Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35798 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35798 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a RAGUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; COGNOME che ha concluso chiedendo
Il PG conclude conclude per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi.
udito il difensore
AVV_NOTAIO si riporta alla requisitoria del PG, si associa alle conclusioni e deposita conclusioni e nota spese;
L’AVV_NOTAIO COGNOME NOME si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento, anche per l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 9 ottobre 2023 che, in parziale riforma sentenza resa dal G.i.p. del Tribunale di Siracusa il 23 maggio 2022 all’esi giudizio abbreviato, ha condannato COGNOME NOME alla pena di anni tre reclusione e COGNOME NOME, su richiesta delle parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, in ordine ai seguenti r
incendio boschivo aggravato dal notevole danno cagionato ad aree protette, ai sensi dell’art. 423-bis, primo e terzo comma, cod. pen., perché luglio 2021 (solo COGNOME NOME) e il 28 luglio 2021 (entrambi gli imputa avevano cagionato incendi boschivi, di estensione di diversi ettari, nella cont Scale e Bagnolina e nella contrada Bosco Pisano, site nel territorio del comune RAGIONE_SOCIALE, provocando notevole danno ad aree protette;
b) detenzione illegale di arma comune da sparo, ai sensi degli artt. 2 e 7 le 2 ottobre 1967, n. 895, perché entrambi gli imputati il 12 agosto 2021, sul ter adibito a pascolo e ovile sito in INDIRIZZO, in loro uso esclus avevano illegalmente detenuto due fucili automatici, marca Beretta, calibro nonché vario munizionamento;
ricettazione, ai sensi degli artt. 648 cod. pen., perché, il 12 agosto al fine di procurarsi un profitto, entrambi gli imputati avevano ricevuto e occu le due armi sopra indicate, oggetto di furto ai danni di COGNOME NOME.
COGNOME NOME NOME l’erronea applicazione della legge penal con riferimento all’art. 129 cod. proc. pen., e vizio di motivazione della sen impugnata, perché il giudice di merito avrebbe omesso di accertare la manifest innocenza dell’imputato, senza offrire sul punto alcuna valida motivazione.
NOME NOME articola due motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo, NOME inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 423-bis cod. pen., perché il giudice di avrebbe in maniera errata omesso di riqualificare il reato di cui al capo a nel reato di incendio ex art. 423 cod. pen., nonostante fosse emerso che l’incendio aveva avuto una lenta propagazione in piccoli focolai e che lo spegnimento dello stes facile nella sua esecuzione, aveva richiesto un tempo limitato.
3.2. Con il secondo motivo, NOME vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello, in punto di responsabilità penale, avre confermato la sentenza di primo grado, senza offrire alcuna motivazione.
Nel ricorso, infatti, si evidenzia che il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che in un processo prettamente indiziario – come quello in esame – sarebbe stato necessario accertare il livello di gravità e di precisione di ciascun indizio isolatamente considerato e, poi, effettuare un esame globale e unitario dei diversi indizi.
Nel caso di specie, invece, era emerso
che il teste COGNOME NOME si era limitato ad affermare di aver visto il 28 luglio 2021 un membro della famiglia COGNOME, ma non anche efte; 6),S à- – 7 v 41. individuato in maniera precisa una persona;
che i soggetti presenti sul luogo dell’incendio, infatti, non erano mai stati identificati;
che il segnale GPS posto sull’autovettura in uso alla famiglia COGNOME, in più occasioni, era risultato essere assente;
che l’attività di osservazioni controllo pedinamento era stata difficoltosa, a causa della fitta vegetazione;
che la presenza di COGNOME NOME sul territorio del Comune di RAGIONE_SOCIALE era provata solo alle 18:53 del 28 luglio 2021, circa 20 minuti dopo che l’incendio era divampato; che COGNOME NOME aveva reso una confessione piena, anche in merito ai fatti avvenuti il 28 luglio 2021;
che COGNOME NOME e COGNOME NOME, in quel giorno, non erano stati insieme, come veniva confermato dall’analisi dei tabulati telefonici, dai quali erano emerse numerose telefonate tra i due.
Il Comune RAGIONE_SOCIALE, parte civile costituita in persona del sindaco e legale rappresentante pro tempore, chiede dichiararsi il rigetto o l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
1.1. Con riferimento al ricorso di COGNOME NOME NOME rilevato che, quando l’imputato rinuncia ai motivi di appello, concordando esclusivamente la rideterminazione della pena, la motivazione sulla responsabilità dell’imputato è quella contenuta nella sentenza di primo grado e la Corte di appello non è tenuta a motivare nuovamente sull’an della responsabilità, proprio per effetto della rinuncia ai motivi sul punto da parte dell’imputato.
