Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37113 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37113 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME COGNOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott. COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore della parte civile COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso, depositando conclusioni scritte e nota spese;
udito il difensore delle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, AVV_NOTAIO in sost. dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento della sentenza;
udito per la parte civile COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che si è riportato alle conclusioni scritte;
udito il difensore di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che ha concluso riportandosi alla memoria in atti
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME è stato assolto dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con formula «perché il fatto non costituisce reato» dall’imputazione del reato di cui agli artt 113 e 589 cod. pen. perché, alla guida dell’autobus ATAC linea TARGA_VEICOLO proveniente da RAGIONE_SOCIALE centro, percorreva INDIRIZZO ed effettuava manovra di svolta a destra per immettersi in INDIRIZZO con il semaforo indicante luce verde, ometteva di prestare attenzione, per negligenza e con violazione delle norme sulla circolazione stradale, in particolare degli artt. 140, comma 1, 145, commi 1, 2 e 4, e 154, comma 1, d. Igs. 30 aprile 1992, n.285, all’attraversamento del velocipede condotto a forte velocità da COGNOME NOME e cooperava con questo nella morte del medesimo COGNOME, che avveniva a seguito dell’impatto e del trascinamento. Fatto accaduto in RAGIONE_SOCIALE il 29 giugno 2015.
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza indicata in epigrafe, su appello delle parti civili COGNOME NOME, anche in qualità di erede del nonn NOME COGNOME e della nonna NOME COGNOME, COGNOME NOME, quale erede del nonno NOME COGNOME e della nonna NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, anche in qualità di erede dei genitori NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha confermato la sentenza emessa il 17 giugno 2021 dal tribunale condannando le parti appellanti al pagamento delle spese di giudizio.
Sulla scorta dei rilievi fotografici e planimetrici prodotti dal pubblic ministero, della prova testimoniale, della consulenza tecnica sulle cause del decesso e dell’esame dell’imputato, il fatto è stato così ricostruito: alle ore 9:10 del 29 giugno 2015 l’imputato percorreva INDIRIZZO alla guida dell’autobus ATAC della linea 716 provenendo da RAGIONE_SOCIALE centro; nell’effettuare la manovra di svolta a destra per immettersi in INDIRIZZO con il semaforo che segnalava luce verde, era entrato in collisione con la parte posteriore destra del mezzo contro il velocipede condotto da COGNOME NOME; quest’ultimo, a seguito dell’impatto e del successivo trascinamento, era deceduto.
3.1. La polizia locale aveva desunto, dalle tracce presenti sull’asfalto nonchè dalla posizione finale dei mezzi e del corpo della vittima, che al momento dell’impatto l’autobus aveva già eseguito la manovra di svolta; inoltre, non essendovi segni di impatto del velocipede contro l’autobus, risultava che il ciclista avesse freNOME improvvisamente e che la bicicletta fosse scivolata sotto la ruota dell’autobus, mentre il ciclista urtava il capo contro la carrozzeri terminando il suo moto parzialmente al di sotto dell’automezzo, da cui era stato trasciNOME per circa 10 metri.
3.2. Con riguardo alla condotta di guida dell’imputato, il consulente tecnico del pubblico ministero aveva evidenziato che il COGNOME teneva una velocità di km/h 25 e aveva ritenuto che tale conducente avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione nella manovra di svolta a destra, essendo la velocità inadeguata in ragione della mole del mezzo, della presenza di veicoli nel senso opposto di marcia che restringevano lo spazio di manovra, dell’attraversamento pedonale, dell’impianto semaforico pedonale emittente luce verde, dell’attenzione da prestare alla pista ciclabile, parzialmente visibile attraverso l vegetazione. Il consulente riteneva che il conducente dell’automezzo avrebbe dovuto dare la precedenza ai veicoli provenienti da destra impegnando una intersezione con traiettorie tali da poter determinare una collisione.
3.3. Secondo il consulente delle parti civili, l’autista aveva l’obbligo di dar la precedenza agli utenti che si trovavano in prossimità del passaggio pedonale, quindi fermarsi per dare la precedenza al ciclista, che stava per attraversare le strisce pedonali in quanto, in corrispondenza di tali strisce, la pista ciclabi riprende.
