Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7168 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7168 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a TEMPIO PAUSANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/10/2022 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME E.
che NOME eSeefenslo
Il PG conclude riportandosi alle conclusioni già depositate e notificate alla parte. Richiesta di dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO conclude insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso ai quali si riporta.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello d Cagliari, sez. dist. di Sassari, del 20 ottobre 2022 con la quale, in parziale accoglimento dell’atto di appello del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania e in parziale riforma della sentenza resa dal G.i.p. del Tribunale di Tempio Pausania il 16 giugno 2020, all’esito di giudizio abbreviato, è stato condanNOME alla pena di anni quattro, mesi uno e giorni dieci di reclusione, in ordine ai seguenti reati:
tentato incendio boschivo su aree protette, ai sensi degli artt. 56 e 423bis, terzo comma, cod. pen. (capo 1), perché il 16 settembre 2017 in località La Filetta in Santa Teresa di Gallura, con l’utilizzo di un innesco pirico, costituit principalmente da materiale accendi-fuoco (del tipo “diavolina”), aveva posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare un incendio boschivo, dopo aver innescato un principio di incendio che, per le sue dimensioni, era stato domato agevolmente dai pompieri;
incendio boschivo su aree protette, ai sensi dell’art. 423-bis, terzo comma, cod. pen. (capo 4), perché il 28 luglio 2018, con le modalità cli cui sopra, aveva cagioNOME tre incendi boschivi nelle località di Terra Vecchia, Lu Nalboni e Monte Bandera in Santa Teresa di Gallura, interessando un’area complessiva di due ettari;
tentato incendio boschivo su aree protette, ai sensi degli artt. 56 e 423bis, terzo comma, cod. pen. (capo 5), perché il 10 agosto 2018, con le modalità di cui sopra, aveva posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare un incendio in località Stazzi La Liccia in Santa Teresa di Gallura, che, per le sue limitatissime proporzioni, era stato subito spento da un dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE;
incendio boschivo su aree protette, ai sensi dell’art. 423-bis, terzo comma, cod. pen. (capo 6), perché il 7 agosto 2018 in località La Contessa in Santa Teresa di Gallura, con le modalità di cui sopra, aveva cagioNOME un incendio boschivo di vaste proporzioni che aveva interessato un ettaro e mezzo di macchia mediterranea;
tentato incendio boschivo su aree protette, ai sensi degli artt. 56 e 423bis, terzo comma, cod. pen. (capo 7), perché, con le modalità sopra evidenziate, il 24 agosto 2018 aveva posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare un incendio in località Valdimela in Santa Teresa di Gallura che, per le sue modeste proporzioni, era stato subito spento dagli agenti che stavano seguendo l’imputato con il segnale GPS;
– al tentato incendio boschivo su aree protette, ai sensi degli artt. 56 e 423bis, terzo comma, cod. pen. e al reato di incendio boschivo su aree protette, ai sensi dell’art. 423-bis, terzo comma, cod. pen. (capo 8), erché il 2 settembre 2018, nel primo caso, aveva posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare un incendio in località Lu Sambignu e, nel secondo caso, aveva determiNOME un vero e proprio incendio in località La Marmorata in Santa Teresa di Gallura;
– incendio boschivo su aree protette, ai sensi dell’art. 423-bis, terzo comma, cod. pen. (capo 9), perché, con le modalità sopra evidenziate, 1’8 settembre 2018 aveva cagioNOME tre incendi in località Marazzino, La Parricia e Terravecchia in Santa Teresa di Gallura.
Il giudice di primo grado aveva riqualificato il reato sub 1, limitatamente all’episodio avvenuto in località INDIRIZZO Filetta, e quelli sub 5 e 7 nella forma del delitto tentato, aveva assolto l’imputato in ordine agli ulteriori fatti sub 1 e a quelli sub 2 e 3 e aveva riqualificato il fatto sub 8 avvenuto in località Lu Sambignu nel reato di danneggiamento ex art. 635, secondo comma, n. 3, cod. pen., ritenendo integrato il reato consumato di incendio boschivo in ordine ai fatti sub 4, 6, 8 (limitatamente ai fatti avvenuti in località INDIRIZZO Marmorata) e sub 9.
