Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10861 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10861 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RAGUSA il 27/08/1987
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 del TRIBUNALE di CATANIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga rigettato; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania, con provvedimento del 27/11/2024, ha annullato parzialmente l’ordinanza del G.i.p. presso il Tribunale di Catania del 08/11/2024, con la quale veniva applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione alla contestazione provvisoria di plurimi episodi di estorsione aggravati dal metodo mafioso (di cui ai capi 1, 2, 3, 4 e 5) escludendo la circostanza aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen. e confermando nel resto l’ordinanza impugnata.
Avverso il provvedimento predetto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, con un unico articolato motivo di ricorso che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi degli artt. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Inosservanza ed erronea interpretazione della legge penale in relazione all’art. 416bis.1 cod. pen., all’art. 51, comma 3bis , all’art. 27 cod. proc. pen., all’allegato 11, tabella A R.D. n. 12 del 1941 e successive modifiche e, infine, all’art. 291, comma 2, cod. proc. pen.; la contestazione posta alla base della misura applicata riguardava reati tutti commessi nel circondario di Ragusa, ma ricorrendo la contestazione della aggravante di cui all’art. 416bis.1 la Procura distrettuale di Catania aveva richiesto la misura cautelare al G.i.p. del capoluogo del distretto (Catania) in applicazione dell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen. e, quindi, in deroga ai principi di
ordinaria attribuzione che avrebbero altrimenti comportato la diretta titolarità della autorità giudiziaria di Ragusa.
2.2. La difesa ha osservato che, sebbene fosse stata esclusa la aggravante contestata ai sensi dell’art. 416bis.1 cod. pen., il Tribunale di Catania aveva omesso di dichiarare la conseguente incompetenza del G.i.p. di Catania ed anche di affrontare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la verifica circa l’urgenza della esigenza cautelare posta a fondamento della misura confermata. Veniva in tal senso richiamato il principio affermato da Sez. 1, n. 32956 del 2022, Fall, Rv. 283564-01, che rappresentava una coerente e conseguente interpretazione rispetto al dictum delle Sez. U Giacobbe (Sez. U, n. 19214 del 2020); l’incompetenza del G.i.p. di Catania, conseguente alla derubricazione realizzata, doveva condurre ad un ulteriore giudizio volto a verificare l’urgenza nella applicazione della misura, invece meramente confermata.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato per le ragioni che seguono.
Come fondatamente evidenziato dalla difesa, il Tribunale di Catania non ha applicato il principio di diritto, affermato di recente da questa Corte, in continuità con le Sezioni Unite Giacobbe (Sez. U, n. 19214 del 23/04/2020, Rv. 279092-01) secondo il quale nel procedimento ” de libertate “, il tribunale del riesame che operi una diversa qualificazione giuridica del reato, escludendo la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., deve dichiarare l’incompetenza del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare il provvedimento, ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l’urgenza di salvaguardare anche una sola delle esigenze cautelari riscontrate (Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall Thierno Mountaga, Rv. 28356401; Sez. 1, n. 32957 del 14/07/2022, COGNOME non mass.; Sez. 1, n. 32958 del 14/07/2022, COGNOME non mass.; Sez. 3, n. 47307 del 15/10/2024, COGNOME non mass., in diversa fattispecie; Sez. 2, n. 8337 del 02/02/2024, COGNOME non mass., che in diversa fattispecie ha evidenziato la portata e incidenza sulla competenza distrettuale di una ‘riqualificazione in sede cautelare’).
