Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36119 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36119 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nata in Venezuela il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nata ad Avellino il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Torino il DATA_NASCITA,
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale NOME NOME, avverso l’ordinanza del 30-11-2023 del Tribunale di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME e COGNOME e per l’annullamento con rinvio relativamente ad COGNOME NOME;
letta le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO COGNOME, difensore di fiducia dei ricorrenti RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi;
lette le conclusioni trasmesse dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, difensore di fiducia della ricorrente COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 ottobre 2023, il G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta rigettava la richiesta di applicazione di misure personali e reali avanzata nei confronti di 21 persone indagate a vario titolo dei reati di associazione a delinquere, di truffa aggravata e del reato ex art. 38 bis del d. Igs. n. 81 del 2015. Il G.I.P., in particolare, escludeva la gravità indiziaria rispetto al reato associat riteneva configurabile, quanto ai capi 3, 5, 9, 11, 14, 16, 18, 20, 22, 24 e 26, reato ex art. 38 bis del d. Igs. n. 81 del 2015, per il quale non era stata avanzata alcuna richiesta cautelare, trattandosi di fattispecie contravvenzionali, mentre, quanto ai capi 2, 4, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 15, 17, 19, 21, 23 e 25, il G.I.P. riten configurabile non il contestato delitto di truffa aggravata, ma quello di indebit compensazione, da considerarsi speciale, e rigettava la richiesta cautelare, in base al rilievo secondo cui le risultanze delle verifiche fiscali eseguite in capo a imprese appaltatrici avevano già formato oggetto di denuncia presso le rispettive sedi giudiziarie, integrando ciò un ne bis in idem cautelare.
Con ordinanza del 30 novembre 2023, il Tribunale del Riesame di Caltanissetta, in parziale accoglimento dell’appello cautelare proposto dal P.M., disponeva, in relazione al capo 13 della provvisoria imputazione, il sequestro preventivo diretto, fino alla concorrenza dell’importo di 78.818,72 euro, di somme di denaro giacenti su conti correnti o depositi o su qualsiasi altro tipo di rappor bancari intestati o cointestati, riconducibili o comunque nella disponibilità dell RAGIONE_SOCIALE; il sequestro preventivo diretto e per equivalente, fino alla concorrenza dell’importo di 78.818,72 euro, di beni mobili e immobili, somme di denaro giacenti su conti correnti o depositi o su qualsiasi altro tipo di rappor bancari intestati o cointestati, riconducibili o comunque nella disponibilità de RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, o, in via subordinata, in caso di incapienza parziale o totale dei be riconducibili alla società, il sequestro per equivalente, fino alla concorrenza dell’importo di 78.818,72 euro, di beni mobili e immobili, di somme di denaro giacenti su conti correnti o depositi o su qualsiasi altro tipo di rapporti banca intestati o cointestati, riconducibili o comunque nella disponibilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso l’ordinanza del Tribunale nisseno, hanno proposto ricorso cassazione, tramite i rispettivi difensori, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME.
3.1. COGNOME, tramite l’AVV_NOTAIO COGNOME, ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa censura l’erronea riqualificazione del fatto, osservando che, nel ritenere configurabile il delitto di indebita compensazione in luogo di quello di truffa aggravata, il Tribunale del Riesame sarebbe incorso in un errore di diritto, avendo enucleato un fatto diverso, rispetto al quale difettava l’iniziativa del P.M., il quale, invero, nella richiesta cautelare, aveva precisato che per il reato ex art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000 si procedeva separatamente.
E del resto il delitto di indebita compensazione, proprio perché speciale rispetto al reato di truffa, come correttamente precisato nell’ordinanza impugnata, presenta rispetto a quest’ultima fattispecie elementi distinti e ulteriori, in ordine ai quali vi è stata contestazione, con conseguente difetto di contraddittorio.
Con il secondo motivo, è stata eccepita la violazione del ne bis in idem cautelare, rilevandosi che è stato documentato dalle difese che, in relazione a tutte le operazioni di compensazione, pende dinanzi all’Autorità giudiziaria di Torino il procedimento penale n. 24781/2019 R.G.N.R., nel quale il P.M. ha già esercitato l’azione penale e nel quale è stato anche disposto il sequestro per equivalente delle somme che si ritengono evase, per cui il fatto che il P.M. torinese non abbia ravvisato la presenza di concorrenti/beneficiari nel reato di indebita compensazione che si contesta a COGNOME non comporta che questi debba rispondere al Tribunale di Caltanissetta, in ordine alle stesse operazioni, di un reato diverso.
