Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23899 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23899 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MISTRETTA il 07/04/1950
avverso la sentenza del 13/12/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Messina ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti che ha condannato COGNOME NOME NOME per il reato di cui agli artt. 423-bis, 61, comma 1, n. 5 cod. pen., applicandogli la pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo tre motivi, di seguito enunciati secondo il disposto dell’art. 173 disc. atti. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’ erronea applicazione della legge penale e l’illogicità della motivazione con riferimento alla configurabilità della fattispecie penale di cui all’art. 423-bis cod. pen., relazione alla sussistenza della zona di interfaccia urbano – rurale.
Ad avviso della difesa, posto che con tale espressione debbono intendersi le zone, aree o fasce, nelle quali l’interconnessione tra le abitazion o altre strutture antropiche e le aree naturali o a vegetazione combustibile è molto stretta, i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto che l’incendio abbia interessato un terreno coperto da macchia mediterranea, composta di cespugli e arbusti di tale natura, comportandone la distruzione. Il terreno su cui ha avuto origine l’incendio e le ulteriori modeste porzioni di terreno su cui lo stesso si è propagato erano ricoperti di rovi che demarcavano il confine, dovendosi, pertanto, escludere che si trattasse di macchia mediterranea.
La difesa ha dedotto, al riguardo, di aver dimostrato, con apposita relazione tecnica di parte, che si tratta di zona prettamente interessata da terreni agricoli, destinati al pascolo, priva di forme di urbanizzazione e spoglia di arbusti; sicché non sarebbe stata minacciata alcuna zona di interfaccia urbano – rurale, venendo così a mancare un essenziale elemento oggettivo del reato in contestazione.
Il ricorrente ha, poi, evidenziato che l’incendio non ha cagionato pericolo per le abitazioni e non ha interessato boschi, selve o foreste, distando le abitazioni parecchie centinaia di metri dal luogo in cui l’imputato detiene l’apprezzamento e, inoltre, boschi, selve e foreste non ve ne sono per chilometri.
Inoltre, quanto alla sussistenza di un caso di incendio, il ricorrente ha dedotto che, nella fattispecie, sarebbe mancato il carattere della vastità e della rapida propagazione, tant’ è che non è stato richiesto l’intervento dei
Vigili del fuoco. Sarebbe pertanto illogica la motivazione del giudice d’appello che ha ricondotto al caso fortuito la circostanza che le fiamme si siano estinte indipendentemente dall’intervento di soccorsi esterni, non potendosi attribuire alla presenza di terreni verdi, e non secchi, la natura di circostanz fortuita.
Ad ulteriore dimostrazione della illogicità della motivazione in ordine alla forza di propagazione delle fiamme, nel ricorso si sottolinea che se la giornata fosse stata caratterizzata da venti impetuosi le fiamme non sarebbero riuscite ad estinguersi in autonomia; ciò dimostrerebbe la scarsa intensità dei roghi in questione.
Inoltre, il ricorrente, articolando ulteriormente il primo motivo di ricorso, ha altresì eccepito che i giudici di appello sono incorsi in errore là dove hanno ritenuto integrata la sussistenza dell’incendio anziché del “fuoco”. Si afferma che non ogni fuoco è di per sé qualificabile come incendio, essendo tale, ai sensi dell’art. 423 o 449 cod. pen., solo quando le fiamme non controllate e non controllabili, assumano una forza distruttrice e capacità di propagazione.
Infine, la difesa ha evidenziato che la Corte d’Appello avrebbe fornito una motivazione asfittica a tali deduzioni perché si sarebbe limitata a ribadire le conclusioni già formulate dai giudici di primo grado, non fornendo adeguata motivazione in ordine alle doglianze.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’errone applicazione della legge penale in ordine alla mancata riqualificazione del reato ai sensi dell’art. 423 cod. pen.
In particolare, la difesa ha evidenziato che l’elemento distintivo tra il reato di incendio di cui all’art. 423 cod. pen. e di incendio boschivo di cui all’art. 423-bis cod. pen. è dato dalle cose alle quali l’incendio è appiccato e nella fattispecie, il fuoco non ha riguardato zone di interfaccia urbano – rurale e nemmeno la macchia mediterranea, sicché la Corte d’appello avrebbe dovuto riqualificare il fatto, ai sensi della fattispecie meno grave di cui all’ar 423 cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’errone applicazione della legge penale in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il ricorrente ha eccepito che la sentenza impugnata, non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità in tema di applicazione delle attenuanti generiche, essendosi limitata alla sola valutazione in astratto della gravità del reato, trascurando di considerare la
condotta e la vita dell’imputato, antecedenti al reato; la condotta contemporanea e susseguente al reato, le condizioni di vita individuale, familiare e sociale dello stesso e il cristallino comportamento processuale tenuto, non potendo il giudice dell’appello rinviare genericamente alla sentenza di primo grado , omettendo ogni apprezzamento.