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha derubricato i fatti di reato ascritti all’odierno ricorrente escludendo recisamente la ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen. in relazione ai plurimi episodi di estorsione (sebbene con una certa contraddittorietà, atteso il richiamo alle modalità con le quali si avviava l’indagine da cui scaturiva l’imputazione provvisoria, con particolare riferimento alle dichiarazioni etero ed autoaccusatorie rese da NOME ed alle circostanze e caratteristiche dell’azione così come riscontrata dalle videoriprese in atti), rilevando al riguardo che le condotte contestate nell’addebito provvisorio di cui ai capi 1), 2), 3), 4) e 5) si caratterizzavano per gravità indiziaria quanto al delitto di cui all’art. 629 cod. pen. ‘essendo state le persone offese destinatarie di richieste di denaro mediante l’utilizzo di modalità minacciose e violente, come quelle di essersi avvalse di un ordigno esplosivo, seppure artigianale ‘, anche in considerazione della piena comprensione da parte delle persone offese della portata della condotta minacciosa in relazione alla attività imprenditoriale espletata. Con argomentazione,
altrettanto esplicita, ha aggiunto che le persone offese, per come emerso nella conversazione n. 7 del 01/09/2023, ‘ non temevano per la loro incolumità, essendo imprenditori che hanno sempre pagato per le richieste estorsive subite ‘ e ricostruiva il complesso delle emergenze indiziarie attribuendo in modo univoco il ruolo di mandante al COGNOME, attese le convergenze investigative del tutto univoche in tal senso anche documentalmente (con particolare riferimento ad accertamenti bancari e riconoscimento fotografico di COGNOME NOME, Cascino NOME e NOME COGNOME).
Occorre, inoltre, osservare che il Tribunale ha esplicitamente affermato (con un certo atecnicismo del linguaggio utilizzato), in sede di riqualificazione della condotta ascritta nell’ambito della imputazione provvisoria, che non potesse essere riscontrata la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza quanto all’aggravante contestata, atteso che non solo gli imprenditori avevano evidenziato di non avere timore alcuno per la propria incolumità, ma anche perchØ gli episodi estorsivi si erano ‘ svolti con modalità del tutto risibili ‘ e con riferimento a vittime che ‘ non sembrano versare in uno stato di timore per la propria incolumità o di intimidazione rispetto agli autori della estorsione ‘.
Ciò posto, si deve rilevare come a seguito della nuova qualificazione delle imputazioni ascritte, l’ordinanza genetica risulta emessa dal G.i.p. distrettuale per reati sottratti alla sua competenza funzionale perchØ non inclusi nel catalogo individuato dall’art. 51, comma 3bis cod. proc. pen. Ne consegue che, il Tribunale, operata la riqualificazione, avrebbe dovuto adottare la conseguenziale pronuncia di incompetenza.
Devono, quindi essere applicati, anche al caso in esame, i principi espressi dalla sentenza a Sezioni Unite Giacobbe già citata. Difatti, il giudice dell’impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l’incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l’onere di verificare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l’adozione del provvedimento limitativo della libertà personale, tra le quali rientra certamente la competenza funzionale , oggetto della doglianza articolata dalla difesa.
Qualora tale verifica abbia esito negativo, il giudice deve procedere all’annullamento della misura, nel caso contrario, laddove ravvisi l’urgenza di anche solo una delle esigenze cautelari riscontrate, deve provvedere ai sensi dell’art. 27 del codice di rito, dichiarando la sua incompetenza, trasmettendo gli atti al giudice competente che entro venti giorni dalla ordinanza dovrà provvedere a norma degli articoli 292, 317 e 321, pena la cessazione degli effetti della misura (cfr., Sez. U, n. 19214 del 23/04/2020, Giacobbe, Rv. 279092-01). Come motivatamente affermato da Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall Thierno Mountaga, Rv. 283564-01: ‘Il fondamento di tale verifica, sul solco già tracciato dalle due sentenze delle Sezioni Unite COGNOME (Sez. U, n. 14 del 20/07/1994, COGNOME, Rv. 198217; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199393), Ł stato individuato nell’esigenza, costituzionalmente tutelata, di non sottrarre al soggetto cautelato la possibilità di contraddittorio in costanza della limitazione della sua libertà personale e di evitare la sostanziale insindacabilità nel merito del provvedimento genetico. D’altra parte, il mancato riconoscimento da parte del giudice dell’impugnazione cautelare dell’incompetenza del giudice che ( inaudita altera parte ) ha applicato la misura, impedirebbe all’indagato di ottenere, nei termini che i codificatori hanno ritenuto essenziali per garantire la coerenza costituzionale del sistema cautelare, secondo la logica sottesa all’art. 13 Cost., una decisione del giudice naturale sulla legittimità della restrizione della sua libertà. In quest’ottica, le Sezioni Unite, sin dal loro primo intervento sul tema delle misure cautelari
disposte dal giudice incompetente hanno evidenziato come l’equilibrio del sistema normativo si regga proprio sulla prevista precarietà della misura disposta da quel giudice e sulla funzionalità della sua provvisoria efficacia all’esclusivo fine di consentire l’intervento dell’effettivo titolare del potere cautelare. Conseguentemente “il provvedimento successivo «non può essere definito di “conferma” o di “reiterazione” di quello precedente», in quanto adottato sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni legittimanti, ancorchØ desunte dagli stessi elementi esaminati dal giudice incompetente, senza che la decisione di quest’ultimo possa costituire una qualsivoglia preclusione all’esercizio di tale potere, nemmeno nel caso in cui la stessa abbia nel frattempo perduto efficacia per essersi compiuto il termine previsto dall’art. 27 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 15 del 18/06/1993, Silvano, Rv. 194315)’.