3.2. NOME COGNOME, tramite l’AVV_NOTAIO COGNOME, ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa deduce la violazione del principio del bis in idem cautelare, osservando che, per i medesimi reati, il G.I.P. del Tribunale di Torino ha già disposto il sequestro preventivo per gli stessi fatti, non avendo il Tribunale del Riesame considerato che le contestazioni elevate dalla Procura della Repubblica di Torino contengono tutti i crediti compensati dal RAGIONE_SOCIALE negli anni 2018 e 2019, e dunque anche i debiti originati dal mancato pagamento di contributi previdenziali e assistenziali derivanti dai contratti di appalto di servizi con società nissene RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avendo l’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate di Torino preso in considerazione tutte le compensazioni effettuate dal RAGIONE_SOCIALE nei predetti anni.
Con il secondo motivo, è stata eccepita la violazione dell’art. 18, comma 1, del d. Igs. n. 74 del 2000, per avere il Tribunale individuato la competenza per territorio utilizzando il criterio sussidiario del luogo di accertamento del reat anziché il luogo di commissione del reato, che è quello del luodo di presentazione dei modelli F24 con i quali sono state operate le compensazioni; stante l’incertezza sull’individuazione di tale luogo, la competenza andava radicata quindi presso il Tribunale di Torino, atteso che ivi c’è stata la prima iscrizione della notizia di reato
3.2.1. Con memoria trasmessa il 12 giugno 2024, il difensore di fiducia della ricorrente COGNOME ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
3.3. NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, tramite l’AVV_NOTAIO, comune difensore delle ricorrenti, hanno sollevato sette motivi.
Con il primo, è stata eccepita la violazione dell’art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000, rimarcandosi il difetto della soglia di punibilità del reato contestato pe ciascuna delle annualità contestate, per cui alcuna misura poteva essere adottata.
Con il secondo motivo, la difesa censura nuovamente il giudizio sul superamento della soglia di punibilità del reato di indebita compensazione, rilevando che l’importo per debiti fiscali per gli anni ,2018 e 2019 ammonta a complessivi 32.153,79 euro, con conseguente insussistenza del reato de quo.
Con il terzo motivo, si contesta la valutazione indiziaria, evidenziandosi che è stato erroneamente individuato il concorso di persone di NOME nel reato di indebita compensazione con le imprese appaltatrici, mentre la stessa doveva essere ritenuta persona offesa del reato di truffa, non potendo il concorrente ex art. 110 cod. pen. rivestire anche la contestuale veste di danneggiato principale del medesimo reato.
Con il quarto motivo, le critiche difensive investono la valutazione dei giudici del riesame circa il ruolo della COGNOME di concorrente nel reato commesso dalle imprese appaltatrici, non essendovi nella motivazione dell’ordinanza impugnata alcun cenno circa eventuali condotte agevolatrici o di rafforzamento dell’altrui proposito illecito da parte della ricorrente rispetto all’effettuazione del pagamento dei debiti delle società appaltatrici mediante compensazione con crediti fittizi.
Con il quinto motivo, ci si duole del giudizio sulla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo a NOME, rilevandosi che la stessa non poteva avere conoscenza della natura fittizia dei crediti portati in compensazione.
Con il sesto motivo, si deduce la violazione degli art. 322 bis e 310 cod. proc. pen., censurandosi la riqualificazione del reato di truffa ai danni dello Stato i quello di indebita compensazione, ed evidenziandosi che per tale reato nello stesso capo di imputazione si specifica che la Procura sta procedendo separatamente.
Il settimo motivo è dedicato al giudizio relativo al periculum in mora, rispetto al quale si evidenzia che il provvedimento impugnato non ha tenuto conto del fatto che la RAGIONE_SOCIALE già dalla fine del 2020 ha ritenuto di non avvalersi più del servizio di outsourcing, internalizzando di nuovo il personale e dando prova nei tre anni successivi di totale fedeltà fiscale e previdenziale.