3.4. Il consulente della difesa aveva, per converso, ritenuto che la causa del sinistro fosse attribuibile esclusivamente alla condotta del ciclista in quanto, nel momento in cui il conducente dell’autobus aveva avviato la manovra di svolta a destra, nessun pedone stava impegnando il manto stradale mentre il ciclista era ancora distante circa 10 metri da tale punto, così da non essere avvistabile, anche perché “mascherato” da una folta vegetazione.
La pronuncia assolutoria, confermata dal giudice di appello, era stata motivata sul presupposto che l’imputato avesse rispettato nel frangente tutte le regole di prudenza, diligenza e perizia osservando le specifiche cautele contemplate dalla normativa in materia di circolazione stradale: in particolare, si legge nella sentenza, il conducente aveva adottato tutte le precauzioni legate all’attraversamento di un incrocio, dovendosi considerare l’impossibilità di avvistamento del ciclista, la repentinità della condotta di quest’ultimo, gli spazi d manovra e i necessari tempi di reazione psicofisica. Elemento dirimente, secondo
il giudice di primo grado, era la circostanza che tutti i testi avevano sottolineat che l’autobus, a moderata velocità, avesse già impegNOME l’intersezione e quasi completato l’attraversamento dell’incrocio e la manovra di svolta a destra per raggiungere la vicina fermata, mentre il velocipede era sopraggiunto in velocità per attraversare il passaggio pedonale, con luce semaforica verde, non immaginando che contemporaneamente dalla INDIRIZZO anche l’automezzo avesse segnale semaforico verde. Il conducente dell’autobus, all’inizio della manovra di svolta, non avrebbe potuto avvedersi della presenza del ciclista, che non godeva di alcun diritto dl precedenza in quanto proveniente da una pista ciclabile rispetto a un veicolo che circolava su strada. Il punto d’urto, all’altezza della fiancata posteriore destra del bus (tra le porte centrali le ruote gemellari posteriori destre) costituiva la prova che l’incidente fosse avvenuto quando l’autobus aveva già completato la manovra di svolta.
La prova testimoniale aveva dimostrato che, al momento della svolta a destra, l’autobus procedeva a velocità prudenziale limitata e prossima al “passo d’uomo”, come richiesto dal fatto che, partendo da fermo, il conducente doveva affrontare una svolta in una curva a gomito, evitare di urtare con lo spigolo sinistro dell’autobus i veicoli fermi al semaforo di INDIRIZZO, controllare lo specchietto retrovisore esterno destro per evitare di salire sul marciapiede con la parte posteriore destra del bus, vedere eventuali pedoni in transito sull’attraversamento stradale. Non era dimostrato, in altre parole, che dall’imputato fosse esigibile un comportamento diverso al fine di evitare l’evento che la regola cautelare mirava a prevenire.
5. Con ricorso delle parti civili COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di ere di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, e COGNOME NOME, nella qualità di erede di COGNOME NOME e COGNOME NOME, si deduce, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’erronea applicazione dell’art. 182, comma 4, cod. strada e dell’art. 377 regol. att. cod. strada nonché omessa applicazione degli artt. 140, 145, commi 1,2 e 4, e 154 cod. strada. Secondo la difesa, i giudici di merito hanno travisato il dettato delle norme del codice della strada in quanto l’obbligo per i ciclisti di condurre i veicolo a mano sussiste solo quando, per le condizioni della circolazione, siano di intralcio e di pericolo per i pedoni. In assenza di traffico al momento del sinistro, il ciclista non aveva alcun obbligo di scendere dalla bicicletta ed è stato violentemente attinto quando era sulle strisce pedonali intento a iniziare la manovra di attraversamento. Come risulta dalla planimetria, il ciclista, nel momento in cui è stato violentemente investito e trasciNOME per 12 metri, si trovava ancora sulle strisce pedonali. Non corrisponde al vero che in
corrispondenza della fine della pista ciclabile vi sia una linea continua longitudinale in terra che indica l’obbligo di arrestarsi; tale circostanza è sta confermata anche dal consulente del pubblico ministero all’udienza del 21 maggio 2019. Se ne desume che il ciclista, come rilevato dal consulente del pubblico ministero, aveva il diritto di precedenza. Affermare l’esistenza di un segnale a fine pista ciclabile indicativo dell’obbligo di arrestarsi costituisce, assume, travisamento della prova.