Ciò posto, si deve osservare che il Tribunale del riesame – che ha operato una diversa qualificazione giuridica dei fatti, escludendo la loro riconducibilità alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen. e, quindi, alle attribuzioni ex art. 328 cod. proc. pen. del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente – versa nella medesima situazione sostanziale del giudice cautelare che rileva l’incompetenza del giudice che ha emesso la misura sottoposta al suo vaglio. Non può, pertanto, limitarsi a confermare la misura cautelare, di cui ritiene sussistente i presupposti applicativi, senza occuparsi degli effetti sul provvedimento impugnato della rilevata incompetenza del giudice che l’ha emessa nei termini imposti dalla disciplina prevista dagli artt. 291, comma 2, e 27 cod. proc. pen., atteso il persistente dovere, che sullo stesso Tribunale grava, quale giudice dell’impugnazione cautelare, di rilevare l’incompetenza anche successivamente all’adozione della misura, come emerge dalla chiara interpretazione, costituzionalmente orientata, dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen.
In tal senso, si deve osservare che, nell’ipotesi di riqualificazione dei fatti contestati incidente sulla competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento genetico, sussiste la necessità che la misura cautelare, che limita la libertà personale, sia apprezzata entro tempi brevi dal suo giudice naturale.
Il Tribunale del riesame, pertanto, deve rilevare la propria incompetenza, adottando – qualora ritenga sussistenti tutti i presupposti che legittimano l’intervento cautelare e, dunque, la sussistenza, oltre che dell’urgenza, dei gravi indizi di colpevolezza e delle stesse esigenze cautelari – il provvedimento di cui all’art. 27 cod. proc. pen., con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente, che sostituisce l’immediata invalidità del provvedimento genetico con la sua temporanea <> (Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall Thierno Mountaga, Rv. 283564-01), provvedimento che, per la rilevanza costituzionale dei beni coinvolti, Ł l’unico in grado di bilanciare la necessità dell’intervento del giudice naturale nella fase cautelare con quella di evitare un pregiudizio eventualmente irreparabile ad interessi primari della collettività derivante dall’annullamento della misura.
Il Collegio, nel raggiungere tale conclusione, certamente ha tenuto conto delle allegazioni delle parti nel citare un diverso orientamento giurisprudenziale (non ritenendolo incidente nel caso di specie) secondo il quale “la diversa qualificazione giuridica operata dal tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, abbia escluso la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen. non comporta una pronuncia di incompetenza” (Sez. 2, n. 24492 del 26/04/2006,
Leone, Rv. 234682-01; Sez. 2, n. 25163 del 06/02/2019, COGNOME Rv. 276919-01, fattispecie in cui la Corte, in applicazione del principio, ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato in conseguenza dell’esclusione, in sede di riesame, dell’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203).