La Corte di appello ha rigettato l’atto di appello dell’imputato e, per quanto riguarda l’atto di appello del pubblico ministero, in accogiimento del terzo motivo, ha riqualificato il fatto sub 8 avvenuto in località Li Sambignu nel reato di tentato incendio boschivo e, in accoglimento del quarto motivo, ha ridetermiNOME la pena finale, rigettando il primo motivo, relativo all’assoluzione dell’imputato per i fatti sub 1 diversi dall’episodio avvenuto in località La Filetta e per i fatti sub 2 e 3, e il secondo motivo, relativo alla riqualificazione dei restanti fatti sub 1 e dei fatti sub 5 e 7 nel delitto tentato.
2. Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento all’art. 443, comma 3, cod. proc. pen., perché, secondo il ricorrente, la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello del pubblico ministero, salvo che con riferimento alla riqualificazione del fatto di cui al capo 8, poiché proposto avverso sentenza di condanna emessa all’esito di giudizio abbreviato.
In particolare, il ricorrente contesta la mancata dichiarazione di inammissibilità del motivo di appello relativo alla ritenuta eccessiva mitezza del trattamento sanzioNOMErio, poiché afferente ai capi di imputazione per i quali vi era stata condanna; infatti l’aumento di pena eccede il limite imposto dal divieto
di reformatio in pejus estendendosi anche a reati per i quali fu pronunciata condanna rispetto ai quali il pubblico ministero non ha proposto, né avrebbe potuto proporre impugnazione e per i capi 1, 5, 7 per i quali l’appello (proposto legittimamente) è stato rigettato.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello, per giustificare il trattamento sanzioNOMErio della pena base, lontano dal minimo edittale, avrebbe in maniera errata evidenziato la marcata offensività degli episodi incendiari.
Inoltre, la Corte di appello avrebbe in maniera errata condiviso le valutazioni offerte dal giudice di primo grado, il quale non aveva riconosciuto la circostanza attenuante del vizio parziale di mente e le circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, ritenendo che solo la capacità di volere dell’imputato fosse risultata grandemente scemata, ma non anche la capacità di intendere, e che la confessione dell’imputato e la sua resipiscenza non fossero elementi sufficienti a giustificare la diminuzione massima di pena.
Con memoria del 17 novembre 2023, il ricorrente evidenzia che la Corte di appello avrebbe potuto ritenere ammissibili le doglianze del pubblico ministero inerenti il trattamento sanzioNOMErio solo qualora le stesse fossero state collegate a motivi di appello fondati, circostanza non avvenuta nel caso di specie, perché solo il terzo motivo di appello del pubblico ministero era stato accolto (quello inerente il capo 8), mentre dall’entità della pena rideterminata, la stessa risultava ricalcolata in aumento pure per i reati per i quali vi era stata gi condanna in primo grado e il pubblico ministero non aveva il potere di proporre appello, ai sensi dell’art. 443 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il Pubblico ministero aveva proposto appello aV i erso la sentenza di primo grado:
col primo motivo in ordine all’assoluzione dell’imputato dai capi 1 (limitatamente agli incendi avvenuti a Petra Bianca), 2 e 3,
col secondo motivo sulla riqualificazione dei fatti di cui capi 1 (limitatamente all’incendio avvenuto a La Filetta), 5 e 7 come incendi tentati e non consumati;
col terzo motivo sull’avvenuta riqualificazione del fatto di cui al capo 8 come danneggiamento ex art. 635 comma 2 n. 3 cod. pen.
col quarto motivo sulla determinazione del trattamento sanzioNOMErio dei reati indicati nei primi tre Motivi.
La Corte aveva reputato infondati il primo e il secondo motivo di appello proposti dal pubblico ministero (pagg. 44-46), mentre aveva parzialmente accolto il terzo motivo di appello del pubblico ministero sulla qualificazione come tentativo di incendio dell’episodio avvenuto in località Lu Sambignu di cui al capo 8)
Infine, aveva ridetermiNOME il trattamento sanzioNOMErio, accogliendo in parte pure il quarto motivo di appello del Pubblico ministero.
1.1. Il primo motivo di ricorso non può essere accolto in sede di legittimità.
Nel caso di specie, la Corte di appello, in linea con i principi giurisprudenziali in materia, ha correttamente dichiarato ammissibile l’atto di appello del pubblico ministero e, dopo aver accolto il terzo e il quarto motivo di appello, ha ridetermiNOME la pena stabilita dal giudice di primo grado.
Giova in diritto evidenziare che, in tema di giudizio abbreviato, l’appello proponibile dal P.M. avverso la sentenza di condanna che abbia modificato il titolo del reato (in questo caso, da incendio a danneggiamento) può avere ad oggetto qualsiasi statuizione adottata e non deve essere necessariamente limitato al ripristino dell’originaria, più grave, ipotesi contestata (Sez. 4, 48825 del 25/10/2016, deo. 2017, Dhif, Rv. 268217).
Il pubblico ministero, infatti, a tenore delle statuizioni assunte in sentenza, aveva il potere di proporre atto di appello con riferimento all’accusa di incendio boschivo (art. 423-bis cod. pen.) di cui al capo 8, poiché riqualificato dal giudice di primo grado nel reato di danneggiamento aggravato di cui all’art. 635, secondo comma, cod. pen.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, perché afferente al trattamento punitivo, quando il provvedimento impugNOME è sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Il ricorrente, infatti, non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha evidenziato il considerevole numero di episodi incendiari complessivamente commessi (di cui, otto consumati e quattro tentati), alcuni dei quali particolarmente gravi, come’ ad esempio, i fatti sub 4, che avevano richiesto l’impiego di diversi mezzi e agenti operanti, a causa delii difficile gestione delle fiamme, e i fatti sub 6, che avevano concretizzato un estremo pericolo per l’incolumità della popolazione del centro abitato ubicato vicino al terreno coinvolto dalle fiamme.
Per tali ragioni, la Corte di appello ha ritenuto congrua la pena stabilita dal giudice di primo grado in ordine al reato più grave sub 6, per la quale era stata irrogata una pena superiore al minimo edittale, ma comunque rientrante in una fascia mediana bassa.
La Corte di appello, poi, ha condiviso il ragionamento del giudice di primo grado quando – da una parte – ha valutato come prevalenti le circostanze attenuanti generiche e quella relativa al vizio parziale di mente rispetto alla circostanza aggravante di cui all’art. 423-bis, terzo comma, cod. pen. e dall’altra – considerata la gravità dei fatti accertati, ha ritenuto di non pot concedere le relative diminuzioni nella loro massima estensione.
Con riferimento alla censura sulla determinazione della pena base “in misura lontana dal minimo edittale”, agli aumenti di pena in continuazione e alla denunciata “sostanziale elisione” dei benefici della diminuzione di pena per il vizio parziale di mente e per le attenuanti generiche, si evidenzia che il ricorso appare generico, attesa l’ampia e congrua motivazione contenuta in sentenza (alle pagg. 49, 50 e 51) con la quale il ricorrente non si c:onfronta in modo specifico, spiegando in modo puntuale le ragioni della doglianza, sicché il motivo di ricorso si risolve in una generica censura di merito, inammissibile nel giudizio di legittimità.
In particolare, la pena base anni 6 è stata diminuita di un anno di reclusione per il vizio parziale di mente e di un anno per e attenuanti generiche = anni 4 di reclusione più l’aumento per continuazione di due anni e due mesi complessivi = anni 6 e mesi 2 di reclusione (ridotta per il rito alla pena finale di anni 4 mesi 1 e giorni 10 di reclusione).
Orbene, il giudice di primo grado aveva determiNOME la pena base nella stessa misura, con la medesima riduzione per il vizio parziale di mente e le attenuanti generiche, mentre la pena finale – dopo la riduzione per il rito – era stata individuata in anni 3 e mesi 4 di reclusione, sicché la differenza di pena inflitta in aumento ha trovato spiegazione analitica nelle pagg. 49-51 della sentenza di appello ed è da ascriversi alla suindicata riqualificazione del capo 8 e alla conseguente rideterminazione del trattamento sanzioNOMErio, ai sensi dell’art. 133 cod. pen.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/11/2023