Con il secondo motivo deducono erronea applicazione degli artt. 140, comma 1, 145, commi 1,2 e 4, e 154, comma 1, cod. strada nonché vizio di motivazione in merito ai profili di colpa del conducente del mezzo ATAC. La Corte di appello ha escluso, in assenza di ragionamento logico-giuridico, la responsabilità del conducente del mezzo ATAC sebbene avesse effettuato una manovra di svolta alla velocità di circa km/h 25 in corrispondenza di doppie strisce pedonali, di pista ciclabile e di semaforo pedonale che emetteva luce verde.
Con il terzo motivo deducono contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla causa della morte del ciclista, nonché erronea applicazione dell’art. 145, commi 1,2 e 4, e dell’art. 154 cod. strada. La Corte di appello ha ritenuto che la lesione dell’arteria femorale avrebbe potuto prodursi anche già con l’urto contro la lamiera dell’autobus, in contrasto con la consulenza medico-legale disposta dal pubblico ministero e con gli atti del processo. Risulta che il ciclista ha impattato sulla porta centrale dell’autobus lasciando un segno evidente sulla carrozzeria (rapporto stradale redatto dai vigili urbani e consulenza tecnica del pubblico ministero), a velocità moderata, finendo dopo l’impatto nella parte sottostante dell’autobus per poi essere trasciNOME per 10 metri; il consulente medico-legale ha accertato che la recisione dell’aorta femorale è avvenuta in occasione del trascinamento, come si desume dalle lesioni riscontrate a carico della coscia sinistra. La Corte territoriale ha trascurat che il consulente tecnico del pubblico ministero aveva affermato che il conducente ATAC avrebbe dovuto eseguire la manovra di svolta usando una particolare attenzione in presenza di attraversamento pedonale semaforizzato, essendo in condizioni di percepire la luce verde del semaforo pedonale e gli arbusti che sulla destra limitavano la sua visuale. Approssimandosi all’intersezione ed essendo tenuto a dare la precedenza a chi proveniva da destra, il conducente dell’ATAC, che procedeva a un cambiamento di corsia, avrebbe dovuto prestare particolare attenzione
COGNOME NOME propone ricorso censurando la sentenza, con il primo motivo, per erronea applicazione di legge processuale penale nonché per
immotivata disapplicazione dell’art. 145, commi 1, 2, e 4, e 154, comma 1, cod. strada. Secondo la difesa i giudici di merito hanno trascurato la prova scientifica fornita dal pubblico ministero e dalle parti civili circa le plurime violazioni codice della strada ascrivibili all’imputato. I giudici di appello non si so confrontati con quanto accertato dal consulente tecnico della difesa circa la violazione degli artt. 145, ‘commi 1,2 e 4, e 154, comma 1, cod. strada, trascurando il principio secondo il quale, nei reati colposi, la causalità configura anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare l’evento. La responsabilità si sarebbe potuta escludere solo nel caso in cui il comportamento del ciclista, da equiparare a tutti gli effet a un pedone, fosse stato atipico, imprevisto e imprevedibile. La Corte territoriale ha trascurato che nel primo motivo di appello si era precisato come i ciclisti possono attraversare in sella alla bicicletta e che le limitazioni di cui all’art. 1 comma 4, cod. strada appartengono piuttosto al buon senso, derivandone l’illogicità della motivazione e il travisamento e la disapplicazione della legge.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) ed e) cod. proc. pen. in relazione al diniego della sollecitata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale volta all’acquisizione di una perizia per valutare dinamica del sinistro e all’acquisizione dei tabulati telefonici inerenti all’uten telefonica privata in uso all’imputato. La Corte di appello si è limitata sul punt ad affermare che gli elementi istruttori raccolti erano più che sufficienti a riguardo, ignorando le doglianze difensive. I giudici di merito si sarebbero discostati acriticamente dalle risultanze tecniche provenienti da Procura, parti civili e difesa dell’imputato. Avendo i passeggeri affermato che l’imputato aveva arrestato il mezzo solo a seguito delle loro urla ed essendo stato il corpo del ciclista trasciNOME per oltre 10 metri, si sarebbe dovuto desumere che l’autista non aveva prestato attenzione agli specchietti retrovisori, per cui l’accertamento dei tabulati del cellulare privato non sarebbe stato meramente esplorativo, come sostenuto dalla Corte territoriale.
Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 182, cod. strada, 377 regol. att. cod. strada, 140, 141 e 154 cod. strada. Secondo la difesa nel caso concreto il ciclista non aveva l’obbligo di condurre il veicolo a mano, non essendo di intralcio né di pericolo ai pedoni; neppure vi erano le condizioni di traffic particolarmente intenso previste dall’art. 377 regol. att. cod. strada. La motivazione non fornisce adeguate risposte alle modalità e all’entità del fatto.
COGNOME NOME propone ricorso deducendo erronea applicazione dell’art. 145 cod. strada. La difesa sostiene che la bicicletta percorreva INDIRIZZO in direzione parallela all’autobus che, realizzando
un’inversione di marcia sulla destra, ha tagliato la strada al velocipede, che legittimamente poteva svoltare sulla destra. Non è provato, si assume, che il ciclista intendesse procedere sulla INDIRIZZO, anche perché la frenata che l’ha sbalzato sotto le ruote dell’autobus è avvenuta quando ancora si trovava sulla pista ciclabile. La norma applicabile per valutare la diligenza del conducente dell’autobus era dunque l’art. 154 cod. strada, considerando che l’autobus ha tagliato la strada a un mezzo che proveniva dalla sua stessa direzione. In ogni caso, deduce erronea valutazione degli elementi richiamati nel disposto dell’art. 145 cod. strada in quanto il conducente dell’autobus, ripartito da fermo, è passato nell’arco di pochi metri da zero a 25 km/h pur essendo consapevole del fatto che la sua carreggiata fosse affiancata dalla pista ciclabile e che all’uscita dalla stessa, una volta superata la vegetazione, avrebbe potuto incontrare un mezzo. Si chiede che sia affermato il concorso di colpa nell’evento o quantomeno che la pronuncia assolutoria sia modificata ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen.
I difensori di COGNOME NOME e di RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegNOME le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Occorre, in primo luogo, rilevare l’inammissibilità del ricorso di COGNOME NOME. Con riguardo alla esposizione formale del motivo, la ricorrente articola un petitum estraneo ai possibili esiti decisori del giudizio di legittimità, chiedendo che sia affermato il concorso di colpa nell’evento o quantomeno che la pronuncia assolutoria sia modificata ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen. Con riguardo al contenuto del motivo, la ricorrente propone in fase di legittimità una ricostruzione del sinistro del tutto avulsa dalle valutazion tecniche sottoposte al giudice di merito dagli esperti. Come si evince da quanto indicato a pag.10, il difensore ha prospettato alla Corte di appello l’ipotesi
dell’inapplicabilità dell’art. 145, comma 1, cod. strada sul presupposto che il ciclista non fosse giunto al termine della pista ciclabile, ma si tratta di ipotesi ritenuta incompatibile con le tracce del sinistro. Con riguardo all’ipotesi secondo la quale il conducente dell’autobus avrebbe “tagliato la strada” al Ciclista, l’ipotes è stata già efficacemente esclusa a pag.11 della sentenza. Anche per tale profilo, dunque, il ricorso investe il giudice di legittimità del compito di valutare il fa compito che esula dall’ambito valutativo di questa Corte.