In tal senso, si deve sottolineare che le decisioni richiamate non si occupano del tema, rilevante in questa sede, dei poteri del giudice dell’impugnazione cautelare, ma affrontano la diversa questione delle ripercussioni della pronuncia di competenza del Tribunale adito ai sensi 6 dell’art. 309 cod. proc. pen. sul procedimento principale, escludendo, in modo condivisibile, che il giudicato cautelare sia in grado di condizionare il potere decisorio del giudice competente alla luce dell’autonomia dell’incidente cautelare ( ex multis, Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall COGNOME Mountaga, Rv. 283564-01 ; Sez. 4, n. 45819 del 30/03/2004 Calabro’, Rv. 230587-01; Sez. 6, n. 24639 del 28/04/2006, COGNOME, Rv. 235187-01; Sez. 5, n. 28563 del 27/06/2007, Gallo, Rv. 23757001; Sez. 6, n. 45909 del 26/09/2011, Platone, Rv. 251180-01; Sez. 2, n. 4045 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254306-01; Sez. 6, n. 21328 del 16/04/2015, COGNOME, Rv. 263412-01).
NØ si può sostenere che la rivalutazione in diritto che il G.i.p. e Tribunale del riesame possono operare della originaria contestazione provvisoria, se rileva certamente ai fini dell’applicazione dei termini di custodia cautelare, possieda alcuna efficacia vincolante per il Pubblico ministero, che potrà formulare la richiesta di rinvio a giudizio anche a prescindere dalle determinazioni dei giudici della cautela.
In altri termini, atteso il principio di reciproca autonomia dei procedimenti principale e cautelare, una ipotesi di eventuale interferenza non Ł sostenibile neanche quando il provvedimento applicativo precedentemente adottato sia annullato in sede di impugnazione, attesa la natura “endoprocessuale” del giudicato cautelare (in tal senso, Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235908-01; Sez. 6, n. 54045 del 27/09/2017, Cao, Rv. 271734-01).
Ciò posto, si deve osservare che l’incompetenza del giudice che ha applicato la misura, nel caso in cui il fatto venga riqualificato come nel caso di specie escludendo l’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen., deve essere rilevata dal Tribunale del riesame nei limiti dei poteri cognitivi attribuitigli dalla legge processuale a seconda che si tratti del giudice del riesame o di quello di legittimità, ponendo in essere, appunto, la verifica prevista a dall’art. 291, comma 2, cod. proc. pen. sulla sussistenza delle condizioni per l’adozione del provvedimento genetico, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare lo stesso ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell’art. 27 del codice di rito, laddove ravvisi l’urgenza di anche solo una delle esigenze cautelari riscontrate.
8. NØ a diverso risultato si perverrebbe nel caso oggetto di scrutinio, qualora si volesse aderire al diverso percorso argomentativo seguìto da un recente arresto di legittimità, secondo il quale «la decisione sulla competenza, anche nel procedimento cautelare, Ł una decisione che deve essere pronunciata in limine litis , sulla base della descrizione del fatto, trattandosi di un accertamento preliminare rispetto ad ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell’accusa come anche rispetto alla sussistenza della gravità degli indizi», per cui «l’aver ritenuto carente la gravità indiziaria rispetto all’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen., da cui discende la competenza del G.i.p. presso il capoluogo del distretto in cui si trova il giudice territorialmente competente, non comporta l’incompetenza c.d. distrettuale del predetto giudice» (Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286064-01): pronuncia – quest’ultima – che ha ritenuto come sulla questione se la valutazione della competenza ai fini dell’applicazione della misura cautelare sia soggetta o meno alle stesse regole fissate per la disciplina della competenza del giudizio di responsabilità a
cognizione piena, le Sezioni Unite Giacobbe non avrebbero fornito «alcuna specifica indicazione, essendo stati solo affrontati i profili che attengono alla diversa questione degli effetti che la incompetenza dichiarata in sede cautelare produce sulla competenza rispetto all’autonomo giudizio di responsabilità, sia pure con specifico riferimento alla verifica dell’interesse del pubblico ministero ad impugnare le valutazioni ‘precarie’ sulla carenza dei gravi indizi da parte del giudice di cui sia stata dichiarata l’incompetenza in sede di riesame».
Sul punto si deve evidenziare che, a parere del Collegio, non ricorre alcun contrasto giurisprudenziale, da ritenere invece meramente apparente per le considerazioni che seguono.
