Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22596 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22596 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il 29/11/1977
avverso l’ordinanza del 19/09/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Siena Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19 settembre 2024, il Tribunale del riesame di Siena dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME rigettando la richiesta di riesame proposta nei confronti dell’indagato NOME COGNOME confermando, per l’effetto , il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta, o, in subordine, per equivalente, di beni per un valore di oltre 365.000 euro, emesso in data 30 luglio 2024 dal GIP del Tribunale di Siena ed eseguito sulle quote societarie della RAGIONE_SOCIALE, intestate alla RAGIONE_SOCIALE per un valore di 500 euro, sequestro disposto in relazione al reato di indebita compensazione di crediti inesistenti ex art. 10quater , d. lgs. n. 74 del 2000, contestato come commesso
secondo le modalità esecutive e spazio -temporali meglio descritte nell’imputazione cautelare.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a mezzo del difensore di fiducia, articolando due distinti motivi, di seguito sommariamente enunciati ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge per errata applicazione dell’art. 18, d. lgs. n. 74 del 2000 nonché dell’art. 8 cod. proc. pen. in base alle quali determinare la competenza territoriale oltre che in relazione all’art. 19, d. lgs. n. 241 del 1997, attesa l’errata individuazione del luogo di consumazione del reato contestato.
In sintesi, si censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui ha rigettato l’eccezione difensiva riguardante la ritenuta incompetenza territoriale del tribunale di Siena. Si sostiene in particolare che il luogo di consumazione del reato dovrebbe essere individuato in Roma, con individuazione del giudice competente nel tribunale capitolino. Nella specie, i giudici del riesame avrebbero erroneamente applicato la disciplina di cui all’articolo 19 del decreto legislativo n. 241 del 1997, richiamato dall’articolo 10quater del decreto legislativo n. 74 del 2000, oggetto di contestazione. Pur essendo corretto quanto affermato dal tribunale di Siena, ossia che ai fini della determinazione nella competenza del territorio relativamente al delitto di indebita compensazione devesi avere riguardo al luogo in cui vi è stata l’ultima utilizzazione del credito inesistente nell’anno interessato , sostiene la difesa del ricorrente come non possa negarsi che l’utilizzazione del credito non coincide con il momento dell’effettivo versamento del saldo finale per come determinato per effetto della compensazione, bensì con il momento antecedente e necessario a tale versamento, ossia quello coincidente con la presentazione del modello F24 in modalità telematica. Il luogo di consumazione del delitto di cui all’art. 10 -quater , d. lgs. n. 74 del 2000, dunque, anche secondo la giurisprudenza di legittimità, coincide con il luogo in cui è stata effettuata l’ ultima utilizzazione del credito inesistente nell’anno oggetto di interesse, trattandosi di reato a consumazione prolungata. L’utilizzo del credito inesistente avviene mediante l’utilizzo degli appositi modelli F24, che si concretizza nel momento e nel luogo in cui viene inoltrato all’agenzia delle entrate il modello F24, tramite il quale il soggetto attivo mira a ottenere la compensazione. Ciò vuol dire che, per individuare la competenza per territorio, occorre accertare da dove è stato effettivamente inoltrato l’ultimo modello F24. Richiamata la giurisprudenza di questa Corte, il difensore del ricorrente evidenzia come il luogo di consumazione coincide proprio con il momento e nel luogo della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato, poiché è in tale momento che si perfeziona la condotta penalmente rilevante del contribuente, realizzandosi il successivo versamento solo per effetto dell’indebita
compensazione di crediti inesistenti. In ragione di quanto sopra, il successivo eventuale versamento della somma conseguente alla compensazione costituisce un post factum che non rileverebbe in alcun modo ai fini della consumazione del reato. Il versamento, infatti, si verifica in conseguenza e per effetto della compensazione, la quale si realizza a sua volta mediante l’inoltro del modello F24 che rappresenta il momento in cui si verifica l’attività decettiva e si concretizza il disvalore della condotta. In particolare, viene richiamata la sentenza di questa stessa sezione n. 23027/2020 in cui, oltre a evidenziarsi che il fulcro del reato – da intendersi come momento consumativo della fattispecie – è rappresentato dalla presentazione del modello F24, si sottolinea come tutte le operazioni successive a tale momento, quale l’eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato, siano irrilevanti ai fini della consumazione del reato. In applicazione di tali principi giurisprudenziali, dunque, sostiene la difesa che l’individuazione del momento consumativo del reato, risalendo all’ultima presentazione del modello F24 avvenuta il 28 febbraio 2023, è avvenuta in Roma a seguito della presentazione con modalità telematiche da parte dei professionisti di una società di consulenza alla quale l ‘A CR Siena si appoggiava, e cui aveva delegato le incombenze fiscali. Quanto sopra sarebbe stato confermato dalle dichiarazioni dello stesso indagato ricorrente nonché dall’attestato di avvenuta trasmissione risultante in relazione ai cinque modelli F24, oltre all’ultimo presentato il 28 febbraio 2023 sempre in via telematica dalla predetta società di consulenza avente sede in Roma. Si ribadisce, pertanto, come il tribunale del riesame avrebbe erroneamente applicato ed interpretato il disposto dell’articolo 19 del decreto legislativo citato, che disciplina il momento del versamento all’erario della somma finale e risultante a seguito della compensazione (che potrebbe ammontare anche a zero nel caso di compensazione totale), non invece il precedente momento consistente nella presentazione del modello F 24: l’articolo 19 non avrebbe dunque alcun ruolo nella determinazione del luogo di consumazione del reato di indebita compensazione, disciplinando un’ipotesi successiva alla presentazione del modello F24, effettivo momento di consumazione del reato. In altri termini, il versamento della somma da eseguirsi in ragione della compensazione sarebbe un momento del tutto irrilevante ai fini della consumazione del reato e della determinazione del giudice territorialmente competente, trattandosi di un post factum rispetto alla fattispecie penale già perfezionata e consumata.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge attesa l’ illegittimità dell’ ordinanza impugnata e del relativo decreto di sequestro preventivo, con riferimento all’art. 321, cod. proc. pen., in considerazione del l’ errata individuazione del periculum in mora quanto alla posizione dell’indagato, unico destinatario del sequestro nonché in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., per l’omessa motivazione quanto alla sussistenza del periculum in morra in riferimento all’indagato.
