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Incaricato di pubblico servizio: no a mansioni materiali

Un dipendente di una società a partecipazione pubblica, accusato di peculato per essersi appropriato di denaro destinato al pagamento di multe, viene prosciolto in Cassazione. La Corte Suprema ha riqualificato il reato in appropriazione indebita, escludendo la qualifica di incaricato di pubblico servizio per chi svolge compiti puramente materiali ed esecutivi. Di conseguenza, il reato è stato dichiarato improcedibile per mancanza della necessaria querela di parte.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incaricato di Pubblico Servizio: Quando le Mansioni Materiali Escludono la Qualifica

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sulla delicata questione della definizione di incaricato di pubblico servizio, un concetto chiave nel diritto penale dei reati contro la Pubblica Amministrazione. La decisione chiarisce che lo svolgimento di mansioni puramente materiali ed esecutive, anche se all’interno di una società a partecipazione pubblica, non è sufficiente per attribuire tale qualifica. Questo principio ha portato all’annullamento di una condanna per peculato, riqualificando il fatto come appropriazione indebita e dichiarandolo improcedibile per mancanza di querela.

I Fatti: La Condanna per Peculato in Appello

Il caso riguarda un dipendente di una società in house, partecipata da un grande comune italiano e addetta alla gestione del patrimonio comunale. Al dipendente era stato affidato il compito di recarsi agli uffici postali per pagare le contravvenzioni stradali relative ai veicoli aziendali. Secondo l’accusa, l’uomo si era appropriato di una somma di circa 1.830 euro, falsificando i bollettini di pagamento per far figurare che le operazioni fossero state regolarmente eseguite. La Corte d’appello aveva confermato la sua condanna per il reato di peculato continuato, ritenendolo, appunto, un incaricato di pubblico servizio.

La Questione Giuridica: L’Applicabilità della nozione di incaricato di pubblico servizio

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un punto fondamentale: le sue mansioni erano meramente materiali ed esecutive. Il suo compito si limitava a prendere il denaro e a versarlo all’ufficio postale, un’attività priva di qualsiasi autonomia decisionale o discrezionalità. La difesa ha argomentato che un’attività così semplice non poteva integrare i requisiti previsti dall’art. 358 del codice penale per la qualifica di incaricato di pubblico servizio, con la conseguenza che il reato contestato (peculato) non poteva sussistere, poiché presuppone tale qualifica soggettiva.

La Decisione della Cassazione: Riqualificazione del Reato

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’imputato, annullando la sentenza di condanna. I giudici hanno stabilito che, sebbene l’attività generale della società fosse un pubblico servizio, le specifiche mansioni svolte dal dipendente non superavano la soglia della mera esecuzione materiale. Di conseguenza, non poteva essere considerato un incaricato di pubblico servizio. Questa esclusione ha comportato la riqualificazione del fatto: non più peculato (art. 314 c.p.), ma appropriazione indebita aggravata (art. 646 c.p.). A seguito di una recente riforma (la cosiddetta ‘riforma Orlando’), questo reato è diventato procedibile solo a querela della persona offesa. Poiché la società non aveva mai presentato una querela formale, l’azione penale non poteva più essere esercitata.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha basato la sua decisione sul criterio ‘oggettivo-funzionale’ per definire le qualifiche pubblicistiche. Non rileva la natura del rapporto di lavoro (pubblico o privato), ma il tipo di attività concretamente svolta. L’art. 358, comma 2, del codice penale esclude esplicitamente dalla nozione di pubblico servizio ‘lo svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale’. Nel caso di specie, l’attività di pagare bollettini, pur essendo funzionale a un servizio pubblico, è stata considerata un’incombenza puramente materiale, che non richiede nozioni tecniche specifiche né comporta un livello di responsabilità superiore. La Corte ha precisato che anche l’obbligo di rendicontazione, attraverso la presentazione delle ricevute, non è sufficiente a connotare la funzione in senso pubblicistico, essendo un’attività tipica anche dei rapporti di diritto privato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per essere considerati incaricati di un pubblico servizio non basta operare nel contesto di un’attività di interesse pubblico, ma è necessario svolgere funzioni che eccedano la mera esecuzione materiale. La decisione ha importanti implicazioni pratiche. Da un lato, traccia una linea di demarcazione più netta per l’applicazione di gravi reati contro la Pubblica Amministrazione come il peculato. Dall’altro, evidenzia l’importanza del regime di procedibilità dei reati. La trasformazione dell’appropriazione indebita in reato procedibile a querela impone alla persona offesa (in questo caso, la società pubblica) un onere di attivazione, la cui mancanza può portare, come in questa vicenda, all’improcedibilità dell’azione penale, anche a fronte di una condotta illecita accertata.

Svolgere un compito materiale, come pagare dei bollettini per una società pubblica, qualifica un dipendente come incaricato di pubblico servizio?
No. Secondo la sentenza, lo svolgimento di semplici mansioni di ordine e di opera meramente materiale, prive di autonomia decisionale e discrezionalità, non è sufficiente per integrare la qualifica di incaricato di pubblico servizio, anche se l’attività è funzionale a un servizio pubblico più ampio.

Qual è la differenza tra peculato e appropriazione indebita evidenziata in questo caso?
La differenza fondamentale risiede nella qualifica soggettiva di chi commette il fatto. Il peculato può essere commesso solo da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio che si appropria di beni di cui ha il possesso in ragione del suo ufficio. L’appropriazione indebita, invece, è un reato comune che può essere commesso da chiunque si appropri di un bene mobile altrui di cui abbia il possesso a qualsiasi titolo.

Perché il procedimento si è concluso con una declaratoria di improcedibilità?
Poiché la Corte ha escluso la qualifica di incaricato di pubblico servizio, il reato è stato riqualificato da peculato ad appropriazione indebita aggravata. A seguito della ‘riforma Orlando’ (d.lgs. 36/2018), questo reato non è più perseguibile d’ufficio ma richiede una querela da parte della persona offesa. Nel caso specifico, la società non aveva presentato querela, rendendo l’azione penale improcedibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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