3.3.1. Con memoria trasmessa il 30 maggio 2024, il difensore delle ricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha insistito nell’accoglimento del ricorso, allegando il provvedimento con cui il P.M. ha disposto il dissequestro, eseguito il 27 dicembre 2023, della somma di 78.818,72 euro, con restituzione all’avente diritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È fondato il primo motivo del ricorso di COGNOME, mentre i ricorsi d’ella COGNOME della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili.
Iniziando dai ricorsi della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, COGNOME appunto prendersi atto che, in data 30 maggio 2024, il difensore di fiducia delle predette ricorrenti ha depositato il provvedimento con cui, in data 23 dicembre 2023 (dunque in epoca successiva all’emissione dell’ordinanza impugnata), il P.M. di Caltanissetta, in accoglimento dell’istanza difensiva, ha disposto il dissequestro, eseguito il 27 dicembre 2023 dalla Sezione di P.G. competente, della somma di 78.818,72 euro, ordinando la restituzione di tale importo all’avente diritto.
1.1. Ora, alla stregua della statuizione sulla restituzione del denaro sequestrato, i ricorsi della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE devono essere dichiarati inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse, da ciò non conseguendo la condanna alle spese dei ricorrenti, dovendosi richiamare l’affermazione costante di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 4452 dell’08/01/2019, Rv. 274736 e Sez. 1, n. 13607 del 10/12/2010, dep. 2011, Rv. 249916), secondo cui l’inammissibilità del gravame per rinuncia dell’impugnante non determina la soccombenza e la condanna alle spese, quando il venir meno dell’interesse alla decisione sia correlato a cause sopravvenute alla presentazione dell’impugnazione.
Passando al ricorso di COGNOME e partendo per ragioni di priorità logica dal secondo motivo, comune peraltro al primo motivo del ricorso della COGNOME, occorre osservare che sono infondate le censure che contestano la violazione del divieto di bis in idem, sul rilievo che i fatti oggetto del presente procedimento sono gli stessi che costituiscono oggetto del procedimento penale pendente a Torino. Sul punto COGNOME evidenziarsi che il divieto di bis in idem non derivante da giudicato, come afferma ripetutamente la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente (così Sez. Un., n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231800 – 01, nonché Sez. 6, n. 41380 del 19/09/2023, COGNOME, Rv. 285354 – 01, e Sez. 5, n. 10037 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 269422 – 01). Le Sezioni Unite, in particolare, hanno precisato che: «il riferimento alle regole sui conflitti risulta indubbiamente corretto nei casi duplicazione del processo dinanzi a sedi giudiziarie diverse, dato che la contemporanea cognizione dell’identica regiudicanda ad opera di giudici differenti, uno dei quali è certamente incompetente, integra un “conflitto positivo proprio” risolubile mediante l’applicazione delle disposizioni degli art. 28 e segg. In simil
5 GLYPH
casi, il criterio di risoluzione della litispendenza COGNOME essere costitui dall’applicazione delle disposizioni del codice che regolano la competenza, che devono sempre prevalere sui parametri empirici della progressione o della maggiore ampiezza della regiudicanda, il cui impiego può considerarsi consentito a condizione che la concentrazione dei procedimenti si realizzi dinanzi al giudice “precostituito per legge” in base alle norme sulla competenza» (Sez. Un., n. 34655 del 28/06/2005, cit., in motivazione, § 3.2). Ed hanno aggiunto: «l’operatività del principio AVV_NOTAIO del ne bis in idem presuppone proprio la pluralità di procedimenti ed è subordinata alle sole condizioni della perfetta coincidenza della regiudicanda (stesso imputato e medesimo fatto), dell’identità dell’ufficio del pubblico ministero che ha esercitato l’azione penale e dell’identità dell’ufficio de giudice chiamato a pronunciare una decisione rispetto alla quale, avendo già provveduto sul medesimo oggetto, ha definitivamente esaurito il suo compito» (Sez. Un., n. 34655 del 28/06/2005, cit., in motivazione, § 5.2). Sembra utile rappresentare, inoltre, che, nel caso di procedimenti pendenti davanti ad uffici giudiziari diversi, l’applicazione del principio del ne bis in idem e non delle disposizioni sui conflitti positivi di competenza finirebbe per infrangere il complesso sistema procedurale apprestato dal legislatore per la salvaguardia degli ambiti di giurisdizione riconosciuti a ciascun giudice, sostituendolo arbitrariamente con quello della priorità della procedura (cfr. Sez. 5, n. 10037 del 19/01/2017, cit.). idem,
In applicazione del principio precedentemente indicato, risulta evidente che, nel caso di specie, non è in alcun modo ipotizzabile l’applicazione del divieto di bis in atteso che il procedimento asseritamente relativo ai medesimi fatti e nei confronti della stata persona è pendente in una sede giudiziaria, Torino, ben distinta da quella in cui è radicato il presente procedimento, Caltanissetta.
