Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44258 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44258 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME ehe he concluso ckieElentio
Il P.G. conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in qualità di sostituto processuale dell’avvocato COGNOME NOME del foro di TORINO nomina depositata all’odierna udienza, in difesa della parte civile RAGIONE_SOCIALE si riporta come da conclusioni scritte che deposita all’odierna udienza unitamente alla not spese.
L’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in qualità di sostituto processuale dell’avvocato NOME COGNOME del foro di CAGLIARI nomina depositata all’odierna udienza, in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME conclude riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza n. 153 del 6/02/2024 con la quale sono stati condannati alla pena di tre anni di reclusione dalla Corte di appello di Cagliari per
il delitto di incendio doloso di cui all’art. 423 cod. pen. (capo A), commesso il 26.12.2019, del ristorante di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, concesso in locazione alla società “RAGIONE_SOCIALE” e degli arredi ivi contenuti conferiti dal socio COGNOME NOME tramite la società RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore;
il delitto di cui all’art. 642 cod. pen., (capo B) per conseguire l’indennizzo assicurativo (250.000,00 euro) conseguente al danno così recato.
2.1. Deducono i ricorrenti, col primo motivo, il vizio di motivazione per l’omessa indicazione degli elementi indiziari valutati ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen., atteso che l’appello degli imputati contestava gli indizi ritenuti a loro carico e il movente preso in considerazione dai giudici, chiedendo in ogni caso la riqualificazione del reato di incendio doloso in quello di cui all’art. 424 cod. pen.
Contestano l’omessa risposta ai motivi indicati nell’atto di appello, nonché la contraddittorietà della motivazione nella parte della sentenza in cui si asserisce che gli imputati avrebbero avuto l’interesse a incendiare il proprio ristorante, mentre poi nella stessa sentenza è stata riconosciuta la correttezza della contestazione di cui all’art. 423 cod. pen., nonostante venisse omessa la motivazione sulla consapevolezza di generare un concreto pericolo per la pubblica incolumità.
I giudici non avrebbero tenuto adeguatamente conto dell’assoluzione pregressa per i reati di cui ai capi C) e D), rispettivamente per il reato di cui all’ar 2625 cod. j C p1, Z: – consistito nell’impedimento al socio del controllo sui libri sociali e sui documenti dell’amministrazione della società e nell’indebita esclusione del socio dalla gestione e dal controllo della società – e per il reato di appropriazione indebita (art. 646 cod. pen.) dei beni asseritannente conferiti da RAGIONE_SOCIALE, cioè degli arredi della società RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore COGNOME NOME.
I giudici, inoltre, non avrebbero tenuto conto che NOME aveva conferito i beni in società e che non era più proprietario di detti beni al momento dell’incendio.
L’atto di appello aveva evidenziato l’interesse di detto socio; gli imputati erano stati assolti dall’imputazione di appropriazione indebita dei beni asseritamente venduti da RAGIONE_SOCIALE: quindi, questi aveva interesse a incendiare i beni e a interrompere l’attività del ristorante. Al contrario di quanto ritenuto in sentenza, gli imputati avevano interesse a proseguire l’attività del ristorante.
Inoltre, gli imputati ben sapevano che la polizza assicurativa non permetteva l’indennizzo per incendio doloso.
Da ultimo, i giudici non avrebbero considerato che i pannelli della controsoffittatura erano spostati, segno evidente della ricerca da parte degli autori del delitto del percorso dei cavi di archiviazione dei dati di registrazione, di guis che risulta dimostrato che gli imputati non potessero essere i veri colpevoli, atteso che gli stessi ben conoscevano la posizione dell’hard disk asportato durante l’incendio.
2.2. Col secondo motivo, COGNOME e COGNOME denunciano l’omesso confronto operato dalla Corte territoriale con i due motivi di appello inerenti il fatto di cu capo B) e l’assenza grafica di motivazione sul motivo riguardante le statuizioni civili per la responsabilità degli imputati.
In particolare, sarebbe una congettura che la richiesta di risarcimento sarebbe stata presentata da entrambi gli imputati.
La sentenza impugnata sarebbe viziata da travisamento probatorio quanto all’impossibilità di entrare dall’ingresso posteriore senza essere ripresi da una telecamera di sorveglianza: la telecamera non riprendeva le porte antipanico che erano state trovate aperte dai RAGIONE_SOCIALE.
I due imputati ben conoscevano il posizionamento delle telecamere e non avevano avuto alcun problema a farsi riprendere mentre entravano nel ristorante poco prima del sorgere dell’incendio: ciò dimostrerebbe che non avevano alcun intento criminale.
2.3. Col terzo motivo, denunciano violazione di legge in ordine all’art. 423 cod. pen., laddove la Corte territoriale ha ritenuto integrata l’ipotesi dell’incend volontario, per i requisiti di rapida propagazione, vastità e difficoltà di spegnimento delle fiamme: infatti, vi sarebbe assenza grafica di motivazione sull’elemento psicologico del reato e in particolare sulla consapevolezza di mettere a repentaglio la pubblica incolumità.