Deve, quindi, essere esamiNOME il secondo motivo del ricorso di COGNOME NOME, con il quale si sostiene la violazione di legge processuale e il vizio di motivazione afferenti la decisione della Corte di appello di non accogliere la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
Si tratta di motivo inammissibile. Il modello del giudizio di appello accolto dal legislatore del 1988 prevede che l’attività istruttoria sia limitata a una funzione integrativa, coerentemente con un giudizio di secondo grado inteso come mero controllo dell’accertamento effettuato nella fase precedente, che si presume completo. Nel giudizio di appello ordinario è, dunque, tendenzialmente esclusa l’assunzione delle prove, limitandosi il giudice a decidere sul materiale formatosi in primo grado; la rinnovazione parziale del dibattimento, prevista dall’art. 603 cod. proc. pen. solo in presenza di specifiche condizioni, rappresenta un passaggio meramente eventuale e straordinario nello svolgimento del giudizio di appello e non costituisce, sul piano normativo, un presupposto indispensabile per giungere a un epilogo decisorio del tutto alternativo a quello del processo di primo grado. Non sussiste, pertanto, alcun obbligo di rinnovazione istruttoria in fase di appello, né correlativamente un obbligo di specifica motivazione del diniego, a meno che la richiesta di parte sia riconducibile a specifiche ipotesi elencate nell’art. 603 cod. proc. pen., tra le quali rientrano i casi nei quali il giudic appello intenda dissentire dalla valutazione della prova dichiarativa espletata in primo grado (Sez. 4, n. 13379 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286306 – 01) o accerti la violazione del diritto alla prova (Sez. 3, n. 13076 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286075 – 01). Escluso che, nel caso in esame, ci si trovi in presenza di un caso di rinnovazione istruttoria obbligatoria, la scelta discrezionale della Corte territoriale di non accogliere le istanze della parte civile non ha comportato alcuna violazione di legge, né è sindacabile sotto il profilo motivazionale. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
tel(NUMERO_TELEFONO fr-e·tm’»c
Con riguardPgrutti i motivi di censura che ineriscono alla ricostruzione della dinamica del sinistro e, correlativamente, al rapporto tra la condotta di guida dell’imputato e l’evento mortale, si tratta di censure infondate.
I
4. La Corte di appello ha, in primo luogo, confermato che il ciclista aveva l’obbligo di dare la precedenza all’autobus in quanto, come visibile dalla planimetria riportata nella sentenza, in corrispondenza dell’intersezione con INDIRIZZO, la pista ciclabile percorsa dal COGNOME termina per sboccare sulla strada principale, come segnalato da apposito cartello stradale. L’obbligo di arresto e dare precedenza è segnalato da una larga linea continua trasversale, come prevede l’art.144 regol. esec. cod. strada, visibile nelle fotografie dei luoghi atti e nella stessa planimetria. Dalla segnaletica presente sul luogo del sinistro, s legge a pag. 10 della sentenza di appello, la Corte ha, dunque, desunto l’inapplicabilità della regola generale dettata dall’art. 145, comma 1, cod. strada a favore del ciclista in quanto l’art. 145, comma 8, cod. strada impone a colui che si trova sulla pista ciclabile di arrestarsi e dare la precedenza a chi circol sulla strada sulla quale sbocca la pista; inoltre, lo stesso art. 145, comma 1, cod. strada fa salva la diversa segnalazione, presente nel caso concreto con cartello di fine pista ciclabile e larga linea continua trasversale in terra, che indica l’obbli di arrestarsi, in linea con i segnali stradali di obbligo di dare la precedenz apposti sulla complanare parallela alla ciclabile.
4.1. Il ciclista che intenda proseguire su INDIRIZZO in direzione Ostia, si legge nella sentenza, deve arrestare la marcia, scendere dalla bicicletta, salire sul marciapiede alla propria sinistra e attraversare INDIRIZZO sulle strisce pedonali, conducendo il mezzo a mano per poi risalire in sella all’inizio dell’altra pista ciclabile. I ricorrenti hanno contestato l’affermazione secondo la quale il ciclista avrebbe dovuto condurre il velocipede a mano sostenendo che, a norma dell’art. 182, comma 4, cod. strada, tale obbligo sussiste solo qualora il velocipede possa essere di intralcio o di pericolo per i pedoni. La censura, tuttavia, è sorda a quanto chiarito a pag. 13 della sentenza impugnata. La Corte territoriale ha, infatti, affermato l’obbligo del ciclista di condurre a mano velocipede non tanto in applicazione della disposizione appena citata, ritenuta inconferente, quanto piuttosto in considerazione del fatto che, per proseguire sulla pista ciclabile, il ciclista avrebbe dovuto percorrere un attraversamento pedonale.