Va pertanto ribadito il costante orientamento per cui la rinuncia dell’imputato ai motivi di appello in funzione dell’accordo sulla pena ex art. 599-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 56, della legge 23 giugno 2017, n. 103, entrata
in vigore il 3 agosto 2017, limita la cognizione del giudice di secondo grado che ha ad oggetto solo ì motivi non oggetto di rinuncia.
L’accordo così raggiunto, quindi, produce effetti preclusivi, anche sulle questioni rilevabili d’ufficio, sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio d legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194).
1.2. Il ricorso di COGNOME NOME con riferimento al primo motivo è manifestamente infondato ed all’uopo va evidenziato che la sentenza svolge una valutazione di merito incensurabile in questa sede con riferimento alla vastità dell’incendio che ha caratterizzato la qualificazione del fatto di reato nella fattispecie di cui all’art. 423-bis commi 1 e 3 cod. pen.; infatti, si dà atto nel sentenze di primo e secondo grado che erano stati distrutti dal fuoco tre ettari di sterpaglie e rovi e sono stati necessari tre mezzi e 17 uomini della RAGIONE_SOCIALE per spegnere il fuoco che era divampato in modo vasto e distruttivo.
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 423-bis cod. pen. costituisce “incendio boschivo” il fuoco suscettibile di espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi al dette aree. (In applicazione del principio, è stata ritenuta idonea a configurare il reato la presenza di fiamme propagatesi in un’area adibita a pascolo, limitrofa ad una vasta superficie boscosa, la cui attitudine a propagarsi era stata desunta dal loro fronte, dalla presenza del vento e dall’impiego massiccio di personale per sedarle). Sez. 1, n. 41927 del 25/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 268099.
1.3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, perché, la sentenza impugnata ha ricostruito in modo analitico e preciso a pag. 8 e 9 gli elementi che hanno permesso ai Carabinieri di riconoscere direttamente, durante un servizio di osservazione, l’autovettura Fiat Punto targata TARGA_VEICOLO alle ore 17,15 sulla quale era seduto, sul lato guida, COGNOME NOME e, sul sedile posteriore, COGNOME NOME; auto vista ( subito dopo / parcheggiata a 400 metri dall’incendio che divampava alle ore 16,45 del 28 luglio 2021.
I Carabinieri, inoltre, grazie al sistema di localizzazione dell’autovettura (in precedenza apposto sull’auto nell’ambito delle indagini per la commissione dell’incendio avvenuto in contrada Scale e in contrada Bagnolia nel comune di RAGIONE_SOCIALE in data 21 luglio 2021) hanno ricostruito i movimenti del veicolo che evidenziavano, alle ore 19,57, l’improvvisa inversione di marcia operata in prossimità del luogo in cui stazionavano i militari subito dopo l’incendio e il successivo addentrarsi della stessa auto nella fitta vegetazione su una strada sterrata con l’evidente scopo di nascondersi al controllo dei militari.
Infine, la testimonianza di COGNOME NOME confermava che, in orario compatibile con l’incendio, la stessa auto era transitata in quei luoghi.
I giudici di merito, quindi, hanno svolto una congrua valutazione sintetica dei plurimi elementi analizzati anche singolarmente ed hanno concluso in modo ineccepibile che, per le osservazioni fatte direttamente sul posto e le risultanze dei dati del sistema di localizzazione dell’auto, nel pomeriggio e nella serata del 28 luglio 2021, solo gli occupanti di tale auto erano presenti nell’area interessata dall’incendio. Tutte le questioni sollevate dal ricorrente sul piano probatorio trovano allora implicita risposta da parte dei giudici nella motivazione esposta in sentenza, stante la regola della concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, enunciata dall’art. 546, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., che rende non configurabile il vizio di legittimità allorquando, nella motivazione, il giudice abbia dato conto soltanto delle ragioni in fatto e in diritt che sorreggono il suo convincimento, in quanto quelle contrarie devono considerarsi implicitamente disattese, perché del tutto incompatibili con la ricostruzione del fatto recepita e con le valutazioni giuridiche sviluppate in sentenza (Sez. 4, n. 36757 del 4/06/2004, Perino, Rv. 229688).
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna, inoltre, degli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dal Comune di RAGIONE_SOCIALE quale parte civile e che il Collegio ritiene equo liquidare in complessivi euro 6.000, oltre accessori di legge, in considerazione dell’apporto dato con la memoria del 10.6.2024.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue altresì la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00 per ciascuno, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comu di RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 6.000, oltre accessori di legge.
Così deciso l’11/06/2024