenza di g un legale, pur potendo essere già considerato indagato e non avendo il COGNOME COGNOME COGNOME‘atto, si tratta di un’annotazione di Pg, in cu dichiarazioni sono state annotate.
Con il terzo motivo si censura la sentenza della Corte di appello nella parte in cui, avendo ritenuto non necessario acquisire l’ulteriore documentazione offerta dalla difesa del ricorrente, stante la affermata completezza istruttoria, ha omesso di valutare il fatto che la RAGIONE_SOCIALE già passato avrebbe utilizzato il meccanismo frodatorio in questione, verosimilmente ideato dal soggetto che in quel periodo ne curava le pratiche fiscali COGNOME che di ciò ne potesse essere ritenuto responsabile i COGNOME, che neppure conosceva i vertici societari della RAGIONE_SOCIALE.
Il quarto motivo attiene al vizio di violazione di legge e di motivazione per avere la Corte di appello fondato la propria sentenza sulla documentazione rinvenuta in sede di perquisizione presso lo RAGIONE_SOCIALE professionale dell’imputato, COGNOME che sia stata adeguatamente chiarita in sede decisoria, la effettiva concludenza solo postulata di tale documentazione.
Il quinto motivo di ricorso attiene alla rilevanza che è stata attribuita a fini della decisione assunta a taluni documenti rinvenuti presso lo RAGIONE_SOCIALE professionale dell’imputato, parte dei quali neppure allegati al fascicolo processuale, COGNOME che ne sia sia stata indicata la effettiva rilevanza.
Il sesto motivo di impugnazione concerne la decisività probatoria dei dati in base ai quali si è ritenuto che il COGNOME fosse Ikamminuistratrlore di fatto delle due società di consulenza contabile che sono state coinvolte dalle indagini, COGNOME che neppure siano stati esaminati, né tantomeno inquisiti, coloro è quali risultavano amministratori di diritto di tali società; sostiene ricorrente che la affermazione della sua penale responsabilità non abbia superato il limite del ragionevole dubbio.
Il settimo motivo di ricorso riguarda la complessiva inconsistenza del quadro accusatorio a carico del COGNOME, che, oltre ad essere basato su elementi probatori, come già dedotto, inutilizzabili, &i allude alle dichiarazioni di COGNOME e di COGNOME), sconta negativamente il dato che essi non sarebbero rappresentativi di dati obbiettivi, ma riguardano solo le impressioni in base alle quali i due predetti testi avrebbero presunto che il COGNOME fosse l’amministratore di fatto delle società di consulenza contabile e non colui il quale si era limitato a mettere in contatto i due citati professionisti con amministratori di diritto delle ricordate società di consulenza; viene, d’altr parte, segnalato dalla ricorrente difesa come il COGNOME si sia astenuto dal trasmettere le dichiarazioni fiscali dei soggetti per i quali egli non aves curato personalmente la contabilità.
Infine, l’ottavo motivo di ricorso ha ad oggetto la arbitraria, in quanto non giustificata, determinazione della durata delle pene accessorie inflitte a COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto, essendo risultati tutti privi di pregio i motivi posti suo fondamento, deve essere dichiarato inammissibile, con le derivanti conseguenze a carico del ricorrente.
Il primo motivo di impugnazione è manifestamente infondato; con lo stesso il ricorrente ha postulato la inutilizzabilità delle dichiarazi eteroaccusatorie rese dai testimoni COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME quanto le stesse sarebbero state acquisite COGNOME che gli stessi fossero assistiti da alc difensore, sebbene le dichiarazioni da loro rese potessero essere interpretate
come espressive di un loro coinvolgimento nelle condotte delittuose attribuite al COGNOME (costoro, infatti, sarebbero, su incarico del ricorrente, materiali mittenti dei modelli F24 – compilati dall’imputato e da questo trasmessi ai predetti – attraverso i quali veniva operata la compensazione con i crediti tributari inesistenti).
Al riguardo, essendo incontestato che al momento in cui i citati testimoni hanno reso le dichiarazioni relative alle modalità di trasmissione, nell’interess della RAGIONE_SOCIALE, dei modelli di pagamento loro fatti avere dall’imputato, costoro non avevano ancora materialmente assunto la veste di indagati (la opposto tesi propugnata dal ricorrente costituisce nulla più che una petizione di principio, non essendo suffragata da alcun elemento concreto), va ribadito il principio, più volte affermato e confermato da questa Corte, secondo il quale le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da persona non sottoposta alle indagini, ove aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contr chi le ha rese, ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, posto che l garanzia di cui all’art. 63, comma 1, cod. proc. pen. è posta a tutela del sol dichiarante (Corte di cassazione, Sezione II penale, 22 luglio 2021, n. 28583, rv 281807; Corte di cassazione, Sezione II penale, 15 febbraio 2021, n. 5823, rv 280640), ciò, evidentemente, anche nel caso in cui tale soggetto ancora non sia stato posto in condizione di esercitare i diritti connessi alla difesa c competono all’indagato (Corte di cassazione, Sezione III penale, 1 aprile 2020, n. 10916, rv 279859).
