Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35458 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35458 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ASTI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/02/2024 del GIP TRIBUNALE di ASTI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette e conclusioni del PG GLYPH C(-Aè.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Asti, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’opposizione avverso quella con la quale era stata dichiarata inammissibile l’istanza formulata da NOME COGNOME, in qualità di erede universale di NOME COGNOME, intesa a ottenere la restituzione dei beni a questa sequestrati il 21.09.2004 e restituiti solo parzialmente in sede esecutiva (con ordinanza che disponeva la confisca dei restanti beni e autorizzazione alla vendita all’asta), nel procedimento concluso con sentenza in data 9.11.2007 del Gip di Asti di non doversi procedere per i reati di associazione per delinquere, di ricettazione e di riciclaggio, per morte dell’imputata.
Il Giudice dell’esecuzione, a ragione della decisione, dopo avere ricostruito le vicende processuali che avevano interessato i beni di cui si chiede la restituzione, poneva la circostanza che il provvedimento di confisca dei beni ritenuti provento di reato era divenuto definitivo a seguito di pronuncia della Corte di cassazione in data 17 gennaio 2019; ciò privava lo stesso Giudice dell’esecuzione di qualsiasi potere di disposizione di detti beni, ormai appartenenti allo Stato.
Per l’annullamento dell’impugnata ordinanza la ricorrente NOME COGNOME deduce, per mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, due motivi d’impugnazione, qui enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. In primo luogo lamenta che si sarebbe trascurato di considerare che la precedente ordinanza con cui il Giudice dell’esecuzione, nel 2018, aveva disposto la confisca pro parte dei soli gioielli ritenuti provento di reato non era divenuta cosa giudicata, avendo mera natura ricognitiva di un diritto preesistente. Il Giudice dell’opposizione, dunque, sarebbe dovuto entrare nel merito dell’istanza e non dichiararla inammissibile per precedente giudicato
2.2. Con il secondo motivo, deduce che la ricorrente, terzo estraneo, ha prodotto nuovi elementi attestanti la liceità del possesso dei beni, così da superare la definitività della confisca.
Avversa l’affermazione del giudice dell’esecuzione secondo cui il precedente provvedimento di confisca ha comportato il perfezionamento del passaggio di proprietà dei beni a favore dello Stato e ricorda che la declaratoria d’inammissibilità, in sede esecutiva, è consentita esclusivamente nel caso di riproposizione d’istanza già rigettata e quindi non nel caso, come quello di specie, in cui sono state allegate nuove prove.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, con requisitoria scritta depositata 1’8 maggio 2024, ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deduce censure infondate e va, pertanto, rigettato.
Non è superfluo premettere che risulta dagli atti che il precedente incidente di esecuzione, nel corso del quale era stata disposta la restituzione parziale dei beni e la confisca dei restanti, si è concluso con la sentenza d’inammissibilità della Sezione Prima di questa Corte n. 15576 del 16.09.2021.
La vicenda dinanzi compendiata è caratterizzata, all’evidenza, da un susseguirsi di incidenti di esecuzione e impugnazioni riguardanti il medesimo oggetto.
Il secondo comma dell’art. 666 cod. proc. pen. prevede la declaratoria d’inammissibilità dell’incidente di esecuzione, oltre che nell’ipotesi di manifesta infondatezza della relativa richiesta, nel caso in cui questa costituisca mera riproposizione, basata sui medesimi elementi, di una richiesta già rigettata. La legge pone dunque una rigida preclusione processuale secondo la quale ben possono esservi più incidenti esecutivi che devono, tuttavia, riguardare richieste basate su elementi diversi.
La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che in tema di procedimento di esecuzione, l’art. 666, secondo comma, cod. proc. pen., nel sancire l’inammissibilità della «mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi», fa operare la detta preclusione quando le questioni reiterate siano del tutto identiche a quelle già disattese, non quando, invece, si tratti di nuove eccezioni ovvero di medesime questioni fondate su presupposti di fatto e motivi di diritto diversi da quelli già presi considerazione, non importa se antecedenti o sopravvenuti rispetto alla precedente decisione.
Si è altresì precisato che «L’art. 666, comma 2, c.p.p. nel prevedere l’inammissibilità delle istanze meramente reiterative di altre già rigettate quando non venga prospettato, a sostegno di esse, alcun elemento nuovo, non richiede affatto che il precedente provvedimento di rigetto abbia acquisito carattere di definitività; il che ben si giustifica anche sotto il profilo della rado legis, considerando che la disposizione anzidetta è volta non solo ad impedire, ma anche a prevenire l’eventualità di contrastanti decisioni sul medesimo punto in
presenza di una immutata situazione di fatto» (Sez. 3, n. 2694 del 20/11/2019, dep. 23/01/2020, COGNOME, Rv. 278283; Sez. 1, n. 25345 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 262135).
Nel caso che ci occupa, l’istanza dichiarata inammissibile con il provvedimento impugnato aveva il medesimo oggetto (restituzione dei gioielli) e il medesimo elemento di controversia (la prova del diritto dell’istante alla restituzione in suo favore) e nessun elemento di novità è stato allegato dal ricorrente.
Sicché, a ragione, l’istanza de qua è stata ritenuta riproduttiva di analoga precedentemente respinta e, come tale, dichiarata inammissibile.
Né vale – come ha fatto il ricorrente – attribuire valenza meramente “interpretativa” alla pronuncia del Giudice dell’esecuzione del 2018, la cui piana lettura impone di ritenere che con essa sia stata disposta la confisca degli oggetti sequestrati e non restituiti, da ritenersi provento e profitto dei reati d ricettazione e riciclaggio; pronuncia – come si è anticipato – confermata a seguito della sentenza di questa Corte sopra richiamata.
E’ appena il caso di evidenziare, quanto al secondo motivo, l’erroneità dell’affermazione secondo la quale la ricorrente sarebbe da considerarsi terzo estraneo al reato.
In disparte ogni considerazione sulla circostanza che COGNOME non è concorrente nei reati per i quali ha definito la sua posizione con l’applicazione di pena concordata, neppure l’invocata qualità può farsi discendere jure haereditario dall’analogo diritto del coniuge dante causa, ormai estinto proprio con il provvedimento di confisca (Sez. 1, n. 5262 del 25/09/2000, Todesco, Rv. 220007).
L’impugnazione va, pertanto, complessivamente rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna de(; -icorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 29 maggio 2024
Il Presidente
Il Consigliere estensore