Si tratta di un ragionamento che non può essere in questa sede rivisitato sul presupposto di un travisamento della prova, che risulta palesemente incoerente con la planimetria dei luoghi acquisita all’udienza del 16 ottobre 2018, riprodotta a pag.9 della sentenza di appello. Inoltre, il ragionamento risulta legittimo alla luce del disposto dell’art. 40, comma 11, cod. strada, secondo il quale: «In corrispondenza degli attraversamenti pedonali i conducenti dei veicoli devono dare la precedenza ai pedoni che hanno iniziato l’attraversamento; analogo
comportamento devono tenere i conducenti dei veicoli nei confronti dei ciclisti in corrispondenza degli attraversamenti ciclabili». Tale disposizione chiarisce che il ciclista ha diritto di precedenza sui veicoli qualora stia percorrendo un attraversamento ciclabile e distingue quest’ultimo dall’attraversamento pedonale; la segnaletica orizzontale dell’attraversamento ciclabile (art. 146 regol. esec. cod. strada) è diversa da quella dell’attraversamento pedonale (art. 145 regol. esec. cod. strada). Se ne desume che, nel caso concreto, i giudici di merito hanno correttamente ritenuto che, per compiere una manovra rispettosa della segnaletica stradale, il ciclista avrebbe dovuto apprestarsi a percorrere l’attraversamento pedonale comportandosi alla stregua di un pedone.
4.2. Il giudizio della Corte territoriale circa l’inapplicabilità della regola riconosce il diritto di precedenza a colui che proviene da destra (art. 145, comma 2, cod. strada) non integra dunque alcuna violazione di legge, sia perché è la stessa disposizione che fa salva la diversa segnalazione, nel caso in esame presente, sia e soprattutto perché i giudici di merito hanno correttamente ritenuto prevalente la regola speciale prevista dall’art. 145, comma 8, cod. strada, che dispone che: «Negli sbocchi su strada di sentieri, tratturi, mulattiere e piste ciclabili è fatto obbligo al conducente di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada . ».
Per altro profilo, la condotta di guida del ciclista, indicativa dell’intenzione proseguire la marcia transitando da una pista ciclabile all’altra senza tenere conto dell’interruzione della pista ciclabile e della necessità di percorrere un attraversamento pedonale, è stata correttamente ritenuta indicativa di un comportamento non rispettoso della segnaletica e causalmente determinante nella dinamica del sinistro.
5. Il diritto di precedenza, si sostiene, non esclude l’incidenza causale in relazione al sinistro della violazione di regole prudenziali di comportamento da parte del conducente dell’autobus. A tale proposito questa Corte ha affermato che il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque non abusarne, non trattandosi di un diritto assoluto e tale da consentire una condotta di guida negligente e pericolosa per gli altri utenti della strada, anche se eventualmente in colpa (Sez. 4, n. 27404 del 10/05/2018, COGNOME, Rv. 273407 01). Ove si volesse accedere alla tesi difensiva secondo la quale sarebbero stati applicabili al ciclista, nel caso concreto, i principi interpretativi espressi da Corte di legittimità con riguardo al rapporto tra conducenti di veicoli e pedoni, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere comunque sussistente la responsabilità dell’automobilista anche rispetto al ciclista che aveva tenuto un comportamento imprudente. Si è, in tal senso, affermato che: «È concausa
dell’evento lesivo occorso ad un pedone in un incidente stradale con autoveicolo, e non già causa autonoma esclusiva che interrompa il nesso causale con la condotta di guida del conducente, il comportamento del pedone stesso che non abbia ottemperato all’obbligo di concedere la precedenza al veicolo» (Sez. 4, n. 3339 del 04/11/2009, dep. 2010, Cicchetti, Rv. 246041 – 01).