Per nessuno di essi, inoltre, si è pervenuti a una sentenza irrevocabile.
Di conseguenza, allo stato, in considerazione di quanto esposto in precedenza, l’attuale ricorrente, per contestare l’asserita indebita duplicazione de procedimenti, è ammessa a fruire dei rimedi previsti per i conflitti di competenza, ma non può certo invocare una pronuncia di non luogo a procedere per violazione del principio del ne bis in idem. Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva.
2.1. Una diversa conclusione si impone invece rispetto al primo motivo.
Circa la riqualificazione del fatto operata dal Tribunale del Riesame rispetto al delitto di truffa ai danni dello Stato, sussunto nella diversa fattispecie di indeb compensazione, se COGNOME ribadirsi il consolidato principio (cfr. Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020, Rv. 279211 – 02 e Sez. 5, n. 7468 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258983), secondo cui i giudici del riesame, al pari del giudice della cautela, ben possono attribuire alla condotta una differente definizione giuridica, e ciò anche in ragione dell’inevitabile fluidità che connota le provvisorie imputazioni
della fase cautelare, COGNOME tuttavia richiamarsi l’altrettanto condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 16020 del 13/03/2019, Rv. 275602 e Sez. 6, n. 18767 del 18/02/2014, Rv. 259679), secondo cui, pur nel suo legittimo potere di riqualificazione giuridica del fatto, il Tribunale del Riesame non può però formulare autonome ipotesi ricostruttive sulla base di dati di fatto diversi, risultan altrimenti nulla la decisione per difetto dell’iniziativa del pubblico ministero.
Ciò posto, COGNOME evidenziarsi che, nel caso di specie, in base alle allegazioni disponibili, risulta che, a fronte dell’originaria imputazione, calibrata sul model della truffa ai danni dello Stato, il Tribunale, al pari del G.I.P., ha rite configurabile il delitto di cui all’art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000, in base alla ritenuta specialità di tale fattispecie rispetto a quella ex art. 640 cod. pen.
Orbene, tale riqualificazione, di per sé legittima, avuto riguardo alla rimarcata specialità della condotta sanzionata in ambito penai-tributario, ha lasciato tuttavia aperte talune questioni non secondarie circa la sfera applicativa del reato di indebita compensazione, che presenta una sua peculiare e differente struttura.
In particolare, non risultano ben chiare le date e i luoghi di presentazione dei modelli F24, su cui si incentra il meccanismo illecito sotteso alla previsione ex art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000, richiamando il precetto penale la norma di cui all’art. 17 del d. Igs. n. 241 del 1997 che disciplina appunto le modalità operative delle compensazioni. A ciò COGNOME poi aggiungersi che non risulta adeguatamente approfondito il tema del superamento o meno della soglia di punibilità del reato, non comprendendosi se le cifre riportate nell’ordinanza impugnata siano riferite all’ammontare dei crediti indebitamente utilizzati in compensazione dalle società che figuravano come appaltatrici di servizi, o piuttosto all’importo dei risparmi di spesa derivanti dall’evasione fiscale e contributiva realizzata dalle società committenti.