Innanzitutto, deve essere considerato un dato assolutamente rilevante al fine di evidenziare la sostanziale differenza tra i casi concreti esaminati, atteso che tale pronuncia, delimitando il portato del proprio decisum , si concentra in modo esplicito esclusivamente sulla sola competenza per territorio , mentre – come Ł noto – quella del Giudice per le indagini preliminari distrettuale per i reati aggravati ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen. Ł una competenza funzionale . In tal senso Ł opportuno sottolineare che la sentenza COGNOME appena citata ha espressamente affermato: «Nel caso in cui si discuta solo della competenza territoriale, anche se per connessione, e la diversa qualificazione giuridica non incida sulla competenza per materia, il giudice all’esito del giudizio conserva sempre la propria competenza, dovendo decidere nel merito dell’accusa. La competenza per territorio , come anche quella per connessione, diversamente da quella per materia, nel giudizio ordinario Ł soggetta a rigorosi termini di decadenza, essendo il vaglio della competenza confinato ex art. 21, commi 2 e 3, cod. proc. pen. entro il limite temporale della fase della conclusione dell’udienza preliminare, o, se questa manchi entro il termine previsto dall’art. 491 comma 1, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pagg. 6-7).
Per altro verso, tale orientamento fa salvo il caso in cui «l’esclusione dell’aggravante derivi dalla erroneità della formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero, quando cioŁ sia stata contestata senza riferimenti specifici alla sua astratta ricorrenza e se ne debba quindi ravvisare l’insussistenza sulla base della stessa prospettazione del fatto descritta nella richiesta della misura cautelare», ovvero «per carenza assoluta di elementi di prova a suo sostegno», come Ł avvenuto nel caso di specie, avendo il Tribunale escluso la sussistenza di qualsivoglia indizio in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen.
In tale ipotesi, dunque, anche secondo la sentenza COGNOME «trova applicazione l’art. 291, comma 2, cod. proc. pen. che limita il potere del giudice incompetente di applicazione della misura entro i limiti temporali fissati dall’art. 27 stesso codice, sulla base del necessario presupposto sostanziale dell’urgenza delle esigenze cautelari».
Sotto altro profilo, la sentenza COGNOME ritiene, peraltro, di dover dare continuità all’orientamento che distingue il vaglio della competenza da quello dei presupposti della misura cautelare, in presenza di decisioni che hanno diverso oggetto e che sono condizionate dall’applicazione anche nella fase cautelare del principio dell’iniziativa del pubblico ministero: orientamento che la medesima pronuncia precisa di non essere contraddetto dalla sentenza delle Sezioni Unite Giacobbe che si sarebbe occupata «solo degli effetti della dichiarazione di incompetenza ma non anche dei presupposti che ne condizionano la declaratoria». E, sulla base di detti presupposti, la sentenza COGNOME conclude riconoscendo che « … non Ł in base alla valutazione della gravità indiziaria che il giudice possa dichiarare la propria incompetenza, laddove ne ravvisi la carenza rispetto ad un profilo della qualificazione del reato, o di una circostanza aggravante da cui dipenda la propria competenza a decidere sulla richiesta» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pag. 8).
Ritiene il Collegio di dover dissentire da tali ultime conclusioni tratte dalla sentenza COGNOME . Innanzitutto, va detto che la portata della sentenza COGNOME non può ritenersi limitata agli
effetti della dichiarazione di incompetenza, essendosi al contrario rilevato che il giudice dell’impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l’incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l’onere di verificare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l’adozione del provvedimento limitativo della libertà personale, traendo le conseguenze che si sono precedentemente esposte.