2.4. Col quarto motivo, i ricorrenti denunciano altresì vizio di motivazione sul bilanciamento delle circostanze operato sul reato meno grave (art. 642 cod. pen.) e la violazione di legge sulla ritenuta recidiva, laddove ne era stata richiesta l’esclusione, e in particolare sul bilanciamento della recidiva con le circostanze generiche, che non erano state ritenute prevalenti – come richiesto con l’atto di appello – e quindi vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio complessivo: i giudici, all’uopo, si sarebbero limitati a richiamare le precedenti condanne subite dagli imputati per reati contro il patrimonio.
In data 16.10.2024 i ricorrenti hanno depositato memoria, ribadendo gli argomenti posti a base della richiesta di annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il Collegio che tutti i motivi siano manifestamente infondati e, di conseguenza, i ricorsi vadano dichiarati inammissibili.
1.1. La Corte, in ordine ai profili trattati nei primi tre motivi dei ricorsi su ricostruzione del movente del delitto e quindi anche nell’individuazione del profilo psicologico e degli altri elementi strutturali dei reati di cui agli artt. 423 e 642 cod pen., ha congruamente argomentato la formazione del proprio convincimento, spiegando che l’interesse alla realizzazione dell’incendio era soltanto dei due imputati, non del terzo socio (RAGIONE_SOCIALE), il quale non aveva accettato la proposta di acquisto avanzata dagli imputati delle sue quote e intendeva, di conseguenza, portare via al più presto gli arredi che aveva in precedenza conferito in società.
NOME, per di più, non sarebbe stato avvantaggiato dall’indennizzo dell’assicurazione, che era stata stipulata soltanto dagli imputati nel proprio interesse.
Dall’istruttoria svolta nel corso del processo celebrato con rito abbreviato (condizionato alla escussione della dottoressa NOME COGNOME e del teste NOME COGNOME) era emerso che nessuno era entrato nei locali per appiccare l’incendio dopo che i due imputati se ne erano andati; né terzi ignoti potevano entrare mentre gli stessi imputati si trovavano ancora dentro il locale.
L’incendio, quindi, era stato appiccato esattamente nel momento in cui gli imputati si erano allontanati dal locale. Non vi sono pertanto dubbi sulla responsabilità penale degli imputati.
In sintesi, la sentenza impugnata – in conformità a quella di primo grado svolge in forma ineccepibile un’ampia ed articolata motivazione, focalizzando in modo convincente e logico la ricostruzione delle responsabilità penali degli imputati, in base ad indizi correttamente valutati come gravi, precisi e concordanti.
I principali indizi, ritenuti in sentenza in modo logicamente e congruamente motivato come gravi precisi e concordanti, consistono:
-nell’aumento della polizza assicurativa (con scadenza 31.12.2019) per i rischi da incendio avvenuto proprio in data 9.12.2019, cioè pochi giorni prima dell’incendio divampato il 26.12.2019;
-nell’esistenza di un dissidio tra COGNOME e COGNOME nei confronti del socio COGNOME NOME;
-nel fatto che NOME pretendeva il pagamento degli arredi e delle attrezzature conferiti e minacciava i soci che li avrebbe presto portati via;
-nel fatto che gli unici presenti nel ristorante poco minuti prima dell’incendio erano gli imputati COGNOME e COGNOME;
nell’impossibilità che in soli 16 minuti degli estranei potessero entrare nel ristorante, sistemare l’arredamento al centro della sala, effettuare le ricerche dell’hard disk dell’impianto di sorveglianza per poi asportarlo e rovistare il locale fino a trovare le taniche di benzina usate, infine, per appiccare il RAGIONE_SOCIALE ai mobili ammucchiati;
nella illogicità dell’ipotesi alternativa di un terzo entrato senza strumenti per appiccare e far divampare il RAGIONE_SOCIALE, ma confidando nella possibilità di trovare all’interno del locale del liquido infiammabile ivi conservato da utilizzare per portare a compimento il proposito incendiario;
nel fatto che nessun altro era entrato nel locale prima dell’incendio, come risulta dalla circostanza che.un minuto dopo il momento in cui era scattato l’allarme (cioè alle ore 19,46) / le videoriprese avevano inquadrato l’esplosione della vetrata di un locale confinante, mentre il cancello era chiuso e dal video non si vedeva nessuno attraversare il cancello di ingresso del cortile posteriore, fino all’ingresso dei RAGIONE_SOCIALE;
nel fatto che due settimane prima, il 12 dicembre 2019, i sensori delle porte posteriori del locale – attraverso le quali potevano entrare ed uscire gli autori dell’incendio – erano stati dolosamente disattivati.
Anche sulla qualificazione giuridica del reato di incendio di cui all’art. 423 cod. pen. i giudici hanno correttamente motivato, basandosi sulle risultanze evidenziate dai RAGIONE_SOCIALE, all’esito dell’intervento sul posto, circa le proporzioni dell’incendio spento con difficoltà e la intensità del pericolo creato di conseguenza alla pubblica incolumità.