5.1. Seguendo, tuttavia, l’iter logico del provvedimento impugNOME, va messo in evidenza che i giudici di merito hanno ritenuto provato, e tale accertamento non risulta specificamente contestato, che i due veicoli non sono arrivati simultaneamente in corrispondenza del punto d’urto. In particolare, hanno ritenuto provato, sulla base della prova testimoniale, corroborata sul punto dalle considerazioni di tutti i consulenti tecnici, che al momento dell’impatto l’autobus aveva completato la manovra di svolta, da ciò desumendo la correttezza del ragionamento del tribunale circa il fatto che l’imputato non sia stato nella oggettiva condizione di accorgersi della presenza del ciclista nel momento in cui ha eseguito la manovra di svolta e ha oltrepassato l’attraversamento pedonale.
5.2. L’art. 154, comma 1, cod. strada, che si assume violato, dispone che : « I conducenti che intendono eseguire una manovra per immettersi nel flusso della circolazione, per cambiare direzione o corsia, per invertire il senso di marcia, per fare retromarcia, per voltare a destra o a sinistra, per impegnare un’altra strada, o per immettersi in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ovvero per fermarsi, devono: a) assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto dell posizione, distanza, direzione di essi; b) segnalare con sufficiente anticipo la loro intenzione».
5.3. Escluso in radice ogni nesso tra la regola cautelare dettata dalla lett. b) e l’evento in concreto verificatosi, neppure prospettato, con riguardo alla regola cautelare dettata dalla lett. a), le parti civili ritengono che i giudici di merito abbiano valorizzato la velocità di km/h 25 tenuta dal conducente dell’autobus, come accertata dal consulente del pubblico ministero. Le censure in tal senso formulate non si confrontano, e risultano pertanto aspecifiche, con quanto si legge a pag. 13 della sentenza. Ivi si è chiarito che, sia nella relazione che nell’esame dibattimentale, tale consulente ha fatto riferimento alla velocità del mezzo con riguardo al momento di “uscita dall’urto” o al più al momento dell’urto stesso; non quindi al momento della svolta a destra ma, piuttosto, a quando il mezzo si trovava in accelerazione dopo aver completato la svolta. A pag. 13 nota 4 il giudice di appello ha chiarito che il consulente tecnico del pubblico ministero ha ammesso che l’autobus potesse avere una velocità senz’altro inferiore quando ha intrapreso la manovra di svolta. La curva a novanta gradi, se affrontata alla
velocità di km/h 25, avrebbe reso percepibile dai passeggeri la manovra imprudente dell’autista (pag.13 sentenza).
5.4. I giudici di merito hanno valorizzato la prova testimoniale con particolare riguardo al punto nel quale l’autobus si trovava al momento dell’urto, corroborata dall’impatto del ciclista in corrispondenza della parte laterale posteriore del mezzo, per desumerne, con ragionamento esente da vizi, che il ciclista era ancora distante dal punto d’urto quando l’autobus ha iniziato la manovra di svolta e che l’imputato aveva completato la manovra di svolta quando il ciclista è giunto al termine della pista, non potendosi avvedere di ciò che accadeva dietro.
5.5. Essendo, dunque, il veicolo del COGNOME non solo in posizione di precedenza di diritto ma anche in posizione di precedenza di fatto, si è correttamente valutato che, indipendentemente dal giudizio causale svolto ex post sulla base delle tracce del sinistro, non sia stato provato l’elemento soggettivo sulla base di un giudizio di «prognosi postuma» con criterio ex ante, esaminando la condotta dell’imputato dalla prospettiva della situazione che gli si presentava quando ha eseguito la manovra di svolta e oltrepassato l’attraversamento pedonale.
Con riferimento alla riconducibilità del decesso al trascinamento piuttosto che all’urto, il terzo motivo del ricorso di COGNOME NOME e COGNOME NOME è infondato La censura non tiene adeguato conto del passo della decisione in cui giudici di appello hanno richiamato la consulenza dell’ing. NOME, esperto nomiNOME dal pubblico ministero, per sottolineare che il tempo intercorso tra il momento in cui l’imputato ha percepito il rumore dell’urto e le conseguenti urla dei passeggeri e il momento in cui ha arrestato il mezzo rientra nei valori di una normale reazione psico-tecnica, tale da escludere ogni possibile comportamento alternativo.
Per tali ragioni i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME devono essere rigettati. Al rigetto segue la condanna di tali parti ricorrenti a pagamento delle spese processuali.
Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna di tale parte ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 11 settembre 2024
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Pre ‘dente