Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 28455 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 28455 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME , nato a
I GLYPH omissis
avverso l’ordinanza del 14/02/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile
RITENUTO IN FATTO
In data 14/02/2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza ha
applicato a GLYPH P.D. GLYPH tla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa in relazione ai reati di cui agli artt. 572 e 612-bis cod. pen.
Avverso l’ordinanza del Tribunale per il riesame ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, deducendo il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 21 cod. proc. pen.
Il reato più grave, ossia il delitto di maltrattamenti, è stato commesso a Falerna, che rientra nella circoscrizione del Tribunale di Lamezia Terme; per questo viene dedotta l’incompetenza del Tribunale di Cosenza, richiamando la giurisprudenza che ammette che l’eccezione di incompetenza per territorio sia sollevata per la prima volta in sede di legittimità.
Inoltre, il ricorrente rileva che nel caso di specie non sussistono i presupposti per l’applicazione della misura cautelare, «atteso lo stato di incensuratezza e il venire meno dello stato di convivenza».
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente cita, a sostegno dell’ammissibilità del ricorso, una pronuncia di questa Sezione (Sez. 6, n. 2336 del 07/01/2015, Pretner COGNOME, Rv. 262081) che ha affermato che, in materia cautelare, l’eccezione di incompetenza territoriale dell’autorità giudiziaria procedente può essere sollevata per la prima volta anche con il ricorso per cassazione, purché il ricorrente adempia all’obbligo di specificità nella deduzione dei motivi e non fondi le sue lamentele su elementi di fatto mai introdotti dinanzi al giudice del merito, ovvero sui quali sia necessario procedere a valutazioni o ad accertamenti comunque inammissibili nel giudizio di legittimità.
A tale indirizzo se ne oppone un altro, secondo cui non può costituire motivo di ricorso per cassazione la violazione delle regole di competenza territoriale da parte del giudice che ha emesso l’ordinanza cautelare, se detta violazione non sia stata dedotta nel giudizio di riesame, essendo precluso al giudice di legittimità di decidere su violazioni di legge, non rilevabili d’ufficio, i cui presupposti di fatto no siano già stati esaminati dai giudici di merito (Sez. 3, n. 32904 del 08/02/2018, COGNOME, Rv. 273672)
Il Collegio ritiene condivisibile quest’ultimo orientamento. Dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. si può, infatti, ricavare il principio generale secondo cui il giudice di legittimità non può decidere su violazioni di legge che non siano già state dedotte con i motivi di appello, a meno che non siano rilevabili d’ufficio (art. 609, comma 2, cod. proc. pen.) o non siano oggetto di ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 569 cod. proc. pen.
Poiché l’incompetenza territoriale non può essere rilevata d’ufficio in sede di legittimità, la violazione delle norme sulla competenza territoriale può essere oggetto di motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., solo se già eccepita o rilevata in sede di riesame. Tale conclusione «discende dalla stessa struttura del giudizio di legittimità, che si caratterizza come impugnazione a critica vincolata della decisione censurata, la cui correttezza non può, evidentemente, che essere verificata in relazione agli aspetti già sottoposti al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudiz o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza» (Sez. 3, Sentenza n. 32904, cit; conforme: Sez. 3, n. 3816 del 14/10/2008, Leone, Rv. 242822).
E ciò a maggior ragione alla luce dell’introduzione dell’art. 24-bis cod. proc. pen. ad opera dell’art. 4, comma 1, del d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, che prevede un nuovo meccanismo per sollecitare una pronuncia anticipata e vincolante della Corte di cassazione sulla competenza territoriale, al fine di evitare il rischio di una inutile celebrazione di processi, anche in più gradi di giudizio, per l’erronea dichiarazione o attribuzione della competenza.
Anche nel nuovo istituto lo scrutinio della Corte avviene dopo una prima delibazione della questione nel merito ad opera delle parti e del giudice remittente tenuto, ai fini dell’ammissibilità del rinvio, a motivare la propria determinazione, individuando tutti gli elementi concreti che rilevano ai fini della individuazione della competenza, non potendo devolversi al giudice di legittimità questioni che attengono alla ricostruzione di fatti, anche processuali, i quali esulano dalla sua cognizione. (Sez. 6, Ordinanza n. 31809 del 10/05/2023, Rv. 285089-01).
In conclusione il motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Inammissibile, inoltre, è l’ulteriore doglianza, relativa al difetto de presupposti per l’applicazione della misura, in considerazione dello stato di incensuratezza e il venire meno della convivenza. Tale censura non è articolata in un motivo di ricorso, non è motivata in alcun modo e si esaurisce in una asserzione del tutto astratta, generica e svincolata dal provvedimento impugnato.
Pr
4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 11/06/2024