Anche in relazione al secondo motivo di doglianza, riferito alla pretesa inutilizzabilità delle dichiarazione rilasciate, in sede di sommarie informazioni testimoniali, dal COGNOME in quanto le stesse non sarebbero contenute in uno specifico verbale ma sarebbero state compendiate in una informativa redatta dagli organi inquirenti di polizia giudiziaria, si rileva, in dispart circostanza che le stesse sono di fatto coincidenti con quella rese dal COGNOME, per le quali non vi è stata analoga contestazione da parte del ricorrente, non essendoci motivi, al di là della affermazione del ricorrente, per ritenere che l dichiarazioni rese dal COGNOME non fossero spontanee, che, in ogni caso l’avvenuta opzione da parte del COGNOME per la celebrazione del processo a suo carico nelle forme del rito abbreviato ha comportato la accettazione dalli parte del medesimo della utilizzabilità degli atti assunti in sede di indagin preliminari ad eccezione dei soli atti viziati dalla cosiddetta inutilizzabil patologica, condizione questa non ravvisabile nella ritenuta mera irregolarità riconducibile al fatto che delle dichiarazioni del COGNOME non sia stato redatto un espresso verbale essendo state le medesime comunque
puntualmente riportate in una informativa della Polizia giudiziaria, cioè in un atto dotato di fede privilegiata in ordine a quanto gli ufficiali di Poli dichiarano essere avvenuto in loro preCOGNOME ed essere stato, quindi, dai medesimi direttamente apprezzato come fatto storicamente accaduto.
Riguardo al terzo motivo di impugnazione – afferente alla mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva – emerge, viceversa, con chiarezza, da quanto riportato nello stesso motivo di ricorso, la non decisività della acquisizione probatoria richiesta e, pertanto, la inammissibilità del motivo di censura; invero, premesso che la stessa avrebbe avuto ad oggetto dei documenti comprovanti il fatto che la prassi di portare in compensazione crediti tributari inesistenti sarebbe stata seguita dalla RAGIONE_SOCIALE precedentemente all’interessamento che il COGNOME avrebbe dimostrato in ordine all’andamento finanziario e tributario di tale compagine sociale, è sufficiente osservare che – quand’anche si volesse ammettere che l’odierno ricorrente si è inserito, condividendola, in una metodica operativa criminosa preesistente – una tale acquisizione probatoria sarebbe del tutto insignificante al fine di escludere la responsabilità del medesimo, essendo chiaro che il ripetere da parte di un soggetto un atto criminoso che altri hanno prima di lui già posto in essere non comporta sicuramente la esclusione della responsabilità di chi, inserendosi, appunto, un una prassi viziosa, seppure preesistente, la ha scientemente fatta anche sua.
Con il quarto ed il quinto motivo di impugnazione, afferenti alla rilevanza della documentazione rinvenuta a seguito di perquisizioni dorniciliari presso i recapiti personali e professionali del prevenuto e suscettibili, stante comunanza di tematiche coinvolte da essi, si sollecita da parte di questa Corte una inammissibile rivalutazione del materiale probatorio, appunto la documentazione in questione, che è operazione inammissibile in quanto esula rispetto all’ambito di cognizione di questo giudice di legittimità.
Il sesto motivo di impugnazione concerne, sotto il profilo del vizio di motivazione e di violazione di legge, l’affermazione fatta in sede di merito in relazione alla qualifica del COGNOME quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE; al riguardo, si osserva, la doglianza appare rivolta non tanto a procedimento logico che ha condotto alla attribuzione al COGNOME della predetta qualifica, quanto al fatto che in sede di indagini preliminari non siano stati ascoltati né inquisiti coloro i quali risultano essere stati i rappresentanti di diritto di altre società convolte nel meccanismo frodatorio
del quale l’odierno imputato è, se non l’ideatore (cosa che non ha una importanza decisiva, come dianzi segnalato), indubbiamente un utilizzatore.
Va, pertanto, evidenziato come, pur in asCOGNOME degli elementi probatori che sarebbero potuti derivare dal coinvolgimento istruttorio dei soggetti richiamati in sede di ricorso per cassazione dalla difesa del ricorrente, la Cort di merito ha fatto riferimento ad un compendio documentale e testimoniale estremamente ricco e variegato tale da porre in luce la posizione eminente che l’odierno imputato aveva nella gestione finanziaria e tributaria della RAGIONE_SOCIALE, di tal che appare più che giustificata l’attribuzione al medesimo, sulla bas di dati obbíettivi logicamente esaminati ed interpretati in sede di merito, dell qualifica di amministratore dei fatto della predetta compagine societaria, COGNOME che fosse necessario, e COGNOME che tale omissione abbia comportato una qualche conseguenza a carico della tenuta motivazionale della sentenza impugnata, estendere anche ai predetti amministratori di diritto l’attivit istruttoria.
Il fatto che gli stessi non siano stati, si vera sunt exposita, neppure inquisiti è certamente deprecabile, ma non vale ad incidere sulla posizione dell’attuale ricorrente.
In ordine al settimo motivo di impugnazione è sufficiente rilevare che la affermazione della penale responsabilità del prevenuto non è stata il frutto di “impressioni” riportate dai testi di accusa, ma è stata il portato, fondato sul imprescindibile regola del libero apprezzamento, delle logiche deduzioni che i giudici del merito hanno svolto elaborando gli elementi di fatto che, sia la documentazione in atti che gli elementi dichiarativi acquisti, hanno ragionevolmente giustificato.
Non vi è stata, pertanto, alcuna violazione della regola probatoria che presiede all’accertamento dei fatti operato in sede di merito, ma semplicemente l’esercizio della facoltà discrezionale spettante ai giudici del merito di valutare, con il solo limite della manifesta irragionevolezza dell’apprezzamento operato, il materiale probatorio legittimamente acquisito agli atti.
La doglianza portata dall’ultimo motivo di impugnazione riguardante la determinazione della durata delle pene accessorie è, infine, inammissibile atteso che, secondo quanto emerge dal non contestato riassunto dei motivi di gravame che il ricorrente aveva sottoposto all’attenzione della Corte distrettuale, fra gli stessi non vi era alcuna censura avente ad oggetto siffat
aspetto del complessivo trattamento sanzionatorio, di tal che alcuna omissione motivazionale è addebitabile sul punto alla Corte ambrosiana.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato nella sua integralità inammissibile e, visto l’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato a pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
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Il Presidente