In ordine alla denunciata assenza di motivazione con riferimento al reato di cui all’art. 642 cod. pen., la stessa Corte territoriale ha evidenziato in sentenza che la richiesta di indennizzo era stata presentata dalla legale rappresentante della società e COGNOME aveva quantificato il danno in una cifra coincidente con il massimale pattuito con l’assicurazione.
Per di più, ad essere distrutti erano stati quegli arredi che il socio COGNOME aveva minacciato di asportare dai locali.
Quanto al denunciato travisamento probatorio nell’affermazione della sentenza secondo cui non era possibile l’accesso incontrollato di terzi dalla porta posteriore, perché vi era una telecamera che riprendeva il cancello da cui si doveva passare; è pur vero che i ricorrenti ricordano che l’atto di appello aveva evidenziato che la telecamera non riprendeva le porte laterali antipanico che erano raggiungibili senza essere ripresi dalla telecamera, ma tale dato non è dirimente perché riguarda la possibilità di uscita dalla porte antipanico i non l’ ngresso nella struttura o attraversando il cancello, che costituisce il dato logicamente ritenuto significativo.
In definitiva, i primi tre motivi di ricorso non fanno che proporre una ricostruzione alternativa a quella non manifestamente illogica adottata dal giudice di appello: quindi motivo, inammissibild
Anche le considerazioni sulla qualificazione giuridica del fatto STr -n> manifestamente infondatk vi è adeguata motivazione sulla natura di incendio di quanto avvenuto, mentre il dolo degli autori non era (solo) di danneggiamento, ma anche di incendio, quindi non ricorre l’ipotesi del 424 cod. pen.; nessun dubbio sul fatto che vi sia stato pericolo per la pubblica incolumità.
Pure la contestazione relativa all’art. 642 cod. pen., è manifestamente infondata: gli imputati distrussero gli arredi e chiesero l’indennizzo:. quindi, avevano posto in essere tutti gli elementi strutturali del delitto in esame. Se il mezzo adoperato è l’incendio della cosa propria e ne è derivato pericolo per la pubblica incolumità, il delitto d’incendio, aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 2 cod. pen., concorre materialmente con quello dell’art. 642 cod. pen., in quanto, sebbene il fatto sia unico, si sono violate due diverse disposizioni di legge, senza che ricorra l’ipotesi del reato complesso di cui all’art. 84 cod. pen. (Sez. 1, n. 39767 del 9/04/2018, COGNOME, Rv. 273846; Sez. 1, n. 1971 del 24/11/1972, dep. 1973, COGNOME, Rv. 123478; Sez. 1, n. 7745 del 15/05/1996, COGNOME, Rv. 205525).
Tutte le altre questioni sollevate dai ricorrenté sul piano probatorio trovano implicita risposta da parte dei giudici nella motivazione esposta in sentenza, stante la regola della concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, enunciata dall’art. 546, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., che rende non configurabile il vizio di legittimità allorquando, nella motivazione, il giudice abbia dato conto soltanto delle ragioni in fatto e in diritto che sorreggono il suo convincimento, in quanto quelle contrarie devono considerarsi implicitamente disattese, perché del tutto incompatibili con la ricostruzione del fatto recepita e con le valutazioni giuridiche sviluppate in sentenza (Sez. 4, n. 36757 del 4/06/2004, Perino, Rv. 229688).
1.2. Sulle questioni sollevate nei ricorsi col secondo motivo / in merito alla condanna provvisionale di tipo risarcitorio, va ribadito che nel giudizio di legittimità non si può discutere dell’importo della provvisionale.
La motivata quantificazione della provvisionale si sottrae ad ogni forma di censura nella sede di legittimità (Sez. 4, n. 20318, del 10/1/2017, Rv. 269882; Sez. 5, n. 12762, del 14/10/2016, Rv. 269704), trattandosi in ogni caso di provvedimento che non definisce il processo sulla domanda risarcitoria.
La determinazione della somma assegnata è riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha l’obbligo di espressa motivazione nel caso in cui l’importo rientri nell’ambito del danno prevedibile (Sez. 2, n. 904 del 5/12/2023, dep. 2024, Puzzo Rv. 285723).
1.3. Sulle parti dei ricorsi inerenti il trattamento sanzionatorio, gli stessi giudici di appello hanno altresì congruamente argomentato, ai sensi dell’art. 133 cod. pen., tenendo in considerazione il fatto che gli imputati sono pregiudicati per reati contro il patrimonio; per lo stesso motivo, le attenuanti generiche riconosciute non potevano essere ritenute prevalenti sulla recidiva.
Infondate sono, di conseguenza, le considerazioni difensive sulla recidiva e sul bilanciamento delle circostanze; infatti la sentenza, ritenendo assorbito il motivo in conseguenza del riconoscimento della recidiva, fa riferimento all’art. 69, ultimo comma, cod. pen. che pone il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva qualificata.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue, inoltre, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna degli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Intesa San NOME che il Collegio ritiene equo liquidare in complessivi euro 5000,00 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili ì ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Intesa San NOME che liquida in complessivi euro 5000,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 22/10/2024.