GLYPH Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore generale della Cassazione, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1.Va infatti, in primo luogo evidenziato, che il ricorrente ripropone i medesimi motivi formulati con l’atto di appello, non confrontandosi con le precise e circostanziate argomentazioni della sentenza di appello. Deve, pertanto, trovare applicazione il consolidato principio della giurisprudenza di legittimità secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione. (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970 – 01).
Più specificamente, quanto al primo e al secondo motivo di ricorso – i quali possono essere trattati congiuntamente ponendo sostanzialmente la medesima questione in punto di qualificazione giuridica della condotta deve rilevarsi che la sentenza, a pagina 3, ha fornito una adeguata motivazione circa la presenza di vegetazione costituente macchia mediterranea e circa la qualificazione dell’area interessata come zona di interfaccia urbano – rurale. Con argomentazione tutt’altro che generica, la sentenza ha spiegato che tale natura trova riscontro nella circostanza che il punto di innesco, secondo quanto dichiarato dallo stesso imputato, era limitrofo a una strada comunale, dando conto altresì della ininfluenza della consulenza tecnica di parte sul punto.
Ne consegue che alcun dubbio residua sulla riconducibilità dell’area alla definizione contenuta nel comma 1-bis dell’art art. 2 della legge 21 novembre 2000, n. 353 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), introdotto dall’art. 5 del Decreto-legge del 08/09/2021 n. 120 (Disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile, contiene la definizione di zone di interfaccia urbano-rurale) secondo
cui: «Ai fini della pianificazione operativa regionale contenuta nel piano di cui all’articolo 3, per zone di interfaccia urbano-rurale si intendono le zone, aree o fasce, nelle quali l’interconnessione tra le abitazioni o altre struttu antropiche e le aree naturali o la vegetazione combustibile è molto stretta».
Inoltre, quanto all’asserita non configurabilità di un incendio sotto il profilo della insussistenza di fiamme non controllate e non controllabili, della insussistenza di forza distruttrice e capacità di propagazione, la sentenza, a pagina 4, dà puntuale conto di tali caratteristiche, evidenziando le emergenze del verbale di arresto in flagranza da cui è risultato che le fiamme si sono propagate per una zona molto vasta, di circa mezzo ettaro, distruggendo aree di vegetazione tutelate dall’art. 423-bis cod. pen., avvicinandosi, peraltro, alle abitazioni presenti nella contrada.
La sentenza ha poi risposto anche alla deduzione difensiva secondo cui l’incendio non sarebbe tale in quanto spentosi in via autonoma, evidenziando, con motivazione coerente e lineare, l’irrilevanza di tale aspetto avendo la propagazione del fuoco già causato ingenti danni per poi spegnersi in presenza di terreno verde difficilmente infiammabile. Sul punto non appare decisivo, al fine di scalfire il contesto motivazionale, la deduzione del ricorrente secondo cui la presenza di parti di terreno verde non potrebbe essere considerata una mera circostanza fortuita, considerato che la sentenza ha ben spiegato che il fuoco aveva già cagionato ingenti danni distruggendo la vegetazione.
Del resto, deve a tal riguardo ribadirsi che la valutazione circa la sussistenza, nel caso concreto, della capacità di propagazione delle fiamme, rilevante ai fini della integrazione dell’incendio costituisce giudizio di fatto che sfugge al sindacato di legittimità, se è espresso, come nella fattispecie, con una valutazione corretta e logica (tale principio è stata affermato, con riferimento all’art. 424 comma 1, cod. pen., da Sez. 1, Sentenza n. 5251 del 14/01/1998 Rv. 210486 – 01 (Nella specie, la Corte di cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto la sussistenza di tale pericolo sia dal fatto che il fuoco era stato appiccato su autovetture poste in un garage condominiale, ubicato in luogo interrato, con vie di uscita anguste e forzate che favorivano la diffusione del fuoco, sia dalla circostanza che il fuoco, al momento del suo spegnimento, aveva già danneggiato il soffitto in muratura, con pericolo per l’incolumità delle persone che abitavano nel fabbricato).
In conclusione, deve affermarsi che la sentenza impugnata ha operato un apprezzamento delle circostanze emergenti nel caso concreto del tutt ragionevole e credibile, dovendosi a tal riguardo ribadire che in tema di
giudizio di legittimità, la cognizione della Corte di cassazione è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso
comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore
ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione. (Sez. 1, n. 45331
del 17/02/2023 Rv. 285504 – 01).
3. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente, infatti, si è limitato a indicare i parametri che, in astratto, giustificherebbero il riconoscimento delle attenuanti generiche non
confrontandosi con la convincente motivazione della sentenza di appello in ordine alle ragioni del diniego, individuate nei precedenti penali, nel
comportamento non collaborativo, nella marcata offensività e pericolosità
della condotta, evidenziata, in modo ancora più puntuale nella parte in cui il provvedimento affronta la sussistenza del dolo, attribuendo,
correttamente, significativo rilievo al rinvenimento del cannello a gas con la bombola e del materiale utile all’innesco, all’interno dell’automobilead,COGNOME
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, difettando ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così d ciso in Roma, il 26 marzo 2025.