In tal senso, la sentenza COGNOME ha condivisibilmente evidenziato come « … il fondamento di tale verifica, sul solco già tracciato dalle due sentenze COGNOME Ł stato individuato nell’esigenza, costituzionalmente tutelata, di non sottrarre al soggetto cautelato la possibilità di contraddittorio in costanza della limitazione della sua libertà personale e di evitare la sostanziale insindacabilità nel merito del provvedimento genetico. D’altra parte, il mancato riconoscimento da parte del giudice dell’impugnazione cautelare dell’incompetenza del giudice che ( inaudita altera parte ) ha applicato la misura, impedirebbe all’indagato di ottenere, nei termini che i codificatori hanno ritenuto essenziali per garantire la coerenza costituzionale del sistema cautelare, secondo la logica sottesa all’art. 13 Cost., una decisione del giudice naturale sulla legittimità della restrizione della sua libertà. In quest’ottica, le Sezioni Unite, sin dal loro primo intervento sul tema delle misure cautelari disposte dal giudice incompetente hanno evidenziato come l’equilibrio del sistema normativo si regga proprio sulla prevista precarietà della misura disposta da quel giudice e sulla funzionalità della sua provvisoria efficacia all’esclusivo fine di consentire l’intervento dell’effettivo titolare del potere cautelare. Conseguentemente “il provvedimento successivo «non può essere definito di “conferma” o di “reiterazione” di quello precedente», in quanto adottato sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni legittimanti, ancorchØ desunte dagli stessi elementi esaminati dal giudice incompetente, senza che la decisione di quest’ultimo possa costituire una qualsivoglia preclusione all’esercizio di tale potere, nemmeno nel caso in cui la stessa abbia nel frattempo perduto efficacia per essersi compiuto il termine previsto dall’art. 27 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 15 del 18/06/1993, Silvano, Rv. 194315)» (Sez. 1, n. 32956/2022, cit., pag. 5).
Rimane poi il tema delle conseguenze dei «possibili abusi del pubblico ministero, che resterebbe arbitro della individuazione del giudice competente sulla base della rappresentazione dell’ipotesi di reato formulata nella sua richiesta» che la sentenza COGNOME risolve ritenendo che «possano valere le stesse garanzie che l’ordinamento assicura nel giudizio ordinario», potendo il giudice della cautela, al pari di quello della cognizione, accedendo agli atti posti a fondamento della richiesta «valutare se i fatti riportati nell’imputazione siano stati correttamente descritti in base ad una prospettazione ragionevole degli stessi, prescindendo dalle valutazioni piø rigorose richieste in punto di gravità indiziaria» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pag. 9).
La ‘risposta’ non pare appagante alla luce della diversità delle situazioni collegate all’assenza di contraddittorio della fase cautelare che precede l’emissione della misura rispetto a quella del giudizio ordinario e dell’esigenza di presidi di maggiore garanzia anche tenuto conto del valore del bene (libertà personale) in gioco. Invero, anche su questo ulteriore aspetto la sentenza Giacobbe offre – indirettamente – elementi di riflessione importanti, riconoscendo, in termini del tutto condivisibili, che « … in presenza di un dato normativo che si presta a piø interpretazioni, in sintonia con la logica sottesa all’art. 13 Cost. e con l’insegnamento del giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. n. 292 del 1998), Ł indubbiamente da preferire quella che fornisce in prospettiva la possibilità di ridurre al minimo il sacrificio per la libertà personale, consentendo all’indagato il tempestivo contraddittorio sul titolo cautelare e la sua caducazione laddove illegittimamente adottato».
NØ al fine di giustificare una diversa soluzione Ł possibile invocare il principio della perpetuatio iurisdictionis. In linea generale, va rimarcato come le Sezioni unite hanno ritenuto che il principio della perpetuatio iurisdictionis non Ł espressamente menzionato dal codice di procedura
penale, mentre l’art. 5 cod. proc. civ. prevede che «la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo». Tuttavia, si riconosce la natura e la portata generale del principio, che trova la sua origine nell’esigenza di rendere stabile l’attribuzione di un determinato procedimento al giudice naturale , evitando che vicende processuali , sostanziali od anche normative sopravvenute possano incidere sul rapporto processuale (Sez. U, n. 28909 del 27/09/2018, Treskine, Rv. 275870-01).La finalità, pertanto, Ł essenzialmente quella di evitare che la competenza, una volta stabilizzata perchØ sottoposta al vaglio del giudice in relazione all’addebito definitivamente determinato , possa subire modifiche in corso di svolgimento del giudizio, garantendo anche al giudice di poter adeguare la qualificazione giuridica del fatto senza privarsi della competenza.
Al contempo, la perpetuatio iurisdictionis assicura il rispetto dei principi di certezza ed economia processuale, ed Ł funzionale all’interesse dell’amministrazione giudiziaria alla ragionevole durata del processo, tutelato dall’art. 111, terzo comma, Cost.