La questione merita invece di essere chiarita compiutamente, alla luce innanzitutto del principio elaborato da questa Corte (cfr. 3, n. 34966 del 16/10/2020, Rv. 280428 e Sez. 3, n. 14763 del 19/02/2020, Rv. 279119), secondo cui, in tema di reati tributari, la soglia di rilevanza penale di cui all’art. 10 quater, del d. Igs. n. 74 del 2000, pari a cinquantamila euro annui, va riferita all’ammontare dei crediti non spettanti utilizzati per le compensazioni indebite:e non alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non versate, con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere alla somma algebrica degli importi dei crediti inesistenti o non spettanti portati in compensazione. Allo stesso modo, occorre richiamare l’orientamento, condiviso dal Collegio, in forza del quale il reato di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater riguarda l’omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari che di altra natura, per il c pagamento debba essere utilizzato il modello di versamento unitario (cfr. Sez. 3,
552 del 01/12/2022, dep. 2023, Rv. 283920, nonché Sez. 3, n. 23083 del 22/02/2022, Rv. 283236), per cui va ribadito che, ai fini del superamento della soglia di punibilità, rilevano non solo gli omessi versamenti dovuti a titolo d imposta, ma anche gli omessi versamenti dovuti ad oneri contributivi.
2.2. Sulla delimitazione della condotta dal punto di vista contenutistico e spazio-temporale e sulla verifica della soglia di punibilità, l’ordinanza impugnata ha mancato di fornire risposte adeguate, per cui il provvedimento oggetto di ricorso COGNOME essere annullato con rinvio nei confronti di COGNOME, dovendo il Tribunale del Riesame verificare se e in che termini, alla luce delle acquisizioni investigative disponibili e già note alla difesa, nonché degli elementi essenziali desumibili dalle contestazioni provvisorie, sia configurabile il ravvisato reato di indebit compensazione, reato di cui andranno pertanto illustrate le coordinate spaziotemporali e le modalità della relativa condotta, dovendo altresì essere accertato il superamento o meno della soglia di punibilità, alla luce delle premesse interpretative sopra richiamate.
Manifestamente infondato è invece il ricorso di NOME COGNOME.
3.1. In ordine al primo motivo, avente ad oggetto l’asserita violazione del principio del ne bis in idem, è sufficiente richiamare le considerazioni circa la manifesta infondatezza delle doglianze già esposte nel § 2, dedicato alla medesima questione sollevata in termini sovrapponibili dal ricorrente BurTb.
3.2. Quanto al secondo motivo, COGNOME parimenti osservarsi che il rigetto dell’eccezione di competenza per territorio non presenta vizi di legittimità deducibili in questa sede, avendo l’ordinanza impugnata (pag. 7) richiamato, in maniera pertinente, la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, dep. 2024, Rv. 285747 – 02 e Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 2023, Rv. 284057), secondo cui, ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione, rileva il luogo in cui è effettuata l’ultima utilizzazione del credito inesistente nell’an interessato, mediante inoltro del modello F24 ovvero, se non è possibile la sua individuazione, il luogo di accertamento del reato ai sensi dell’art. 18, comma 1, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, essendo tale disposizione prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall’art. 9 cod. proc. pen.
Ora, premesso che nel caso di specie non è emerso in maniera chiara il luogo in cui è effettuata l’ultima utilizzazione del credito inesistente, legittimamente giudici cautelari hanno fatto riferimento al luogo di accertamento del reato, individuato in Caltanissetta, dove la locale Procura della Repubblica ha provveduto a dirigere e a portare avanti le attività investigative, impostazione questa coerente con il principio elaborato da questa Corte (Sez. 3, n. 43320 del 02/07/2014, Rv. 260992), secondo cui il luogo dell’accertamento nei reati tributari va individuato
•
nella sede dell’Ufficio in cui è stata compiuta un’effettiva valutazione degli el
che depongono per la sussistenza della violazione, essendo invece irrilevante a fine il luogo di acquisizione dei dati e delle informazioni da sottoporre a ver Ne consegue che la censura difensiva si palesa come manifestamente infondata.
3.3. Il ricorso della COGNOME COGNOME pertanto essere ritenuto inammissi con onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sos spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ri siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della cau inammissibilità”, si dispone infine che la ricorrente versi la somma, determina via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e rinvia per nuov giudizio al Tribunale di Caltanissetta competente ai sensi dell’art. 324, com cod. proc. pen. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condann pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende.
Così deciso il 15.07.2024