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Incidente di esecuzione: no a istanze ripetitive

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’erede che chiedeva la restituzione di beni confiscati. La Corte ha stabilito che la richiesta era una mera riproposizione di un precedente incidente di esecuzione già rigettato, in assenza di nuovi elementi di prova, applicando la preclusione processuale prevista dall’art. 666 c.p.p.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incidente di esecuzione: la Cassazione ribadisce il no alle istanze ripetitive

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di incidente di esecuzione: non è possibile riproporre una richiesta già rigettata se non si adducono elementi di novità. Questa decisione chiarisce i limiti della preclusione processuale, impedendo un uso dilatorio dei rimedi giurisdizionali e garantendo la stabilità delle decisioni già prese in fase esecutiva. Il caso analizzato riguarda la richiesta di restituzione di beni confiscati, avanzata dall’erede della persona originariamente imputata.

I Fatti del Caso: Una Lunga Vicenda Giudiziaria

La vicenda trae origine da un procedimento penale per associazione per delinquere, ricettazione e riciclaggio, a seguito del quale vennero sequestrati dei gioielli nel 2004. Il procedimento si concluse con una sentenza di non doversi procedere per morte dell’imputata, ma il Giudice dispose la confisca dei beni ritenuti provento di reato.

Successivamente, l’erede universale dell’imputata ha intrapreso un lungo percorso giudiziario per ottenere la restituzione dei beni. Un primo incidente di esecuzione si era concluso con la conferma della confisca, decisione divenuta definitiva con una pronuncia della Corte di Cassazione nel 2019. Nonostante ciò, l’erede ha presentato una nuova istanza al Giudice dell’esecuzione, sostenendo di aver prodotto nuovi elementi attestanti la liceità del possesso dei beni. Il Giudice ha dichiarato l’istanza inammissibile, ritenendola una mera riproposizione della precedente. Contro questa decisione, l’erede ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte nell’incidente di esecuzione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’ordinanza di inammissibilità. La decisione si fonda sull’applicazione rigorosa dell’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale. Secondo i giudici, la nuova istanza presentata dall’erede aveva il medesimo oggetto (restituzione dei gioielli) e si basava sulla medesima questione (la prova del diritto alla restituzione) già esaminata e decisa nel precedente incidente di esecuzione. Non essendo stato allegato alcun elemento di novità sostanziale, la richiesta è stata correttamente giudicata come una semplice reiterazione di una questione già definita, incorrendo così nella preclusione processuale.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni della ricorrente punto per punto. In primo luogo, ha chiarito che il precedente provvedimento di confisca del 2018 non aveva una valenza meramente ‘interpretativa’, ma era un atto dispositivo che aveva trasferito la proprietà dei beni allo Stato, confermato in via definitiva. In secondo luogo, ha sottolineato come la legge, attraverso l’art. 666 c.p.p., ponga una rigida preclusione per evitare un susseguirsi infinito di incidenti esecutivi sul medesimo punto. Tale preclusione scatta quando le questioni reiterate sono identiche a quelle già disattese, a meno che non si fondino su presupposti di fatto e motivi di diritto diversi, siano essi antecedenti o sopravvenuti. Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito alcuna prova nuova idonea a superare il giudicato.
Infine, la Corte ha respinto la qualifica della ricorrente come ‘terzo estraneo al reato’, precisando che la sua posizione deriva jure haereditario da quella del dante causa, i cui diritti sui beni si erano già estinti con il provvedimento di confisca.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio cruciale per la fase esecutiva del processo penale: la stabilità delle decisioni. L’incidente di esecuzione non può essere utilizzato per rimettere in discussione all’infinito questioni già decise. La preclusione processuale serve a garantire certezza del diritto e a prevenire abusi processuali. Chi intende far valere un proprio diritto in questa fase deve presentare, sin dalla prima istanza, tutti gli elementi a sostegno delle proprie ragioni. La possibilità di presentare una nuova richiesta è ammessa solo in presenza di elementi di fatto o di diritto genuinamente nuovi, che non potevano essere dedotti in precedenza.

È possibile presentare più volte la stessa richiesta in un incidente di esecuzione?
No, non è possibile se la richiesta è una ‘mera riproposizione’ di una già rigettata, basata sui medesimi elementi. L’art. 666, comma 2, c.p.p. prevede una rigida preclusione processuale, a meno che non vengano addotti elementi di fatto o di diritto genuinamente nuovi.

Cosa si intende per ‘mera riproposizione’ di una richiesta già rigettata?
Si ha ‘mera riproposizione’ quando le questioni sollevate nella nuova istanza sono del tutto identiche a quelle già esaminate e decise in precedenza, senza che vengano introdotti nuovi presupposti di fatto o motivi di diritto.

L’erede di una persona i cui beni sono stati confiscati può essere considerato un ‘terzo estraneo’ al reato?
No, secondo la sentenza, l’erede non può essere considerato un ‘terzo estraneo’ in questo contesto. La sua posizione giuridica deriva jure haereditario (per diritto di eredità) da quella della persona defunta. Se il diritto di quest’ultima sui beni si è estinto a causa della confisca, anche l’erede non può vantare diritti su di essi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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