Proprio in considerazione della funzione della perpetuatioiurisdictionis , le Sezioni Unite hanno affermato che l’ambito operativo dell’istituto si colloca dopo il passaggio alla fase del giudizio, allorchØ si rende necessario garantire quella “stabilità” di competenza che, invece, non Ł funzionale nel corso delle indagini preliminari.
Ciò posto,si deve osservare come sul tema, sebbene con riferimento a diversa fattispecie, sia stato affermato dal massimo consesso di questa Corte che l’attribuzione al giudice di un determinato procedimento deve essere valutata al momento del rinvio a giudizio e non sulla base dei fatti come contestati nella richiesta del pubblico ministero (Sez. U, n. 48590 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 277304-01; v. anche Sez. U, n. 28908 del 27/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275869-01) dal momento che il principio della perpetuatio iurisdictionis , inteso come immutabilità della competenza a fini di certezza ed economia processuale e di tutela della ragionevole durata del processo, non può non riferirsi alla contestazione risultante dal complessivo vaglio del giudice dell’udienza preliminare sull’accusa formulata dal pubblico ministero e alla conseguente individuazione del giudice naturale operata sulla base dell’esito di quel controllo; sicchØ appare evidente come tale tema non possa essere declinato a sostegno della permanenza della competenza del giudice distrettuale in sede cautelare, attesa la ricorrenza di una mera imputazione provvisoria, in assenza di quella stabilità della imputazione che consegue al recepimento della stessa nel decreto di rinvio a giudizio, che determina l’effetto stabilizzante della competenza, insensibile alle successive vicende processuali.
A livello sistematico occorre poi osservare come si sia espressamente riconosciuto che la perpetuatioiurisdictionis venga a rivestire un carattere recessivo nel caso di competenza funzionale (Sez. 1, n. 1569 del 09/11/2023, dep. 2024, G.i.p. Trib. Potenza, Rv. 285582-01). Pertanto, se dalla riqualificazione della condotta provvisoriamente ascritta, attraverso l’eliminazione dell’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen., deriva l’esclusione e il superamento per insussistenza dei relativi presupposti della competenza funzionale originariamente ritenuta nella imputazione provvisoria, l’effetto non potrà che essere quello della riemersione dell’attribuzione di competenza al giudice naturale precostituito per legge (Sez. 6, n. 12405 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269662-01).
In tal senso, sebbene con riferimento a diversa fattispecie, ma con argomentazioni applicabili anche al caso in esame, si Ł affermato che le valutazioni sulla competenza effettuate dal Tribunale del riesame in sede cautelare non incidono sugli sviluppi successivi del procedimento nella sede di merito, ben potendo il pubblico ministero, in sede di formulazione della richiesta di rinvio a giudizio, confermare le sue scelte discrezionali nell’individuazione dei temi d’accusa e riproporre dunque, nei medesimi termini, la contestazione dei fatti enucleati in sede cautelare, solo successivamente
ridimensionati dal Tribunale all’esito della, necessariamente piø ampia e penetrante, valutazione di merito discendente dalla piena cognitio propria del giudizio dibattimentale. In altri termini, occorre tener conto della autonomia del procedimento de libertate dal procedimento avente ad oggetto il giudizio di merito, nell’ambito del quale si può porre il tema predetto della perpetuatio iurisdictionis nelle sue diverse connotazioni (Sez. 3, n. 40676 del 21/06/2018, T., Rv. 273953-01). Deve essere in tal senso ritenuta riferibile anche al caso in esame la riflessione a suo tempo spesa in tema di competenza in caso di connessione dalle Sezioni Unite Taricco (Sez. U, n. 27343 del 28/02/2013, Taricco, Rv. 255345-01) quanto alla individuazione, quale momento processuale rilevante, quello in cui viene cristallizzata l’imputazione con l’esercizio della azione penale e relativo vaglio in sede di udienza preliminare, atteso che la contestazione Ł, nella fase delle indagini preliminari, per così dire fluttuante, cosicchØ il thema decidendum del processo si cristallizza soltanto con il rinvio a giudizio, sicchØ se Ł vero che i criteri di attribuzione della competenza riguardano sia la fase delle indagini che quella del giudizio, Ł pure vero che la competenza, nelle sue diverse declinazioni, diviene definitiva soltanto con la fase del giudizio (Sez. 5, n. 45418 del 29/09/2004, Iussu, Rv. 230413-02).
