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Indebita compensazione e la rinuncia al ricorso

Un indagato per il reato di indebita compensazione di crediti fiscali inesistenti ha proposto ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo, sollevando questioni di competenza territoriale e di motivazione del periculum in mora. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile a seguito della rinuncia presentata dal difensore, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Indebita Compensazione: le Conseguenze della Rinuncia al Ricorso in Cassazione

Il reato di indebita compensazione, previsto dall’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000, rappresenta una delle fattispecie più complesse del diritto penale tributario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22596/2025, ci offre l’occasione non tanto di approfondire il merito del reato, quanto di analizzare le conseguenze processuali di una scelta strategica difensiva: la rinuncia al ricorso. Il caso riguarda un sequestro preventivo di oltre 365.000 euro, ma la decisione finale si concentra su un aspetto puramente procedurale.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, emesso dal GIP del Tribunale di Siena. Il sequestro era stato disposto per un valore superiore a 365.000 euro in relazione al reato di indebita compensazione di crediti inesistenti. La misura cautelare aveva colpito le quote societarie di una holding, intestate a una società fiduciaria ma riconducibili all’indagato.

Contro tale provvedimento, la difesa aveva proposto istanza di riesame, che veniva però rigettata dal Tribunale di Siena. Di conseguenza, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorso presentato alla Suprema Corte si fondava su due pilastri argomentativi, entrambi volti a scardinare la validità del sequestro.

La Questione della Competenza Territoriale nella indebita compensazione

Il primo motivo di ricorso contestava la competenza territoriale del Tribunale di Siena. Secondo la difesa, il luogo di consumazione del reato di indebita compensazione non andava individuato nella sede della società (Siena), ma nel luogo da cui era stato telematicamente inviato l’ultimo modello F24 per la compensazione, ovvero Roma. Si sosteneva che il reato si perfeziona con la presentazione del modello F24, che concretizza l’utilizzo del credito inesistente, mentre il successivo versamento del saldo (o il mancato versamento) costituirebbe un post factum irrilevante ai fini della determinazione della competenza.

La Carenza di Motivazione sul Periculum in Mora

Con il secondo motivo, la difesa lamentava una violazione di legge per l’errata individuazione del periculum in mora, ossia il pericolo concreto e attuale di dispersione dei beni. Si evidenziava come il provvedimento di sequestro avesse motivato tale rischio facendo riferimento esclusivamente alla situazione patrimoniale critica della società coinvolta, e non alla specifica posizione dell’indagato, unico soggetto colpito dalla misura cautelare. La difesa richiamava una giurisprudenza di legittimità secondo cui il pericolo deve essere specificamente argomentato in relazione a ciascun soggetto raggiunto dal sequestro.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nonostante le interessanti questioni giuridiche sollevate, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito dei motivi di ricorso. La decisione è stata di natura puramente processuale. In data 8 maggio 2025, infatti, il difensore dell’indagato ha depositato un atto di rinuncia al ricorso, munito di procura speciale.

Questo atto ha cambiato radicalmente il corso del giudizio. La Corte ha preso atto della rinuncia e, conformemente alla legge, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione della Suprema Corte è stata lapidaria: il ricorso è inammissibile per rinuncia.

La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di cinquecento euro a favore della cassa delle ammende. La Corte ha specificato che l’art. 616 del codice di procedura penale non opera distinzioni tra le varie cause di inammissibilità, equiparando, ai fini della condanna alle spese, la rinuncia all’impugnazione ai casi di inammissibilità per vizi di merito o di forma.

Le Conclusioni

La sentenza in esame, pur non risolvendo le complesse questioni sulla competenza territoriale nel reato di indebita compensazione o sulla personalizzazione del periculum in mora, offre una lezione fondamentale di procedura penale. La rinuncia al ricorso è un atto dispositivo che pone fine al giudizio di impugnazione, rendendo definitiva l’ordinanza impugnata. Qualunque sia la fondatezza dei motivi di ricorso, la rinuncia li rende irrilevanti e comporta l’automatica condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Questa decisione sottolinea l’importanza delle scelte strategiche difensive e le loro irrevocabili conseguenze processuali.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione nel caso analizzato?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della rinuncia all’impugnazione presentata dal difensore del ricorrente.

Cosa comporta la rinuncia a un ricorso per Cassazione?
La rinuncia comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il provvedimento impugnato diventa definitivo e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

Quali erano le questioni giuridiche sollevate dal ricorrente che non sono state esaminate nel merito?
Il ricorrente aveva sollevato due questioni principali: 1) l’incompetenza territoriale del Tribunale, sostenendo che il reato di indebita compensazione si consuma nel luogo di presentazione telematica del modello F24; 2) la mancanza di una specifica motivazione sul ‘periculum in mora’ (rischio di dispersione dei beni) con riferimento alla sua persona, anziché alla società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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