In sintesi, si duole la difesa del ricorrente, da un lato, dell’omessa valutazione del periculum in mora con riguardo all’indagato e, dall’altro, dell’assoluta assenza di motivazione relativamente alle ragioni per cui sussisterebbe tale pericolo con riguardo all’indagato. La valutazione del periculum in mora presente nel decreto di sequestro preventivo riguardava infatti solo ed esclusivamente l’ACR Siena, soggetto non raggiunto da alcuna misura ablatoria, nonché altro coindagato rispetto al quale il Gip non emetteva la misura. Nessuna valutazione è stata, invece, operata dal giudice con riferimento al periculum in mora rispetto alla figura dell’attuale indagato, sebbene egli sia l’unico soggetto attinto dal vincolo reale. La motivazione del tribunale del riesame, a fronte della eccezione difensiva, sarebbe completamente assente, non avendo i giudici compreso quale fosse la portata dell’eccezione, rilevando, con riferimento al pericolo, come le ragioni giustificatrici della sussistenza del medesimo fossero le stesse che avevano correttamente indotto il Gip a disporre il sequestro non già nei confronti della ACR Siena ma, piuttosto, nei confronti di chi all’epoca dei fatti ricopriva la carica di legale rappresentante, ossia l’attuale indagato. Si legge, in particolare, nell’ordinanza impugnata come tali ragioni corrisponderebbero alla situazione patrimoniale dell ‘ACR Siena ampiamente e approfonditamente valutata ed analizzata dal Gip che aveva rilevato la condizione di grave e profonda crisi di impresa, sicché si legge ancora nel provvedimento impugnato, era agevole comprendere quanto attuale e concreto fosse il rischio che delle somme corrispondenti al profitto del reato, per cui si valuta sussistente il fumus di commissione, sarebbe domani risultata del tutto vana la confisca in quanto pressoché certa e scontata sarebbe la loro dispersione. Si censura l’ordinanza non avendo speso alcuna parola con riguardo alle condizioni patrimoniali dell’attuale indagato, le sole che giustificherebbero l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio: in altri termini, il sequestro sarebbe stato disposto in danno de ll’ indagato, ma il periculum in mora sarebbe stato ritenuto solo con riguardo all ‘A CR Siena. Quanto sopra contrasterebbe con la più recente di giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che il pericolo deve essere specificamente argomentato in relazione a ciascun soggetto raggiunto dal sequestro (il riferimento è in particolare alla sentenza di questa Corte n. 31380 del 2020).
3. In data 27 febbraio 2025, il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato la propria requisitoria scritta, cui si è riportato in sede di trattazione orale, chiedendo a questa Corte di dichiarare inammissibile il ricorso. In particolare, secondo il PG, il vizio motivazionale lamentato è inammissibile in questa sede di legittimità atteso che si tratta di ricorso per Cassazione avverso provvedimento del Tribunale del riesame in materia di provvedimenti cautelari reali (art.325c.p.p.). Le questioni sollevate dalla difesa sono state, inoltre, già trattate e risolte con dovizia di richiami alla giurisprudenza di legittimità i cui principi sono stati pedissequamente seguiti dal Tribunale del riesame.
Giova ricordare che:’ È inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato’ (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014 – dep. 28/10/2014, COGNOME e altri, Rv. 26060801).
In data 23 aprile 2025, è pervenuta istanza di trattazione orale a firma dell’Avv. NOME COGNOME accolta con provvedimento del presidente titolare della sezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per rinuncia.
Ed invero, in data 8 maggio 2025 è pervenuto atto di rinuncia al ricorso del difensore, con allegata procura speciale.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per rinuncia all’impugnazione consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen. non prevede distinzioni tra le ipotesi di inammissibilità previste dall’art. 606, comma 3, cod. proc., pen. e quelle contemplate dall’art. 591 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 45850 del 15/09/2023, Belviso, Rv. 285462 – 02).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della cassa delle ammende. Così deciso, il 20/05/2025