10. Occorre poi considerare, quali possano essere i provvedimenti che il giudice di legittimità a seguito della declaratoria d’incompetenza del giudice che ha emesso l’ordinanza cautelare. In tal senso, si deve osservare che questa Corte, nei limiti del sindacato di legittimità consentitole, ha la possibilità di verificare la legittimità del provvedimento cautelare attraverso la ricognizione che Ł stata compiuta o Ł stata trascurata dal tribunale, in appello o in sede di riesame, all’uopo utilizzando i parametri normativi di riferimento, ivi compresi quelli che regolano il presupposto primario ed essenziale di qualsiasi provvedimento del giudice, la sua competenza (Sez. U Giacobbe, cit.). Il Giudice della legittimità investito dell’impugnazione cautelare, in caso di declaratoria negativa sulla competenza, pur non potendo dichiarare l’illegittimità del provvedimento cautelare, disponendo il suo annullamento, ma solo l’ultrattività dell’efficacia nel tempo nei termini di cui all’art. 27 codice di rito, deve comunque, al pari del Tribunale adito ai sensi degli artt. 309 e 310 cod. proc. pen., preliminarmente verificare, in applicazione del principio della continuità del controllo di legalità sulle misure coercitive ed in coerenza con il dettato costituzionale dell’art. 111 ed alla stregua della soluzione implicitamente imposta da una lettura sistematica dell’art. 291 cod. proc. pen., la consistenza del quadro indiziario, la sussistenza delle esigenze cautelari nonchØ l’urgenza di provvedere da parte del giudice incompetente.
Nel compiere tale controllo, la Corte di cassazione, a differenza del giudice dell’impugnazione di merito, tenuto a verificare direttamente il presupposto dell’urgenza sulla scorta dei dati processuali, deve riferirsi esclusivamente a quanto desumibile dalla motivazione del provvedimento impugnato sicchØ, ove rilevi l’incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, dovrà annullare l’ordinanza del tribunale del riesame, con conseguente liberazione dell’indagato, anche nel caso in cui ad un preliminare esame risulti la carenza o la manifesta illogicità della motivazione in ordine al presupposto dell’urgenza di provvedere previsto dall’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., in aggiunta ai presupposti di cui agli artt. 273 e 274 cod. proc. pen.
Applicando i delineati principi al caso in esame, ritiene questa Corte che la sintetica, stereotipata e generica motivazione offerta dal Tribunale del riesame in tema di pericula libertatis conduce ad escludere la ricorrenza nella specie di ragioni idonee a legittimare la protrazione dello stato custodiale nelle more dell’intervento del giudice competente , il quale in sede di rinnovazione mantiene integri i poteri valutativi del compendio probatorio e delle esigenze cautelari secondo gli ordinari parametri di scrutinio (Sez. 2, n. 6285 del 19/01/2017, Ndokaj, Rv. 269096-01). Nonostante l’uso di formule di stile, tenuto conto della anomala suddivisione dei temi affrontati, con collocazione del punto relativo alla esclusione della aggravante in contestazione nella fase finale del
provvedimento, senza correlare tale soluzione al caso di specie, Ł emerso senza alcun dubbio, proprio in considerazione delle richiamate modalità del fatto ascritto, secondo la valutazione del Tribunale, un oggettivo ridimensionamento della vicenda cautelare, conseguente alla derubricazione dei fatti di reato contestati al COGNOME e al venir meno della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., applicabile anche al caso in cui sia contestata l’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen. (Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, Alcamo, Rv. 283176-01; Sez. 1, n. 38603 del 23/06/2021, COGNOME, Rv. 282049-01; Sez. 2, n. 22096 del 03/07/2020, COGNOME, Rv. 27977101). Ne consegue, in accoglimento del motivo di ricorso, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del provvedimento genetico, nonchØ l’immediata liberazione del ricorrente se non detenuto per altra causa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Catania in data 08/11/2024 e, per l’effetto, dispone l’immediata liberazione di COGNOME NOME, se non detenuto per altra causa.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 13/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME