Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34937 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34937 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/11/2024 della CORTE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, con sentenza in data 4 novembre 2024, confermava la pronuncia del Tribunale monocratico di Bari che aveva condannato NOME COGNOME alle pene di legge perché ritenuto colpevole dei delitti di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. per avere il giudice di appello erroneamente respinto l’eccezione di incompetenza territoriale posto che l’imputato era stato individuato come fornitore toscano della
merce contraffatta lavorata nel suo opificio di Prato ed in questo luogo doveva individuarsi il giudice competente;
violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza della recidiva e motivazione apparente ed omessa anche in relazione al giudizio di bilanciamento;
violazione dell’art. 81 cpv. cod. pen. quanto alla omessa applicazione del regime della continuazione c.d. esterna;
violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta responsabilità per il capo n. 16 posto che la Corte di appello di Bari aveva ricavato gli elementi fondanti l’affermazione di colpevolezza sulla base di ragionamenti privi di qualsiasi riscontro, come dimostrato dalla circostanza che il laboratorio dell’imputato era di dimensioni ridotte e non compatibile con il commercio su larga scala.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso appare essere stato proposto per motivi reiterativi o manifestamente infondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed invero il primo motivo reitera doglianze già dedotte in fase di appello e respinte dal giudice di secondo grado sulla base di una ricostruzione dei fatti esente da censure; la Corte di appello di Bari ha spiegato che, a fronte del rinvenimento nel territorio di competenza del tribunale pugliese della merce contraffatta, deve farsi applicazione della regola secondo cui la competenza per territorio va determinata sulla base della regola dettata dal comma 1 dell’art. 9 cod. proc. pen. e cioè quella della co mmissione dell’ultima parte dell’azione. E , nel caso della ricettazione, l’ultima parte dell’azione può essere individuata in quella del sequestro dei beni contraffatti in assenza di elementi certi e non puramente ipotetici di ricezione in altra e differente località.
L’ultimo motivo, che va analizzato prioritariamente rispetto agli altri in ordine logico trattandosi di doglianza avente ad oggetto l’affermazione di responsabilità, involge una non consentita lettura alternativa di elementi di prova posto che, con le valutazioni espresse a pagina 7 della motivazione, la Corte di appello ha adeguatamente spiegato come l’affermazione di responsabilità con doppia conforme si fondi sull’interpretazione di alcune conversazioni telefoniche riscontrata dal successivo sequestro di altra merce avente natura contraffatta che consentiva di riscontrare la tesi della riconducibilità proprio all’imputato di quanto oggetto di contestazione.
Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dai giudici di merito attraverso una puntuale
valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.
Il secondo motivo è manifestamente infondato posto che con le specifiche argomentazioni esposte a pagina 5 della sentenza impugnata il giudice di appello ha motivato il riconoscimento della recidiva sulla base della accertata pericolosità sociale manife stata dall’imputato con la consumazione di ulteriori fatti di reato rispetto alle precedenti condanne senza incorrere, pertanto, in alcuno dei denunciati vizi.
Anche il terzo motivo è manifestamente non fondato posto che, secondo l’indirizzo di questa Corte , è conforme all’effetto devolutivo dell’appello la sentenza che non si pronunci in ordine al nesso di continuazione, con altro reato già oggetto di condanna irrevocabile, per essere stata la questione prospettata non già con i motivi di appello ma soltanto con la formulazione delle conclusioni (Sez. 2, n. 17077 del 08/02/2011, Biscaro, Rv. 250245 – 01); successivamente, sullo stesso tema, si è anche affermato come, in tema di giudizio di appello, la richiesta di applicazione della continuazione in relazione a reato giudicato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine per impugnare è ammissibile solo se avanzata con i motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. e sempre che sia accompagnata dall’allegazione, precisa e completa, delle sentenze definitive rilevanti ai fini del decidere (Sez. 2, n. 7132 del 11/01/2024, D’Antoni, Rv. 285991 – 01). E, nel caso in esame, risult a che l’imputato non aveva svolto alcuno specifico motivo di appello e neppure emerge dalla stessa prospettazione contenuta in ricorso che la sentenza definitiva relativa ai reati giudicati da altra autorità fosse stata prodotta all’atto delle conclusioni così da permettere al giudice di appello di valutare in concreto e sulla base di specifici elementi la sussistenza dell’unico disegno criminoso.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 9 ottobre 2025 IL CONSIGLIERE AVV_NOTAIO NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME