Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33584 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33584 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME nata il 9/11/1959 a Palermo
avverso l’ordinanza del 26/10/2023 del Tribunale del riesame di Palermo
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato il ricorso proposto da COGNOME indagata per il reato di peculato, avverso il decreto di sequestro preventivo della autovettura “Opel Mokka” tg. TARGA_VEICOLO emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Palermo il 7 ottobre 2023.
Si contesta alla ricorrente di essersi appropriata, quale incaricata di pubblico servizio, ovvero Presidente della società cooperativa per l’assistenza sociale “RAGIONE_SOCIALE“, avendo per ragione del suo ufficio la disponibilità della carta bancomat collegata al conto della cooperativa, del denaro che veniva utilizzato per l’acquisto di generi alimentari, trattenendoli per sé invece di destinarli agl ospiti della cooperativa, nonché di essersi appropriata della autovettura di proprietà della cooperativa “Opel Mokka”, della quale aveva, per ragione del suo ufficio, la disponibilità. L’indagata, in particolare, concludeva con la cooperativa un contratto simulato ove risultava che la stessa acquistava al prezzo simbolico di euro 500,00 l’autovettura in questione, che valeva, invece, 22.500,00 euro.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo, come unico motivo, la assenza di natura pubblicistica della cooperativa sociale “RAGIONE_SOCIALE“, della quale l’indagata era Presidente.
Non ricorrerebbe la qualifica di incaricato di pubblico servizio, e, dunque, il reato di peculato, essendo configurabile soltanto il reato di appropriazione indebita, per il quale mancherebbe la condizione di procedibilità.
Le Onlus non sono affatto enti esercenti un pubblico esercizio, bensì organizzazioni del tutto private che, perseguendo finalità meritevoli, ricevono un trattamento anche fiscale di favore.
Per la stessa ragione, non sarebbe corretto affermare la natura pubblica del denaro, che l’esercente l’attività per conto dell’ente pubblico riceve a titolo d pagamento delle proprie prestazioni, trattandosi della sua retribuzione, non diversamente dallo stipendio del pubblico ufficiale.
Il Tribunale del riesame, per sostenere la tesi della natura pubblicistica dell’attività svolta dall’indagata, richiama una sentenza di questa Corte di legittimità che non si attaglia al caso concreto, avendo riguardo all’attività dell associazioni di promozione sociale e non delle cooperative.
Evidenzia la difesa che la cooperativa ha ricevuto dei fondi per prestare una attività regolata da una convenzione, e cioè da un accordo di natura privatistica, e che, per ogni pagamento effettuato dal Comune in favore della cooperativa, la stessa ha emesso regolare fattura.
L’esercizio della pubblica funzione o del pubblico servizio da parte dell’agente deve essere escluso quando l’attività svolta sia regolata in forma privatistica, anche se ne è parte una persona giuridica pubblica o una società partecipata quasi interamente da un ente pubblico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2. Il legislatore ha delineato la nozione di pubblico ufficiale (art. 357 cod pen.) e di incaricato di un pubblico servizio (art. 358 cod. pen.) secondo una concezione oggettivo-funzionale, che ha superato il riferimento presente nella disciplina previgente al «rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione», e che si incentra sul regime giuridico dell’attività concretamente esercitata.
La qualifica di pubblico ufficiale postula, pertanto, che il soggetto agente svolga, in concreto, mansioni tipiche dell’attività pubblica, che può manifestarsi nelle forme della pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa, prescindendo dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con l’ente.
Ne discende che, ai fini del riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale «agli effetti della legge penale», non deve aversi riguardo alla natura dell’ente da cui lo stesso dipende, né alla tipologia del relativo rapporto di impiego, né ancora all’esistenza di un formale rapporto di dipendenza con lo Stato o con l’ente pubblico, ma deve valutarsi esclusivamente la natura dell’attività effettivamente espletata dall’agente, ancorché lo stesso sia un soggetto privato.
Il criterio oggettivo-funzionale della nozione di «pubblico ufficiale» impone dunque un’attenta valutazione dell’attività concretamente esercitata dal soggetto, la ricerca e l’individuazione della disciplina normativa alla quale essa è sottoposta, quale che sia la connotazione soggettiva del suo autore, e la verifica della presenza dei poteri tipici della potestà amministrativa, come indicati dal secondo comma dell’art. 357, cod. pen., id est la constatazione che, nel suo svolgimento, l’agente abbia concorso alla formazione o alla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione ovvero esercitato poteri autoritativi o certificativi (Sez. U, n. 10086 del 13/07/1998, COGNOME, Rv. 211190; Sez. 6, n. 1943 del 13/01/1999, COGNOME ed altro, Rv. 213910).
L’art. 358 cod. pen., inoltre, definisce «incaricato di un pubblico servizio» colui il quale, a qualunque titolo, presta un servizio pubblico, a prescindere da qualsiasi rapporto d’impiego con un determinato ente pubblico.
La giurisprudenza di legittimità ha rilevato che il legislatore del 1990, nel delineare la nozione di incaricato di pubblico servizio, ha privilegiato il crite oggettivo – funzionale, utilizzando la locuzione «a qualunque titolo» ed eliminando ogni riferimento, contenuto invece nel testo previgente dell’art. 358
cod. pen., al rapporto d’impiego con lo Stato o altro ente pubblico (Sez. 6, n. 53578 del 21/10/2014, Cofano, Rv. 261835).
Il comma secondo dell’art. 358 cod. pen. esplicita il concetto di servizio pubblico, ritenendolo formalmente omologo alla funzione pubblica di cui al precedente art. 357 cod. pen., ma caratterizzato dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima (poteri deliberativi, autoritativi o certificativi).
Il parametro di delimitazione esterna del pubblico servizio è, dunque, identico a quello della pubblica funzione ed è costituito da una regolamentazione di natura pubblicistica, che vincola l’operatività dell’agente o ne disciplina la discrezionalità in coerenza con il principio di legalità, senza lasciare spazio alla libertà di agire, quale contrassegno tipico dell’autonomia privata (Sez. 6, n. 53578 del 21/10/2014, COGNOME, Rv. 261835; Sez. 6 n. 39359 del 07/03/2012, COGNOME, Rv.254337).
Agli effetti della legge penale, pertanto, l’esercizio della pubblica funzione o del pubblico servizio da parte dell’agente deve essere escluso quando l’attività svolta dal soggetto sia regolata in forma privatistica, anche se ne è parte una persona giuridica pubblica o una società partecipata quasi totalitariamente da un ente pubblico.
2.1.Gli artt. 357 e 358 cod. pen. non consentono, come sostiene, invece, la difesa, di desumere la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblic servizio dalla qualità dell’ente di appartenenza, in quanto la funzione pubblica e il pubblico servizio possono essere svolti sia da soggetti privati che da soggetti pubblici.
Occorre osservare che la giurisprudenza di legittimità ha affermato, con riferimento a fattispecie analoghe, che:
la condotta del Presidente di un’associazione svolgente attività socio assistenziale, che, indebitamente, si appropria di somme di denaro ricevute a titolo di finanziamento da parte di un ente pubblico, integra il delitto di peculat se il trasferimento del denaro da parte del suddetto ente sia avvenuto con un vincolo di destinazione, risultante da espressa diposizione normativa o da una sua manifestazione di volontà, in virtù del quale la gestione del denaro, che conserva la sua natura di pecunia pubblica, comporta lo svolgimento di un servizio pubblico (Sez. 6, n. 51923 del 09/11/2016, COGNOME, Rv. 268561);
il Presidente di un’associazione di volontariato, facente parte del sistema integrato di protezione civile, riveste la qualifica di incaricato di pubblico serviz con la conseguenza che la condotta di appropriazione di somme di denaro, erogate all’associazione dalla Direzione Regionale della protezione civile per il perseguimento delle finalità pubbliche del sistema, integra il delitto di peculato (Sez. 6, n. 14171 del 29/01/2020, COGNOME, Rv. 278759);
-riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il personale di comunit socio-assistenziale (nella specie, educatore professionale e consulente
psicologo), che operi presso strutture accreditate con la Regione, siccome svolgente, in favore dei ricoverati, funzioni pubblicistiche preordinate alla tutela
della salute individuale e collettiva e dotato del potere di adottare, in autonomia, provvedimenti conformativi dei comportamenti degli utenti, finalizzati al percorso
terapeutico-riabilitativo di lungo periodo (Sez. 6, n. 3932 del 14/12/2021, dep.
2022, Signorile, Rv. 282755);
– riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il Presidente di un en previdenziale e assistenziale, stante la natura di rilievo pubblicistico dell’attiv
pensionistico-previdenziale a contribuzione obbligatoria – della quale è parte integrante la gestione delle risorse finanziarie, che sono preordinate
all’attuazione dei fini dell’ente – siccome prevista e disciplinata da norme di diritto pubblico, soggetta a controllo contabile ed a vigilanza ministeriale (Sez. 6,
n. 9642 del 26/05/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282941).
Nessuna violazione di legge è ravvisabile, in conclusione, nella ordinanza impugnata, la quale ha correttamente ritenuto, alla luce della regula iuris sopra evidenziata, che la Onlus, della quale l’indagata era Presidente, svolgesse un servizio pubblico di assistenza sociale, operando, sulla base di convenzioni con gli enti locali, mediante finanziamenti pubblici che, in maniera eloquente, il ricorso definisce la «sua retribuzione, non diversamente dallo stipendio del pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio» (vedi pag. 3).
Alla luce di quanto sopra evidenziato, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 3 aprile 2024
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Il Presidente