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Incendio boschivo: la responsabilità dell’affittuario

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un affittuario condannato per incendio boschivo colposo. L’imputato, bruciando residui di potatura, aveva causato un vasto rogo. La Corte ha confermato la sua responsabilità in qualità di custode del fondo, ritenendo irrilevanti le ipotesi alternative non provate.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bruciare Sterpaglie Causa un Incendio Boschivo: La Responsabilità dell’Affittuario

L’accensione di fuochi per smaltire residui vegetali è una pratica comune ma rischiosa, che può facilmente sfuggire di mano e causare un devastante incendio boschivo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini della responsabilità penale per chi conduce un fondo in affitto, chiarendo come la posizione di custode del terreno comporti precisi doveri di controllo e vigilanza per prevenire tali eventi.

I Fatti del Caso: Dalla Potatura all’Incendio

Il caso ha origine da un vasto incendio divampato in un oliveto e nell’area boschiva circostante in provincia di Imperia. Le indagini hanno rapidamente individuato il punto di innesco in un fondo agricolo condotto in affitto dall’imputato. Qui, i Vigili del Fuoco, allertati dallo stesso affittuario, avevano trovato un braciere con i resti di sterpaglie di ulivo ed erba secca, da cui le fiamme si erano propagate, distruggendo circa 1.000 metri quadrati di oliveto e 6.500 metri quadrati di bosco.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di Imperia che la Corte d’Appello di Genova avevano riconosciuto la responsabilità dell’imputato per il reato di incendio boschivo colposo, ai sensi dell’art. 423-bis del codice penale. La condanna si basava sulla sua condotta negligente e imprudente: l’aver acceso un fuoco per bruciare residui di potatura senza adottare le cautele necessarie a impedirne la propagazione.

L’Incendio Boschivo e le Ragioni del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, la sua responsabilità era stata dedotta unicamente dal fatto che avesse chiamato i soccorsi, senza una prova certa della sua presenza al momento dell’innesco. La difesa ha inoltre prospettato una ricostruzione alternativa, secondo cui l’incendio sarebbe stato appiccato da terzi introdottisi abusivamente nel fondo.

Le Motivazioni della Cassazione: la Posizione di Garanzia e l’Incendio Boschivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure sollevate infondate e volte a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti in sede di legittimità.

Il Ruolo del Custode del Fondo

Il punto centrale della decisione è il concetto di “posizione di garanzia”. La Corte ha stabilito che l’affittuario, in quanto utilizzatore del bene “uti dominus” (cioè come se ne fosse il proprietario), è anche il suo custode. Da questa posizione deriva un obbligo giuridico di controllare le fonti di pericolo presenti sul fondo e di impedire che possano causare danni a terzi. Bruciare sterpaglie è un’attività intrinsecamente rischiosa, e la responsabilità di gestirla in sicurezza ricadeva direttamente sull’imputato, a prescindere dal fatto che fosse o meno il proprietario del terreno.

La Valutazione degli Indizi e l’Inconsistenza delle Ipotesi Alternative

La Cassazione ha confermato la correttezza del ragionamento dei giudici di merito, basato su una serie di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti:
1. L’imputato era l’affittuario e quindi il gestore del fondo.
2. Sul terreno erano in corso lavori di potatura e sfalcio, coerenti con il materiale trovato nel braciere.
3. Era stato proprio lui a chiamare i Vigili del Fuoco.
Di contro, l’ipotesi di un incendio appiccato da terzi è stata giudicata “meramente congetturale” e “del tutto implausibile”, in assenza di qualsiasi elemento di prova a supporto. La convergenza degli indizi a carico dell’imputato rendeva la sua responsabilità l’unica spiegazione logica.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza rafforza un principio fondamentale: chiunque abbia la disponibilità materiale di un bene, come un affittuario, assume una posizione di garanzia che lo obbliga a prevenire i rischi connessi alla sua gestione. In caso di incendio boschivo colposo, non è necessario dimostrare che l’imputato abbia materialmente acceso la fiamma, essendo sufficiente provare che, per negligenza, non ha impedito un evento che aveva il dovere giuridico di evitare. Questa decisione serve da monito sull’importanza di adottare la massima prudenza nella gestione di attività pericolose, come l’uso del fuoco in agricoltura, le cui conseguenze possono essere penalmente rilevanti.

L’affittuario di un terreno è responsabile per un incendio boschivo originato da attività svolte sul fondo?
Sì. La sentenza conferma che l’affittuario, in qualità di utilizzatore e custode del bene (“uti dominus”), è titolare di una “posizione di garanzia” e risponde per i danni causati da attività rischiose, come la bruciatura di residui vegetali, se da queste deriva un incendio boschivo.

Per essere condannati, è necessario provare che l’imputato ha materialmente appiccato il fuoco?
Non necessariamente. In questo caso, la responsabilità è stata affermata sulla base di un complesso di indizi (era l’affittuario, erano in corso lavori di potatura, ha chiamato i pompieri) che, messi insieme, hanno reso la sua partecipazione all’attività di bruciatura l’unica spiegazione plausibile, a fronte di ipotesi alternative ritenute meramente congetturali.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e valutare ipotesi alternative?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo compito non è rivalutare le prove o i fatti (“rinnovare l’attività di cognizione”), ma solo verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione della sentenza impugnata. Proporre una diversa ricostruzione dei fatti rende il ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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